Libano: paura per ripercussioni della crisi siriana


Maria Chiara Rizzo
La crisi siriana riporta alla mente dei libanesi il ricordo dei tragici anni di guerra civile e
di occupazione da parte delle truppe di Damasco e il governo del Paese dei Cedri prende le distanze, definendo la sua posizione politica con il termine “dissociazione”. Questa è la parola che più spiega l’atteggiamento del governo libanese nei confronti della situazione di emergenza siriana che rischia di far precipitare nel baratro gli equilibri già precari di un Paese in cui le tensioni alimentate dai vari gruppi settari non si allentano mai. Le ripercussioni si sono già fatte sentire- ha annunciato il governo libanese- spiegando che nel nord del Paese, nella città di Tripoli,
dunque a confine con la Siria, milizie di sostenitori alawiti del regime di Damasco – ovvero dello stesso gruppo religioso a cui appartiene il presidente Bashar al Assad – si sono scontrati con sunniti partigiani dell’opposizione, causando un numero considerevole di morti e feriti.  Gli scontri porterebbero alla mente quindici anni di guerra civile che, scoppiata soprattutto per motivi di natura politico-confessionale, fa parte di un passato tanto recente ancora difficile da buttare alle spalle.  Non senza motivo, dunque, il presidente della repubblica libanese, Michael Suleiman, ha riferito che il suo Paese ha espresso voto contrario, insieme allo Yemen, in occasione della sospensione di Damasco dalla Lega Araba e non intende provvedere all’allestimento di campi per i profughi siriani, dove sono già affluite circa 7.000 persone.  Anche in materia di rifugiati, benché il Paese dei Cedri  non abbia ratificato la Convenzione di Ginevra, il Libano ospita, all’interno di 12 campi ufficialmente riconosciuti,  circa 400 mila profughi palestinesi , ancora oggi spesso strumentalizzati e usati come arma politica del partito libanese Hezbollah per aumentare il suo potere contrattuale contro Israele.  Il fronte libanese non è unito e, infatti, proprio il “Partito di Dio”, traduzione
italiana di Hezbollah, storico alleato di Siria e Iran, è accusato di spalleggiare e aiutare il regime siriano nella sua repressione.

 

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