Tangentopoli (90): 6-10-1993, alla Procura di Napoli arriva il Minotauro di Palmi, tra massoneria, inchieste deviate e il Grande Oriente … dopo 30 anni, il 6-10-2023, ecco il Teseo di Gerace

 

Aldo Bianchini

Dr. Agostino Cordova "Il Minotauro di Palmi"

SALERNO – I giorni compresi tra il 3 e il 6 ottobre del 1993 saranno ricordati come cruciali nella storia della tangentopoli salernitana e campana. In quei giorni accade di tutto e di più; difatti una ventina di giorni di apparente tregua riesplose, ed alla grande, l’azione della magistratura in tutta la sua virulenza per meglio preparare, forse, l’opinione pubblica alla prima udienza del processo “Amatucci + 30”, prevista per il 13 ottobre 1993, che essendo il processo contro i politici che hanno gestito l’appalto pubblico per la realizzazione della strada a scorrimento veloce “Fondovalle Calore” sarà la prima pietra dell’opera inquisitoria della “tangentopoli salernitana”.

Apre le danze, almeno sulla stampa, il notissimo avvocato Diego Cacciatore (già capo gruppo PCI alla Provincia) che la mattina del 3 ottobre 1993 deposita in Procura, molto coraggiosamente, un esposto molto circostanziato inerente l’ipotesi dell’esistenza di una associazione segreta (massoneria !!) che avrebbe messo in pericolo addirittura la sua vita in ragione del fatto che diversi mesi prima Lui stesso aveva denunciato l’esistenza della loggia segreta ai magistrati.

Si apprende, così, che i pm Vito Di Nicola – Luigi D’Alessio e Leonida Primicerio da circa un anno avevano aperto un fascicolo d’inchiesta con risvolti assolutamente imprevedibili tra Napoli, Salerno, Foggia e Bari; l’indagine aveva addirittura chiamato in causa un ex magistrato di Cassazione (Nicola Monaco, citato dal pentito Chiarabella), il faccendiere Flavio Carboni (interrogato dal pm Ennio Bonadies), il camorrista Pasquale Galasso (interrogato nel carcere di Opera a Milano), Lorenzo Mazzeo (ex segretario amministrativo regionale del PSI) e il baby finanziere Angelo Mastrolia; tutti indagati per violazione dell’articolo 2 della legge 17 del 1982 contro le associazioni segrete.

Un’inchiesta delicatissima nata nella Procura di Salerno a seguito di una perquisizione effettuata dal pm Vito Di Nicola nello studio tecnico dell’architetto Annibale Casilli in cui erano state ritrovate delle liste di associati.

“… Un’inchiesta molto seria, densa di rischi e di insidie e, soprattutto, di pericoli. Dopo un anno di indagini sugli appalti e gli intrecci tra camorra e politica, i giudici di Salerno sembrano essere vicini al cuore del problema: l’esistenza di pericolose sette segrete nell’ambito delle quali si organizzavano gli affari sporchi …” scrive testualmente il quotidiano Il Mattino nell’edizione del 3 ottobre 1993, e continua “… Adesso la partita è appena iniziata e comincia la fase più delicata che vede da una parte le logge affariste e criminali e dall’altra i pezzi sani degli apparati dello Stato. Gli inquirenti devono guardarsi le spalle: è noto che anche alcuni magistrati salernitani hanno simpatie per il Grande Oriente e hanno usufruito di favori da parte di logge massoniche coperte e che, attualmente, non sono pochi i tentativi di depistaggio …”.

Lo stesso quotidiano, però, due giorni dopo, il 5 ottobre 1993, scrive che l’avvocato Diego Cacciatore, visibilmente stizzito, ha smentito la notizia dell’ esposto in Procura ma nel contempo precisa che l’inchiesta era scattata e che erano state effettuate decine di perquisizioni domiciliari nella città di Salerno ma anche a Napoli, Foggia e Bari. Molti esponenti della Salerno che conta risultavano inclusi nelle liste sequestrate nello studio tecnico sopra citato.

Condizioni difficili per le indagini dei sostituti procuratori che il neo procuratore di Napoli, Agostino Cordova (giunto a Napoli il 6 ottobre 1993), si era subito preoccupato di denunciare come primo atto del suo mandato. Un dato, secondo Cordova, è certo: “… l’influenza delle logge segrete ha avuto un ruolo non secondario nel meccanismo di gestione e spartizione del danaro pubblico nel salernitano, dove ci sono stati numerosi tentativi di fermarle, attraverso diversi canali, anche dell’informazione controllata …”.

