PONTECAGNANO – Martedì 27 marzo scorso nel “Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II” di Pontecagnano ho avuto modo di assistere ad una “lectio magistralis” di S.E. Rev.ma Mons. Luigi Moretti, arcivescovo metropolita di Salerno-Campagna-Acerno. L’occasione era una delle più idonee per un discorso a 360° sulla comunicazione interna ed esterna all’Arcidiocesi con un tema di tutto rispetto: “La spiritualità dell’animatore della comunicazione e della cultura”. Avevo sentito parlare soltanto una volta l’arcivescovo in occasione della sua prima conferenza stampa indetta subito dopo il suo arrivo a Salerno. Non mi era parso un granchè e mi era sembrato più un “istrionico personaggio” che un vero grande “pastore di anime”. Devo fare ammenda e ricredermi totalmente e la sera di martedì 27 marzo ho dovuto rapidamente riformulare il mio giudizio sul personaggio e sull’uomo Moretti, prima ancora che sul Vescovo. Possiede un linguaggio che, se anche non forbito all’apparenza, penetra nell’animus confidenti della gente, di tutta la gente, comune e non. Il suo parlare è diretto e non ampolloso, e la caratteristica più appariscente consiste nel fatto che più parla, più crede in quello che dice e più colpisce l’immaginario di chi lo ascolta. E’ un grande comunicatore e potrebbe facilmente bucare il video della “sua televisione” molto di più di quanto non riusciva a fare il suo predecessore Mons. Gerardo Pierro che appariva, invece, freddo e distaccato. A fianco di Moretti a Pontecagnano c’erano da un lato “don Alfonso D’Alessio” (coordinatore degli animatori della comunicazione e della cultura), dall’altro Fabio Ungaro (giornalista, responsabile del progetto <Portaparola> del quotidiano Avvenire). Di don Alfonso, di Ungaro e del progetto “Portaparola” mi riservo di parlarne in una prossima occasione. Oggi intendo soffermare la mia attenzione sull’intervento, lungo ed articolato, di Mons. Moretti che, ripeto, ha parlato della comunicazione a 360°. Proprio per questo non poteva non toccare lo spinoso argomento della chiusura (temporanea, assicurano dalla Curia!!) del settimanale cattolico “Agire” i cui problemi si innestano idealmente con quelli che sta vivendo il quotidiano nazionale cattolico “Avvenire”. Tra le tante cose il Vescovo ne ha detta una fondamentale: “Un organo di informazione cattolico deve essere il soggetto e non l’oggetto”. Sembra una differenza di poco conto, è invece sostanziale e determinante in quanto è tutta lì la spiegazione del successo o dell’insuccesso editoriale. La sua allusione ad “Agire” era chiarissima, anche se per la cronaca non ha mai citato quel nome. Cosa vuol dire essere soggetto e non oggetto? La spiegazione è molto semplice e sta nel modo con cui è stato gestito per decenni il settimanale cattolico che si è posto verso i lettori sempre come “oggetto” e mai come soggetto. Oggetto perché è stato gestito ad uso e consumo personale da un Vescovo che strumentalizzando la rubrica “Asterisco” ha lanciato settimanalmente chiari messaggi in codice alla politica, alla società civile ed allo stesso clero. Altro, mi dispiace dirlo, Agire non ha saputo, non ha voluto o non ha potuto fare. Al di là dell’Asterisco il resto era un prodotto velinato o, nei migliori dei casi, molto personalizzato e che, comunque, non riusciva ad entrare nell’immaginario collettivo. Ed è franato, nonostante i vari tentativi di cambiamento di rotta, sotto l’insipienza di direttori più attenti all’equilibrio dei rapporti interni alla Curia che alla confezione di un prodotto che, se non proprio spendibile, potesse almeno toccare una quota minima nell’interesse della gente. Poteva diventare il settimanale cattolico più letto rispetto a tanti altri settimanali di bassa lega ma è rimasto sempre ai margini della società civile e dello stesso clero. Nelle varie chiese del territorio i pacchi di Agire rimanevano al loro posto o i pochi numeri prelevati facilmente venivano trovati nei cestini poco distanti dalle parrocchie. Il discorso si attaglia perfettamente anche agli altri organi d’informazione della Curia, il parlare del vescovo è un messaggio per tutti. Moretti ha centrato in pieno le motivazione della malattia e ne ha indicato anche la cura. La nuova strada sarà percorsa, come, e da chi? Lo sapremo nei prossimi mesi.
direttore: Aldo Bianchini