Aldo Bianchini
SALERNO / GENOVA – “Facimm ammuina”, sembra proprio essere questo il “file rouge” che in questa Nazione adottano di tanto in tanto le forze dell’ordine soprattutto nella conduzione delle grandi inchieste sul funzionamento della Pubblica Amministrazione (P.A.).
- Tra le forze dell’ordine c’è, comunque, una precisa identità distintiva: l’arma dei Carabinieri si impegna sempre con prudenza avendo ben presente l’essenza di libertà e verità come elementi portanti di ogni inchiesta giudiziaria che può dar vita alla limitazione della libertà personale che è e deve essere sempre un monumento alla sacralità del concetto dell’intoccabilità della “democrazia” a tutela di rapporti interpersonali e sociali nell’ottica di una vita di comunità allargata.
- Gli altri due corpi delle forze dell’ordine si muovono, invece, in maniera molto più istintiva e forzata, con apparente maggiore severità (che sfoci spesso in approssimazione) degli indizi e degli elementi che potrebbero assumere dinanzi al PM e/o al GIP la veste di prove.
La storia giudiziaria di questi ultimi decenni fa passare nell’immaginario collettivo proprio questa sensazione fino al punto che ognuno di noi avverte una maggiore pericolosità per le proprie vite quando ad indagare sono la GdF e la Polizia, anziché i Carabinieri; e questo la dice lunga anche sulla volontà dei magistrati su quale linea scegliere per le stesse indagini (ovviamente quando sono loro a farle partire).
L’estate del 2015 è stata una stagione molto particolare in quanto riportò a galla, quasi come un’esigenza insopprimibile, le storie dell’assenteismo nella P.A. che ciclicamente ritornano sulla cresta dell’onda mediatica assetata di scandali che spesso non esistono.
Ed è così che la GdF in due-tre mesi assestò una serie di colpi giudiziari micidiali nell’ambito della Sanità Pubblica maggiormente esposta ai cosiddetti “furbetti del cartellino” (quello strumento elettronico occorrente per firmare la presenza quotidiana), colpi che sconvolsero le aziende ospedaliere di Genova e di Salerno con centinaia di indagati.
A Genova l’operazione prese il nome di “Stochanov” e produsse 14 arresti in carcere e circa 100 indagati a piede libero; a Salerno si chiamò “Just in Time” e produsse 11 arresti in carcere e ben 850 indagati, tanto da proiettare l’AOU all’attenzione internazionale come un ospedale stracolmo di malfattori anzichè di medici e infermieri dediti alla cura dei pazienti.
Due le immagini emblematiche che fecero il giro del mondo come simbolo dei ripetitivi presunti scandali:
== A Genova l’immagine era di quel dipendente-vigile che letteralmente in mutande e di nascosto andava a timbrare il suo cartellino presenza. L’intera nazione si scosse e si mobilitò contro quel povero cristo che, anche se indecorosamente mostrava al mondo i suoi pesanti attributi;
== A Salerno l’immagine era quella della capo-sala che, pur risultando in servizio al Ruggi, era stata fotografata sulla spiaggia di Vietri sul Mare in tenero atteggiamento con un uomo; anche in questo caso le polemiche furono violentissime.
Quasi identiche le motivazioni dei provvedimenti restrittivi enunciate dalle rispettiva Procure: “L’attività odierna costituisce l’epilogo di una complessa indagine avviata nel dicembre del 2014 che ha consentito di rilevare condotte fraudolente da parte di numerosi dipendenti ospedalieri e comunali, i quali, con la complicità di altri colleghi conniventi, potevano assentarsi ingiustificatamente dalla predetta struttura risultando però regolarmente al loro posto di lavoro. Le condotte criminose sono state accertate mediante l’installazione di telecamere che hanno consentito il monitoraggio visivo di due orologi marcatempo per la rilevazione delle presenze giornaliere, collocati all’interno del nosocomio e del Comune”.
Il povero cristo di Genova (assistito dagli avvocati Alessandro Meroni e Luigi Zoboli) è stato assolto per due volte e la sentenza confermata in Cassazione nel 2023 (dopo otto anni) e adesso il Comune dovrà riassumerlo e risarcirgli circa 25mila euro di stipendi arretrati; addirittura si è scoperto che era stato uno dei dipendenti comunali più produttivi sul lavoro in quanto “tuttofare”.
Per la capo-sala di Salerno (ottimamente difesa dall’avv. Michele Sarno) è finita meno bene; ha patteggiato una pena minima per uscire rapidamente dal processo ed ha scelto di andare in pensione lasciando il reparto che grazie al suo fattivo e professionale impegno aveva raggiunto vertici di efficienza operativo. Venne certato che sicuramente si trovava sulla spiaggia in compagnia, ma anche che era andta a Vietri per un controllo in una sezione lì esistente e che vendo trovato chiuso l’ufficio era in attesa del collega (vero assenteista !!) che si stava precipitando sul posto.
Due storie che la dicono molto lunga sulla professionalità con cui vengono condotte le indagini giudiziarie che molto spesso stroncano le vite di tanta gente.