All’epoca molti ignorano che la scoperta dell’esistenza dell potente loggia massonica segreta a Salerno risaliva a qualche anno addietro, grazie al lavoro preciso e penetrante di un pm senza macchia e senza paura: Luciano Santoro.

Dr. Luciano Violante - già presidente della Camera e di varie Commissioni Bicamerali di inchiesta

E’ giusto, a distanza di trent’anni, riscrivere in breve quella storia:

  • Con dedizione, scrupolo e professionalità l’allora giovane pm Luciano Santoro (già temuto da tanti e finanche da diversi suoi colleghi) lavora alacremente nel suo ufficio sito al terzo piano del vecchio palazzo di giustizia di Corso Garibaldi a Salerno. Una mattina nota sulla sua scrivania laterale un piccolo fascicoletto; incuriosito la apre e sfoglia le due paginette presenti nella cartella; legge che a seguito di una segnalazione anonima di strani movimenti in un appartamento al primo piano di un palazzo di Via Michelangelo Schipa viene richiesto un intervento di controllo. Quasi infastidito da quella sciocchezza rimette il fascicoletto sulla scrivania. Dopo qualche giorno, però, il pm ci ripensa e riprende tra le mani il carteggio; convoca un capitano dei Carabinieri al quale conferisce l’incarico di effettuare il sopralluogo e deposita la cartellina nell’armadio delle pratiche in attesa dei rapporti da parte delle forze dell’ordine. Passa il tempo, addirittura mesi, fino a quando nel corso delle frequenti ricognizioni del magistrato tra i fascicoli depositati nell’armadio rivede quell’apparente e insignificante cartellina. Stizzito per il fatto che l’Arma non aveva effettuato ancora il sopralluogo convoca ad horas il capitano che, visibilmente imbarazzato, racconta di ver effettuato il sopralluogo disposto ma di aver trovato l’appartamento chiuso e di essere ancora in attesa di notizie dall’amministratore del condominio sull’identità del proprietario e/o dell’eventuale affittuario. Il dr. Santoro, incredulo dinanzi a tanta superficialità, chiede ai competenti uffici la disponibilità immediata di un falegname e con il capitano si porta direttamente in Via Michelangelo Schipa. Effettua alcuni tentativi per farsi aprire bussando, dopo di che dispone l’apertura forzata con l’intervento del falegname. La porta si apre ed appena entrati nel lungo corridoio davanti agli occhi dell’incredulo magistrato si apre uno scenario inaspettato: l’Oriente d’Italia, drappi neri dappertutto, stanze accuratamente addobbate con altarini e scranni, grossi arazzi e gigantografie, odori acri di incenso, e tanto altro. Ci sono anche degli armadi contenenti diversi fascicoli; il dr. Santoro dispone il sequestro giudiziario di tutto. Dopo qualche giorno inizia in Procura lo studio attento del voluminoso carteggio e scopre che dagli elenchi contenuti negli stessi carteggi possono essere individuati almeno duecentocinquanta nominativi di personaggi della Salerno bene, della politica, dell’imprenditoria e delle varie professioni, come fcaenti prte della loggia massonica segreta. Insomma un tesoro di informazioni incredibile. Scopre altresì che l’appartamento è di proprietà di una “società fantasma” il cui legale rappresentante si è reso da tempo irreperibile. Partono le convocazioni in Procura, la volontà del magistrato è ferrea nel voler andare avanti su un terreno di indagine molto scivoloso, per non dire altro. Ovviamente la Procura si spacca sui tanti nomi e sulle tante devianze, c’è anche chi vorrebbe fermare il giovane sostituto. Accade, però che dopo poco più di un anno dal ritrovamento di quel carteggio il dr. Luciano Santoro viene eletto, come togato, a far parte del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) e di conseguenza lascia in eredità tutti i fascicoli di inchiesta che sta trattando in quel periodo, anche quello sulla massoneria deviata. Un grosso fascicolo che viene successivamente spezzettato ed assegnato, dall’allora capo della Procura dr. Ermanno Addesso, a diversi sostituti (Di Nicola, D’Alessio e Primicerio, tra gli altri) per arrivare all’ottobre del ’93 quando il caso riesplode grazie all’avv. Diego Cacciatore.

