Aldo Bianchini
SALERNO – Due poltrone distinte, quella dell’imperatore Silvio a destra e quella di re Giorgio a sinistra, rispetto al grande maxi schermo che il tycoon delle tv ha fatto montare dai suoi addetti al centro dell’enorme salone che, architettonicamente, riproduce perfettamente quella realizzata nel bunker sotterraneo di Arcore; manca scenograficamente il lungo tavolo centrale sul quale si esibiva Ruby con le imitazioni di Ilda Boccassini. Mancano, ovviamente, anche le veline che il prudente Ghedini ha allontanato almeno per tutta la durata dei solenni funerali di Stato.
Il set, studiato ad arte, sembra riprodurre esattamente il momento in cui, nel lontano 15 maggio 2006, Silvio Berlusconi premier, anche se a fine mandato, accompagna al Colle il suo nuovo inquilino Giorgio Napolitano sulla Flaminia presidenziale; un’immagine forte e inedita, per molti inaspettata: l’ex comunista e il tycoon delle tv fianco a fianco, alla guida del Paese; due personaggi per due mondi completamente diversi al servizio dello Stato. Difatti le due poltrone e il tavolo davanti ripropongono, almeno nella fantasia, l’abitacolo della poderosa Flaminia. Nessun particolare è stato lasciato al caso; l’era berlusconiana docet.
La cerimonia scorre tranquilla, il protocollo è noto ed anche troppo ampolloso; Re Giorgio si spazientisce non poco, è stato un uomo rude, non gli piacciono gli eccessi; è soddisfatto, però, che il feretro entri per la prima volta nella storia nei mega saloni di Montecitorio e che tra gli oratori ci sia il cardinale Gianfranco Ravasi, suo vecchio e inossidabile amico.
Sull’altra poltrona Silvio sembra leggermente disturbato; il cerimoniale per i suoi funerali di Stato furono molto più sobri e tra molte polemiche; lui cattolico credente e praticante si sarebbe aspettato qualcosina in più dalla Chiesa, non il semplice arcivescovo di Milano Mario Delpini ma almeno un cardinale per non dire il Papa in prima persona visto che lui con Dio ci va a braccetto.
Comunque centellinando gustosissimi aperitivi i due amici-nemici seguono attentamente la sfarzosa cerimonia; ci sono tutte le istituzioni (Mattarella, La Russa, Fontana, Meloni ed altri) ed anche il francese Macron e il tedesco Steinmeier con altre teste di cuoio.
Parlottano tra di loro ma ad un certo punto Re Giorgio si ammutolisce; Silvio si gira di scatto pensando ad un malore del suo amico-nemico; è attonito Re Giorgio, sul suo viso scorrono alcune lacrime; sul maxi schermo è apparsa la figura, bella e delicata, di sua nipote Sofia May, che in camicia bianca, trucco leggero e voce rotta dalla commozione ricorda con gli occhi umidi:
- “… Era un leader e un politico e un uomo premuroso, formidabile, pieno di attenzioni. Era sempre presente per noi. Ascoltava i nostri problemi in modo partecipe e comprensivo nonostante fosse già occupato con i suoi problemi che poi erano quelli del Paese … Ci ha dato grandi opportunità e ci ha accompagnato a concerti, iniziative politiche e istituzionali. Ci ha presentato a grandi personalità, come la Regina Elisabetta alla quale nonno era particolarmente legato … ci ha insegnato a trattare chiunque con rispetto e cortesia …”
Le lacrime, piano piano, si asciugano sul viso di Re Giorgio che ritorna imperturbabile; e Silvio lo tallona subito: “Beato te, caro Giorgio, hai lasciato una moglie che ancora ti adora, due figli come Giulio e Giovanni perfetti personaggi pubblici e tre nipoti che davvero piangono per te. Per me, purtroppo, le uniche sincere e vere lacrime sono state quelle di Marta Antonia Fascina, la mia ultima compagna; anche se la gente comune probabilmente non la penserà così”.
Tranquillo – sussurra Re Giorgio – fra poco sarà data la parola al tuo vero amico di sempre, Gianni Letta, e saranno sorprese; mio figlio Giulio, che ha curato il protocollo, ha voluto così garantire la par-condicio che spesso ti è stata negata, lo riconosco, un po’ da tutti.
Intanto i numerosi camerieri al comando di un maggiordomo incominciano i preparativi per servire il pranzo; mentre sul prato fuori dal portone sprangato continuano a protestare i personaggi del tempo che fu, a cominciare da Antonio Segni. Giovanni Leone, Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro con l’aggiunta dell’ultimo minuto di Francesco Cossiga, più inviperito degli altri.
Si parla di “resistenza”, vedremo.