Aldo Bianchini
SALERNO – La notizia sconvolgente arriva, come sempre, dagli Stati Uniti d’America: presto, molto presto si potrà leggere nel pensiero della gente.
La notizia viene data e ottimamente spiegata dal giornalista Lorenzo Calò che il 10 novembre 23 sul suo giornale Il Mattino testualmente scrive:
- Certo, la strada è lunga e anche tortuosa, piena di dubbi e interrogativi sul versante bioetico nonché costellata di paure e pregiudizi di stampo orwelliano. Ma è anche una sfida affascinante per la scienza quella descritta su «Nature Communications» da Gregory Cogan e Jonhatan Viventi, due ricercatori dell’Università Duke (Usa) sulla sperimentazione di un chip impiantabile direttamente nel cervello, che permette di comunicare solo con il pensiero: decodifica i segnali provenienti dall’area cerebrale che controlla i muscoli usati per parlare e prevede i suoni che si sta cercando di pronunciare. Per ora il metodo si è dimostrato efficiente solo per pochi suoni e parole senza senso (dunque, non l’elaborazione di un pensiero compiuto) ma è un primo, importante passo, per aiutare in futuro chi ha disturbi del linguaggio. «Immaginate di ascoltare un audiolibro a metà velocità; questa è la migliore fluidità di decodifica del parlato attualmente disponibile, che si attesta a circa 78 parole al minuto – ha spiegato Cogan – Tuttavia le persone pronunciano circa 150 parole al minuto e lo scarto tra la velocità del parlato e quella della decodifica è in parte dovuto al numero relativamente basso dei sensori relativi all’attività cerebrale che possono essere fusi su un pezzo di materiale sottile come la carta posta sulla superficie del cervello. Un minor numero di sensori fornisce meno informazioni decifrabili da decodificare», ha concluso Cogan.
Sicuramente ci vorrà del tempo, altro tempo, ma ormai ci siamo e quello che il grande regista americano Steven Spielberg aveva solo ipotizzato nel 2002 con il suo film “Minority Report” (con Tom Cruise, Colin Farrell, Samantha Morton e Max von Sydow) è diventata realtà, anche se in una fase iniziale e sperimentale.
Il grande Spielberg aveva nel suo film lanciato l’ipotesi che attraverso un meccanismo scientifico (una micro-chip da inserire nel cervello) si potesse sconfiggere il crimine leggendo anticipatamente nella mente del potenziale criminale; La pellicola ha a sua volta ispirato una serie televisiva omonima del 2015.
E Spielberg arriva ad ipotizzare anche la possibilità di arrestare anticipatamente i potenziali criminali punendo non il fatto (che non è ancora accaduto) ma addirittura l’intenzione di compierlo che potrebbe portare alla concretizzazione del reato stesso.
Un’ipotesi assolutamente sconvolgente non solo per tutte le millenarie convenzioni che l’uomo si è dato fin dall’antichità ma anche sul piano della pubblica morale e dei rapporti interpersonali.
Ma Spielberg, almeno così si sussurra, mise in piedi la sceneggiatura di quel film (liberamente tratto dall’omonimo racconto di fantascienza di Philip K. Dick “Rapporto di minoranza”) forse anche per far passare nell’immaginario collettivo americano che le guerre del golfo erano state sospinte proprio dai primi esperimenti sulla mente umana che avevano dato segnali preoccupanti sulla futura capacità di delinquere dei Paesi del Golfo Persico; fantastica fantascienza anche questa.