da Uff. Stampa
“Gli ultimi incidenti sul lavoro, come quello nel cantiere edile di Firenze e nella centrale idroelettrica di Suviana, non devono solo scoraggiarci ma anzi, farci prendere ancora più consapevolezza che possiamo vincere la sfida contro infortuni e malattie professionali con la prevenzione e solo facendo squadra con tutti i soggetti coinvolti ad ogni titolo”
Così Gianluca Mastrovito, Presidente provinciale del Patronato Acli Salerno, in una nota in occasione della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro che si celebrerà il 28 aprile.
“Il sistema sanzionatorio non è sufficiente a contenere questo fenomeno – continua Mastrovito – soprattutto se i controlli continuano ad essere così pochi, occorre di più perché la questione, come ripetiamo oramai da anni, è culturale: sono necessari momenti informativi e formativi che coinvolgano i lavoratori in maniera costante nel tempo, in quanto non potranno mai essere sufficienti interventi spot previsti per legge.
Ogni volta che ci si avvicina alla giornata mondiale, aumentano i commenti non risolutivi rispetto al tema della salute e sicurezza, come anche ogni volta che registriamo una morte sul lavoro.
I dati diffusi da Inail lo scorso febbraio in un dossier che prende in esame l’ultimo quinquennio, sono chiari: dal 2018 al 2022 le denunce con esito mortale in ambito lavorativo sono sempre sopra i 1.000 accadimenti, con un picco di 1.503 nel 2020.
I primi dati disponibili del 2023 riportano 1041 casi, mentre quelli relativi ai primi due mesi del 2024 sono 100, ovvero 5 in più rispetto allo stesso periodo del 2023.
Un bilancio allarmante, da conflitto: oltre mille le persone che hanno perso la vita sul posto di lavoro. La media è di tre morti al giorno. Gli stranieri deceduti a lavoro sono 155.
Un bollettino che vede Campania e Basilicata ai primi posti di un infelice podio, con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale.
Nello stesso quinquennio, il numero delle denunce di infortunio oscillano in una forbice tra i 640.000 ed i 705.000. In calo, invece, i dati del 2023, che registrano 585.356 denunce.
I settori maggiormente colpiti rimangono sempre gli stessi: costruzioni, trasporto e magazzinaggio, sanità, commercio all’ingrosso e al dettaglio, come anche riparazione di autoveicoli e motocicli.
Inversione di tendenza nei primi 2 mesi 2024, con un aumento del 7.2%.
Per quanto riguarda invece le malattie professionali il trend registrato nel quinquennio denota un incremento con il dato più alto registrato proprio nel 2022 con 60.744 denunce.
Il 2023, nonostante i dati siano ancora provvisori, conferma in modo marcato la tendenza, con 72.754 denunce. Probabilmente ciò deriva anche dal fatto che una maggiore consapevolezza diffusa tra i lavoratori stia consentendo l’emersione del fenomeno. I primi due mesi del 2024 registrano un ulteriore incremento del 35.6%.
Abbiamo motivo di pensare, che i numeri reali potrebbero essere più alti, a causa delle mancate segnalazioni. L’assenza delle denunce, diventano così, una mancata tutela dei diritti e mistificazione di un fenomeno a cui dare invece soluzioni immediate.
Allo stesso tempo possiamo dire che non mancherebbero le risorse economiche per contrastare tali fenomeni, o quantomeno per intervenire nei settori che destano maggiore preoccupazione.
Infatti, l’Inail ha recentemente dichiarato, anche per il bilancio preventivo 2024, una previsione di avanzo economico pari a 2 miliardi di euro (il consuntivo 2023 ha chiuso con oltre 2 miliardi e 600 milioni di euro di avanzo economico).
Molte di queste risorse però sono vincolate per legge per cui al 31 dicembre 2024, si avrà un saldo di cassa presso la tesoreria dello Stato di poco sopra i 40 miliardi di euro, generati però dai premi assicurativi obbligatori dovuti dai datori di lavoro.
“I dati Inail non sono numeri ma persone e famiglie, che impongono il coinvolgimento di tutta la rete degli stakeholder con scelte ed azioni concrete ed organiche, per una diffusione costante dei principi della cultura della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, per mirati investimenti sulla formazione e sui modelli organizzativi. La sicurezza di tutti è responsabilità di ognuno.
Davvero si può pensare che sia possibile contenere tali fenomeni con provvedimenti tampone dettati dal momento emergenziale, come quello di Firenze, e non dall’individuazione di strategie strutturali?
Lo ripetiamo, occorre un cambio radicale, bisogna investire in cultura della sicurezza e prevenzione, a partire dalle scuole e non solo sui posti di lavoro: dopo la stagione in cui abbiamo portato internet e inglese nelle scuole, non è forse ora di portarvi la cultura della sicurezza e della prevenzione?”