Aldo Bianchini
SALERNO / POTENZA – Per quanto mi riguarda il dr. Vincenzo Montemurro (magistrato inquirente, alias pubblico ministero) è uno dei personaggi più complessi che mi accingo a descrivere in questa rubrica dedicata a donne e uomini che in particolare si sono distinti nel corso degli anni più o meno contemporanei.
Complesso e difficile innanzitutto perché esercita un mestiere, o meglio un’attività professionale, quella del magistrato inquirente, che inevitabilmente relega in un piccolo ambito molto ristretto il personaggio interessato che rimane sostanzialmente solo e molto esposto a qualsiasi tipo di attacco e/o di consenso, entrambi strumentali e finalizzati comunque a demonizzare o santificare una delle figura più amate e odiate del nostro tempo: il PM, che riflette nella società il suo immenso potere.
Per questo nel lontano 15 luglio 2012, a distanza di un anno esatto dagli arresti clamorosi ed alla vigilia della deposizione in aula di Alberico Gambino ritenni giusto tracciare un profilo del pm antimafia Vincenzo Montemurro definendolo “un uomo solo al comando” (prendendo in prestito una frase del grande giornalista Orio Verganai che è passata alla storia, almeno per la cronaca sportiva degli ultimi 75 anni. La pronunciò Orio Vergani il 10 giugno 1949 per annunciare l’arrivo solitario di Fausto Coppi al termine della tappa del giro Cuneo-Pinerolo: “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. L’airone giunse al traguardo con 12 minuti di vantaggio su Gino Bartali e vinse il Giro d’Italia, naturalmente).
Lo definii così perché più lo osservavo durante le numerose udienze e più mi rendevo conto non solo della sua genuinità nell’azione penale ma anche del fatto, molto importante, che nell’arco di tutto il processo denominato “Linea d’ombra” contro Gambino ed altri Egli aveva mostrato il lato migliore di se stesso, intriso anche di umanità – rispetto e comprensione verso tutti gli imputati pur non demordendo dalla sua descrizione minuziosa e puntuale delle sue accuse; fino al punto di stabilire con l’imputato principale “Alberico Gambino” una sorta di reciproco dialogo tendente a cristallizzare la diversità dei ruoli e dei compiti radicalmente diversi.
Di quell’atteggiamento caratteriale di Vincenzo Montemurro ricordo benissimo due momenti topici:
- La stretta di mano pubblica in aula tra lui e Gambino poco prima che l’imputato venisse chiamato alla sbarra per la sua deposizione; quasi a voler sancire che la lotta era ad armi pari; momento tenacemente costruito e con grande equilibrio dal difensore storico di Gambino, l’avv. Giovanni Annunziata. Quella stretta di mano mi fece tornare lla mente quella storica tra Giulio Andreotti (imputato a Palermo) e il procuratore Giancarlo Caselli; una stretta di mano che venne eclatata da tutti i giornali del mondo.
- Durante un breve sospensione di un’udienza, davanti al bar nei pressi dell’aula bunker di Nocera, il pm Montemurro venne contestato verbalmente dal figlio di uno degli altri imputati eccellenti; il giudice capì subito che quel dialogo forzato scaturiva dalla preoccupazione di quel ragazzo per le non buone condizioni di salute del padre. Capì e non mosse neppure un muscolo facciale, facendo cadere da se il brutto momento che poteva anche costare caro al giovane abbastanza irruento.
L’altra faccia il pm Montemurro l’ha mostrata, però, nel corso delle lunghe indagini preliminari che portarono all’arresto in carcere di Pasquale Aliberti (ritornato da poco sulla poltrona di sindaco di Scafati) nell’ambito del processo “Sarastra”.
Tra Montemurro e Aliberti non è stato mai possibile creare posizioni ferme, anche se contrastanti, nel rispetto dei rispettivi ruoli tra pubblica accusa e difesa dell’imputato.
La storia però era partita bene perché nonostante il clamoroso blitz del 15 settembre 2015 con perquisizioni e sequestri nel Comune di Scafati e in casa e ufficio privato di Aliberti il PM si era fermato a precise e dure contestazioni senza arrivare alla necessità di provvedimenti restrittivi. Anche in questo caso, probabilmente, aveva vinto la linea di prudenza e di collaborazione suggerita dal difensore avv. Giovanni Annunziata. Ad un certo punto, però, l’equilibrio si ruppe e Aliberti cambiò il difensore e poi accadde tutto quello che ormai è cronaca vissuta nell’attesa della conclusione del processo che dovrebbe avvenire nelle prossime settimane.