Ed è proprio in quei giorni molto tormentati e chiacchierati che si insedia a Napoli il nuovo capo della Procura della Repubblica, il calabrese Agostino Cordova denominato il “Minotauro di Palmi” per il clamore delle sue aioni giudiziarie contro la potentissima ‘ndrangheta e contro la corruzione nella pubblica amministrazione.

La data del suo arrivo ufficiale a Napoli è quella del 6 ottobre 1993, quando viene accolto dalle Autorità politiche, civili e religiose; ma è già a Napoli da diversi giorni, in tempo utile per lanciare il primo durissimo attacco contro alcuni magistrati della Procura di Salerno, ipotizzando addirittura una artata cattiva gestione dei pentiti della malavita, gestione che secondo l’alto magistrato aveva favorito alcuni raggruppamenti politici a danno di altri.

In pratica l’astuto Cordova aveva ripreso gli atti della “Commissione Parlamentare Bicamerale d’Inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari” (presidente Luciano Violante) conclusasi martedì 4 maggio 1993 dopo aver audito, per la Procura di Salerno il capo Ermanno Addesso, i pm Ennio Bonadies – Alfredo Greco; per quella di Napoli l’aggiunto Paolo Mancuso (che era stato destinato a Salerno e poi silurato, al quale erano stati affidati alcuni fascicoli aperti contro i pm di Salerno) e tanti altri. La Commissione non solo aveva esplorato tutti i lati oscuri della malavita organizzata dalla Piana del Sele fino al regno di Galasso e Alfieri ma aveva anche cercato di capire come era stato gestito il fenomeno malavitoso dai sostituti procuratori di Salerno e le modalità di utilizzo delle lunghe dichiarazioni a verbali giudiziari rese dai capi clan ormai in galera. Finì tutto in una bolla di sapone.

L’azione prorompente di Cordova non fece altro che inasprire i rapporti tra le Procure di Napoli e Salerno dove il presumibile arrivo di Polo Mancuso non era ben accetto dalla maggioranza dell’ufficio; ma diede anche una sterzata micidiale alla guerra latente che già serpeggiava in seno alla Procura di Napoli fin dl 1985 con Alfredo Sant’Elia e che era continuata con Vittorio Sbordone fino al 6 ottobre 1993 quando esplose clamorosamente con l’arrivo di Agostino Cordova che nel suo lungo regno (6.10.93 – 24.09.03) riuscì a fomentarla sempre di più lasciando ai suoi successori (Giandomenico Lepore  2004/2011 – Giovanni Colangelo 2011/2017 – Gianni Melillo  2017/2022 e Rosa Volpe 2022/2023) un’eredità molto difficile da gestire che solo con Melillo sembrava essersi prudentemente spenta.

Dr. Nicola Gratteri - "Il Teseo di Gerace" - capo della Procura della Repubblica di Napoli

L’era di Cordova finì nel peggiore dei modi; la Procura partenopea (che nel frattempo era passata da 3 a 9 aggiunti e da 50 a 102 pm) sfiduciò il Minotauro di Palmi che fu rimosso dal CSM per incompatibilità ambientale e funzionale.

Trent’anni dopo al posto del Minotauro di Palmi ecco arrivare il cosiddetto Teseo di Gerace, alias Nicola Gratteri super procuratore di Catanzaro, lottatore instancabile contro la malavita organizzata dalla ‘ndrangheta alla mafia (per citare soltanto due delle tante associazioni delinquenziali), che è arrivato a Napoli proprio nei giorni in cui trent’anni fa era arrivato il suo predecessore calabrese che, badate bene, fin da quel 6 ottobre 93 astutamente aprì i portoni della Procura al mondo della stampa con continue convocazioni di conferenze per dare la più completa delle informazioni sul lavoro suo e dei diretti suoi collaboratori che reagirono indispettiti. Non era mai accaduto prima e non è accaduto dopo.

Con Gratteri c’è solo da sperare che la procura di Napoli riesca a riprendere il ruolo che le spetta e non soltanto perché, ad oggi, è la procura della Repubblica più grande d’Italia e tra le più grandi d’Europa; anche se la nomina del nuovo procuratore non è avvenuta all’unanimità ma a maggioranza del plenum del CSM, e questo per il mondo della giustizia è molto indicativo del malessere che ancora serpeggia lungo gli oscuri corridoi dell’antico palazzo di giustizia di Napoli di Castel Capuano.

 

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