da Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)
Per due settimane, tutti i notiziari radiofonici e televisivi e unitamente i siti internet, hanno aperto la prima pagina o l’home page quotidiana con la notizia della guerra nella striscia di Gaza. Da qualche giorno non è più così.
Anche la guerra – come dimostra il resoconto massmediologico di ciò che è accaduto da quasi due anni in Ucraina, è soggetta al meccanismo di controllo dell’audience, indipendentemente dalle ragioni dell’una e dell’altra parte e i tentativi – ancorché inutili – di risolverla. E allora viviamo in un tempo di guerra a cui forse seguirà un tempo di pace, perché ripete con insistenza Qoèlet (figlio di Davide, re di Gerusalemme): “c’è un tempo per ogni cosa”. Così che, in vero, indipendentemente dalle ragioni degli uni e degli altri, anche i media di tutto il mondo, appreso il messaggio, ripetono ciò che nella vita accade con continuità, da sempre, e cioè: c’è un tempo per ogni cosa.
E tuttavia molti obiettano che non è affatto destino che debba andare sempre così, che non sia affatto necessario che nel mondo continui a esserci la guerra. Siano essi stessi trascendentalisti o progressisti o transumanisti, tutti credono – o ripetono almeno a parole – che il tempo del futuro sarebbe invece sempre radioso. Come un sol dell’avvenire che mai più tramonterà.
Un “credo” affatto diverso dal credo di Israele, o meglio dalla “memoria” e quindi il memoriale eterno di Israele, che da oltre 3.000 anni è testimonianza ovunque nel mondo del destino sempre incerto di ogni uomo e quindi dell’intera umanità; e in particolare riguardo al futuro, che tutti sappiamo in sé e per sé incerto e che non sappiamo quindi se sarà.
Questo è il memoriale di Israele, ovvero il seme e il credo di Israele che da oltre 3.000 anni molti ancora ignorano e taluni vorrebbero addirittura cancellare in eterno o per sempre. Almeno a far data dal 1207 e.a. circa, secondo le parole che il faraone egizio Merenptah fece inscrivere sulla stele che di lui porta il nome: Israele è distrutto, il suo seme non c’è più.
E invece il memoriale di Israele e, con esso, la storia della salvezza dell’intera umanità continua.