Questa, molto in sintesi, delle due grandi inchieste condotte da Montemurro nel corso del impegno presso la Procura della Repubblica di Salerno; anche se, ad onor del vero, il PM citato ha condotto altre due clamorose inchieste, cioè quelle sui tesseramenti del PD e del PdL, ma queste inchieste non sono mai arrivate a processo pubblico:
- Tesseramento PD: Su questa vicenda (come anche per il tesseramento PdL del 2011) arrivò con tutta la furia possibile il pm antimafia salernitano Vincenzo Montemurro sulla scorta di un pacchetto di ben 48 tessere firmate dall’allora segretario Pier Luigi Bersani (tessere in bianco ma risultate intestate a fantomatici personaggi – forse deceduti – appartenenti alla sezione di un paese del Vallo di Diano; tessere distribuita dal centro operativo di Sant’Arsenio), consegnate da una mano anonima ad un giornalista salernitano il quale, fiutato il possibile scandalo, dopo aver consultato senza ottenere risposta sia il cdx che il csx consegnò, accompagnato dal suo avvocato, il pacchetto di tessere direttamente nelle mani del pm Montemurro che subito si mosse come un elefante in una cristalleria seminando il panico ovunque. Nel PD accadde il finimondo, un deputato di Nocera Inferiore e una senatrice della Valle del Sele occuparono la sede provinciale del PD di Via Manzo a Salerno per protesta contro i brogli del tesseramento. Nel frattempo, sempre quella mano anonimo ima, consegnò al giornalista salernitano uno scatolone pieno di certificati di voto per le primarie utilizzati probabilmente in maniera scorretta per assegnare la vittoria; scatoline proveniente sempre dallo stesso paese del Vallo. A quel punto il pm Montemurro fece il salto di qualità e con i suoi uomini piombò nella sede nazionale del PD a Roma per perquisizioni e interrogatori vari. Non riuscì ad interrogare Bersani perché proprio in quei giorni venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al cervello. Era l’inizio del gennaio 2014 ed erano passati pochi mesi dal settembre 2013, mese in cui il giornalista aveva consegnato alla procura il primo pacchetto di tessere. Qualche settimana dopo il blitz romano di Montemurro entrò in gioco, grazie all’azione di forza dei due parlamentari, anche l’agro nocerino-sarnese con la consegna di tessere in bianco per altri filoni di inchiesta finiti nella mani di altri pubblici ministeri che scoprirono altarini che definire inquietanti è molto riduttivo.
- Tesseramento PdL: Più o meno nello stesso periodo dell’inchiesta sul PD il pm Vincenzo Montemurro avviò (insieme alla pm Rosa Volpe) nel 2011 anche l’inchiesta sul tesseramento del PdL; un’inchiesta molto complessa che il magistrato affrontò con assoluta imparzialità ed allo stesso modo di quella sul PD; intercettazioni, blitz e perquisizioni con interrogatori stringenti. Contrariamente a quella sul PD che forse rinsaldò diversi rapporti interni che erano avviati sulla strada dello sfilacciamento, in questo sancì lo strappo definitivo tra i due leder del centro destra: Mara Carfagna e Edmondo Cirielli. Clamorosa la deposizione della Carfagna in Procura, nelle mani di Montemurro; clamorosa almeno di numerosi report giornalistici che portarono allo scoperto la gravità della deposizione dell’ex ministra, deposizione tutta incentrata su precise accuse di brogli nel tesseramento che alla conta finale aveva assegnato la vittoria alla competente di Cirielli. Quell’inchiesta e quella deposizione hanno determinato, a mio avviso, la frattura insanabile tra le due grosse anime del centro destra salernitano, Alleanza Nazionale e Forza Italia, che ha devastato l’intero arco del cdx favorendo, almeno in provincia di Salerno, la nascita e la travolgente crescita di Fratelli d’Italia. E’ vero che, come nel caso del PD, anche per questa vicenda condotta d Montemurro non si è arrivati a processo; ma è altrettanto vero che da quel momento il partito unico creato con tanta fatica da Berlusconi. E, se vogliamo andare fino in fondo, l’errore storico dei leader di Forza Italia fu quello di seguire la linea politica della Carfagna fin quasi al suicidio di massa; difatti dopo qualche anno la stessa ex ministra ha liquidati tutto e se ne è andata comodamente da un’latra parte lasciando nello sconforto tutti quelli che ciecamente l’avevano seguita.
Ma prima della fine del decennio iniziale di questo secolo, epoca in cui Montemurro arrivò a Salerno, chi era stato il potente PM antimafia ?
