SALERNO – Sulla vicenda del crack Alvi-Villani ho scritto poco rispetto ad altre vicende giudiziarie, faccio ammenda. Il problema è che quando scrivo di fatti giudiziari mi ritrovo inevitabilmente solo e sempre su strade molto difficili rispetto alle strade che normalmente la stampa percorre per raggiungere risultati più rapidi ed efficaci anche ai fini delle vendite. Ma la cosa principale, quando scrivo di giudiziaria, sta nel fatto che mi diverto a scovare cose inedite tra le righe nascoste dei verbali, dei comunicati ufficiali e delle indiscrezioni. Non mi piace, in maniera assoluta, quando scopro che anche gli Organi Ufficiali preposti alle indagini preliminari cercano di scimmiottare noi giornalisti utilizzando nei loro comunicati ufficiali delle “frasi fatte e ad affetto”, quasi come se non stessero scrivendo un comunicato ma un articolo, proprio come siamo soliti fare noi addetti ai lavori. Devo necessariamente fare un passo indietro e andare al comunicato della Guardia di Finanza del 4 novembre 2010 con cui veniva comunicato l’arresto di Angelo Villani e di altri. In uno degli ultimi capoversi la figura dell’ex presidente della Provincia viene così descritta: “amministratore di fatto e dominus dell’intero gruppo”. E’ l’aggettivo “dominus” che mi ha profondamente colpito e mi spiego meglio. Utilizzare questo termine in un contesto giudiziario è già di per se fuorviante e tende a descrivere in chiave misteriosa e, forse, delinquenziale il malcapitato soggetto indagato. Perché non lasciar fare ad ognuno il proprio mestiere, i finanzieri facciano i finanzieri, i pubblici ministeri facciano i pm, i difensori facciano i difensori e i giornalisti facciano i giornalisti. Mi indigna quel volere a tutti i costi bruciare le tappe e quasi voler scrivere anticipatamente la sentenza con supposizioni, ricostruzioni fantasiose, aggettivi di colore e tenace perseveranza negli errori marchiani. Il 17 aprile scorso sono stato presente nell’aula della 2^ sezione penale del Tribunale di Salerno (presidente Siani) per assistere al controesame del curatore del fallimento in questione, dottor Tommaso Nigro, ed ho avuto la conferma di quanto sopra descritto. L’avvocato Gennaro Lepre, eccellente difensore di Angelo Villani, a mio sommesso avviso ha messo in evidenza con chiarezza il “vulnus” del nostro sistema giudiziario smantellando la deposizione del teste a carico. Qualche altro collega, invece, ha scritto pochissimo di Lepre e molto di Giuseppe Fauceglia (difensore della parte civile per le decine di creditori dell’Alvi) accreditandogli un successo clamoroso nell’interrogatorio che ai miei occhi è apparso certamente molto tecnico ed efficace ma assolutamente non clamoroso. Come invece è stato quello di Gennaro Lepre che ha demolito le dichiarazioni del curatore che sono state sempre sopra le righe. Nel senso che un soggetto non può arrivare in aula e cercare di accreditare le sue tesi o le sue convinzioni personali, se così fosse non sarebbero più necessari i processi. Eppure riconosco al dottor Nigro una eccellente professionalità che non è in gioco nella maniera più assoluta. E’ in gioco, però, quel volere a tutti i costi e pervicacemente insistere nelle proprie tesi che non trovano il radicamento negli atti processuali. E’ questo il problema della nostra giustizia, dal più umile dei marescialli fino ai più esperti pubblici ministeri c’’è una sorta di conclamata abitudine che tutto quello che scrivono è come se già fosse una sentenza. Tutti dimenticano che le sentenze le pronuncia soltanto il Tribunale dopo aver formato, con l’aiuto della pubblica accusa e della difesa, la prova in aula e soltanto in aula. Altrimenti a cosa è servito cambiare in maniera epocale il nostro sistema giudiziario facendolo traghettare, nell’89, da “processo inquisitorio” a “processo accusatorio”. Alla fine dell’udienza ho avuto la sensazione, molto pregnante, che il gruppo Alvi sia stato dichiarato fallito pur evidenziando una “massa attiva” superiore alla “massa passiva” acquisita agli atti fallimentari. E allora, mi sono chiesto, perché è arrivata la sentenza di fallimento e perché l’inquietante accusa di “bancarotta fraudolenta” che ha praticamente prodotto i clamorosi e vergognosi arresti. Lo vedremo nella prossima puntata. Al momento vi svelo soltanto che nel caso Villani ci sono stati tanti giustizieri: forse una banca e molta politica.
direttore: Aldo Bianchini