Aldo Bianchini
SALERNO – Prima di dire la mia su un argomento così difficile qual è la cosiddetta “libertà di pensiero, di parola e di stampa” è giusto porre una domanda preliminare: “la libertà, in senso lato, per essere credibile e usufruibile da tutti deve avere dei confini ?”.
Io credo fermamente di si, e i confini devono valere per tutti: gente comune, artisti, sportivi, politici e giornalisti. I confini sono una responsabilità che ognuno deve sentire come propria a difesa non solo della sua stessa libertà ma anche, se non soprattutto, di quella degli altri. Solo così si realizza un sistema democratico concretamente accettabile, anche se non perfetto perché la perfezione appartiene soltanto al Padre Eterno.
In queste settimane si fa un gran parlare del cosiddetto “emendamento Costa” come una pesante limitazione del diritto di cronaca e di informazione. Il governo e poi il Parlamento si accingono a varare (nell’ambito della grande riforma della giustizia che tarda sempre ad arrivare) alcune norme con la speranza di riequilibrare alcuni poteri che in vari modi incidono negativamente nella gestione complessiva del difficilissimo rapporto tra “stampa – magistratura – politica – imprenditoria e malavita organizzata”.
Il giornalista Pierino Cusati, con un articolo pubblicato su questo giornale il 29 dicembre 23, ha ottimamente messo a fuoco alcuni dei punti più controversi della già intricata matassa; riflessioni, le sue, dalle quali prendere spunto per andare avanti con il ragionamento.
Io comincerei con il sollecitare la coscienza di tutti, soprattutto dei giornalisti, per scoprire ed analizzare insieme la situazione ormai incancrenita della “presunzione del diritto di cronaca a tutti i costi, costi quel che costi”. E’ necessario prima capire perché si è arrivati ad una deriva inarrestabile del “diritto di cronaca”, quasi come se ogni giornalista avesse la facoltà di entrare nel “talamo nuziale” di qualsiasi indagato con la pretesa che quest’ultimo debba avere il dovere di rispondere per forza. Cosa allucinante se si pensa al fatto che i pubblici ministeri e i collegi giudicanti si fermano davanti all’indagato che decide di avvalersi della facoltà di non rispondere. Per un giornalista questo principio sacrosanto non vale a niente e tutti lo scavalcano con arrogante insistenza che spesso tracima nella violazione di qualsiasi pur minimo elemento di privacy.
Non ne parliamo, poi, cosa accade nei grandi talk show nazionali dove conduttori-istigatori sferzano i loro inviati fino al punto di farli commettere delle scelleratezze, come mettere il piede avanti per non far chiudere una porta, un microfono attraverso la portiera e nel finestrino di una macchina o addirittura irrompere in un luogo privato; per non parlare del fatto ormai di moda di fare i processi in tv non soltanto contro gli indagati ma anche contro gli stessi magistrati inquirenti e giudicanti.
L’elenco delle scelleratezze sarebbe lunghissimo, addirittura interminabile, e quindi è necessario passare a spiegare perchè tutto ciò accade; accade per diversi motivi: perché ogni giornalista pensa e crede di essere giudice supremo della Cassazione, perché è oggettivamente difficile tamponare il problema della fuga di notizie dall’alto verso il basso (anche a pagamento !!) e perché per il legislatore è più facile colpire dal basso verso l’alto: insomma ti impedisco di pubblicare per meglio arginare il problema della pericolosa fuga di notizie. E pagherà anche il giusto per il peccatore; i proverbi antichi sono sempre utili.
Adesso, però, tutti a prendersela con Enrico Costa (ora deputato di Azione – Italia Viva) per il suo emendamento che, a sorpresa, è stato approvato alla Camera e nessuno che si pone il problema di un sereno esame di coscienza. Di sicuro l’emendamento già approvato necessiterebbe di qualche modifica; ma se spettiamo le correzioni rischiamo di non avviare nessuna risoluzione perché in questo Pese si sa che le modifiche portano quasi sempre al rinvio senza tempo dei problemi. E in questa materia bisogna decidere in fretta, anche a costo di commettere qualche errore.
Ma quale bavaglio, qui ci sono degli eccessi esasperati e anche violenti che vanno corretti e regolamentati, senza se e senza ma; capisco che il problema è enorme ma bisogna stare attenti non impantanarsi tra “libertà di stampa”, “liberismo” e “liberalismo”, tre concetti diversi della stessa materia.
In questo l’impegno dell’Ordine dei Giornalisti deve essere ai massimi livelli utilizzando i corsi di formazione proprio per veicolare il concetto della non immunità assoluta del giornalista; altrimenti andiamo precipitosamente verso il blocco totale di alcuni “diritti” (che devono rimanere tali) a discapito della libertà e della democrazia.