Veniva da Potenza (dove da qualche anno è ritornato) dove aveva condotto importantissime inchieste contro i reati nella pubblica amministrazione (PA); è sufficiente leggere un articolo pubblicato su “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 24.11.2004 per capire:
- POTENZA – L’indagine che oggi ha portato a spezzare il patto di alleanza tra criminalità, politica e affari nella gestione degli appalti e che sta provocando un terremoto politico del massimo grado mai registrato in Basilicata è stata condotta dal sostituto procuratore della Dda lucana, Vincenzo Montemurro, e dal sostituto procuratore di Potenza, Henry John Woodcock, due tra i più attivi magistrati in Basilicata.
Montemurro lega il suo nome alle inchieste che negli ultimi anni hanno tracciato la mappa della criminalità organizzata lucana, una mafia ‘derivata dalla criminalità delle regioni limitrofe, in particolare dalla ‘ndrangheta del Reggino e della Locride e dalla Nuova camorra napoletana. La Basilicata si è ritenuta immune dai fenomeni mafiosi ma negli ultimi anni è emerso chiaramente che sono di questa natura anche le attività di diversi clan, in particolare a Potenza, nel Vulture-Melfese e nel Metapontino, specializzati nel traffico di sostanze stupefacenti e nel racket.
Le inchieste del pm Montemurro hanno messo in luce l’evoluzione del fenomeno del dopo-Basilischi, da Penelope a Napoleone fino alla mafia dei trattori scoperta a cavallo tra la Puglia e la Basilicata. Insieme al procuratore Galante, Montemurro indaga inoltre su un presunto traffico di materiali nucleari e radioattivi che avrebbe riguardato la centrale Enea della Trisaia in Basilicata.
Ha, invece, 37 anni, di padre inglese e madre napoletana, il sostituto procuratore del Tribunale di Potenza, Henry John Woodcock, titolare di inchieste scottanti che hanno coinvolto la politica in Basilicata.
Quella condotta insieme a Montemurro non è la prima inchiesta in cui il nome di Woodcock si è imposto all’attenzione nazionale. Nel 2002, in due tronconi, una sua inchiesta sulle tangenti Inail ed Eni in Val d’Agri provoca il terremoto. Woodcock raccoglie la testimonianza di un ex dipendente di una nota azienda potentina edile e scopre un presunto giro di mazzette per appalti: finiscono agli arresti i vertici dell’Inail, esponenti politici, due finanzieri, imprenditori, un generale del Sisde, un banchiere, funzionari dell’Eni. Sono indagati anche due parlamentari tra cui Antonino Luongo (Ds), indagato anche nell’inchiesta «Iena due» oggi sfociata negli arresti. Da un filone dell’inchiesta-Inail, nel novembre dello scorso anno il nome di Woodcock torna sotto i riflettori per la clamorosa inchiesta con 76 indagati tra cui anche i ministri Maurizio Gasparri e Antonio Marzano. L’inchiesta passa a Roma per l’incompetenza territoriale della Procura potentina. Per Gasparri e Marzano il tribunale dei ministri presso la Procura di Roma ha deciso l’archiviazione.
Questo suo temperamento caratteriale molto forte lo ha portato inevitabilmente a scontrarsi quasi con tutti, anche con i suoi diretti superiori che per primi gli hanno creato molte difficoltà costruendo intorno alla su figura una sorta di alone di ombre e misteri, tali da causare una inevitabile caduta di credibilità personale e professionale; una cosa davvero molto ingiusta e ingenerosa contro un uomo e un magistrato che si è mosso sempre in assoluta buonafede, sbagliando certo ma sempre nell’ottica della tutela della legalità.
Questo è il frutto di quanto accaduto nel comune di Lagonegro, dove Montemurro con un’azione travolgente aveva portato, nell’autunno del 2022, all’arresto della sindaca in carica Maria Di Lascio ed altri con l’inevitabile caduta dell’intera amministrazione comunale sospinta verso elezioni anticipate che la Di Lascio, parzialmente riabilitata dopo l’ingeneroso arresto, ha comunque perso. Una vicenda controversa finita quasi con lo scaricare sulle spalle del pm la responsabilità degli arresti revocati successivamente dalla Cassazione. E con l’aggravante di una grave crisi istituzionale tra il capo della Procura e il pm antimafia restituito al ruolo di semplice PM.
L’ultimo episodio di Lagonegro credo lo abbia sfiancato e stancato, ma Lui ha risorse incredibili e già sta riscalando le posizioni e riscaldando i motori per nuove e travolgenti inchieste.