Tangentopoli: dal 21 settembre l’autunno caldo del ‘93 e … il giallo di Polla

 

Aldo Bianchini

Ing. prof. Franco Amatucci - docente universitario di ingegneria idraulica - coinvolto nel processo della Fondovalle Calore

SALERNO – Con il 21 settembre 1993 si apriva quello che è poi passato alla storia giudiziaria come l’autunno caldo di tangentopoli; da quel giorno, difatti, il quadro dentro il quale si muoveva l’azione giudiziaria congiunta (con diverse Procure e numerosi magistrati in campo) d’improvviso diventava molto più chiaro rispetto alle prime congetture. Quello che stava accadendo non era soltanto il frutto di un’azione violenta della magistratura, ma era anche (se non soprattutto !!) la reale corruzione in cui era caduta gran parte della classe politica del tempo.

Un autunno che inizierà ufficialmente mercoledì 13 ottobre ’93 con la prima udienza del processo a carico di Amatucci + 30, meglio noto come “processo Fondovalle Calore” che nelle fasi delle indagini preliminari aveva registrato ben 13 arresti in carcere a cominciare da quel fatidico e rovinoso (per la politica) giovedì 23 luglio 1992.

Tra la fine di agosto e gli inizi di settembre 1993 si registrò un breve periodo di tregua giudiziaria, soprattutto dopo l’arresto del pro-console Raffaele Colucci, fedelissimo del deputato e sottosegretario Paolo Del Mese; e proprio da quel clamoroso arresto materializzatosi nelle corsie dell’ospedale di Polla dove il politico, da latitante, era stato accompagnato dal suo avvocato di fiducia Angelo Paladino, riprendeva corpo (almeno nelle chiacchiere frequenti sui marciapiedi di Corso Vittorio Emanuele – Salerno) il discorso sul ruolo più o meno importante che l’intero territorio del Vallo di Diano (e non solo la città capoluogo di provincia), roccaforte del Partito Socialista ma anche della D.C., aveva recitato negli anni fino a quel momento giudiziario molto importante.

Dal 21 settembre 1993 in poi ci furono giorni veramente drammatici in cui la magistratura entrò a piè pari nella politica con una serie di richieste e di ordinanze che dipingevano nel peggior modo possibile l’apparato che aveva dato vita ad un “sistema di potere politico assoluto”.  Alla devastante ordinanza del GIP di Salerno Mariano De Luca (emessa il 21 settembre 1992 per rigettare la richiesta di scarcerazione dell’ing. Raffaele Galdi) fece seguito, giusto un anno dopo, il 21 settembre 1993 la scoperta di un serie di fascicoli d’indagini incardinati presso la Procura della Repubblica di Sala Consilina (retta dal capo Domenico Santacroce) che aprirono squarci importanti sulla genesi del progetto che aveva partorito sempre secondo la magistratura “il sistema di potere politico” nel comprensorio, quasi tutto socialista, del Vallo di Diano.

Ing. Raffaele Galdi - uno dei due compassi d'oro insieme ad Amatucci - coinvolto nel processo Fondovalle Calore

Se il GIP di Salerno, per la cronaca, aveva scritto nell’ordinanza del 21 settembre 1992 che “ …. Non può dunque sottacersi che i fatti di causa costituiscono una delle non frequenti occasioni offerte alla giustizia per far luce sulla oscura e desolante realtà che sovente si annida nelle pieghe delle istituzioni troppo facilmente permeabili ad interessi personalistici ed a sfruttamenti parassitari; lo squallido sottobosco che rigoglia ai margini del sistema istituzionale è nella vicenda processuale esemplarmente rappresentato e mostra, con la forza della protervia dei fatti, come l’abbandono di ogni principio morale, il disprezzo verso i valori fondamentali della vita associata, il miope egoismo che tutto subordina al tornaconto personale siano ampiamente diffusi, sovente elevati a sistema di vita e tendenzialmente suscettibili di attentare alla stessa sopravvivenza dello stato di diritto, non meno di fenomeni delinquenziali assai più appariscenti ed eclatanti. Gli elementi probatori sin qui acquisiti, confermando puntualmente l’ipotesi accusatoria, hanno evidenziato non soltanto come protervia e scadimento morale possano indurre a ritenere fatto normale e fisiologico l’appropriazione privatistica di apparati e sistemi predisposti a tutela di interessi generali e collettivi, ma anche come ad una concezione così distorta non siano estranei professionisti stimati e di prestigio, esponenti di categorie cui certo non difettano gli strumenti per una corretta valutazione di simile forma di devianza … La prognosi comportamentale non può, dunque, che essere infausta”, i fascicoli presso la Procura di Sala C. non erano da meno.

Per il Vallo di Diano l’impegno e la certosina ricerca dei fatti da parte di Santacroce fu più radicale e fondato su diversi documenti d’accusa che seppero disegnare il contenuto del quadro ricompreso in quella cornice di disvalori politici, sociali, imprenditoriali e malavitosi dell’epoca; fino a tracciare le linee fondamentali del sistema di potere politico che aveva dato origine al famoso “laboratorio laico, socialista e di sinistra” che da Salerno venne assunto a protocollo nazionale dal Partito Socialista.

Ritornò, quindi, a galla la storia del cosiddetto “giallo di Polla” quando nel corso di una tempestosa riunione dei quaranta delegati per la nomina dei “nove componenti del Comitato dei Garanti”, in rappresentanza dei duecento rappresentanti dei vari comuni del comprensorio ricadente sotto l’egida dell’allora U.S.L. n. 57 (attuale presidio ospedaliero L. Curto di Polla), venne addirittura spenta la luce.

Si scoprì, così, che la sera del 18 maggio 1991 i quaranta delegati si sedettero nella palestra della scuola media di Polla per eleggere i nove garanti; i giochi sembravano fatti già in partenza in quanto la delegata della D.C. Lucia D’Onofrio (di Sanza) si schierò inaspettatamente a favore della rappresentanza socialista facente capo all’allora ministro Carmelo Conte. Sempre secondo le rivelazioni sapientemente scucite dalla Procura di Sala Consilina si apprese che in quella occasione al mercato di compra-vendita del PSI faceva da contraltare quello della DC.

Il presidio ospedaliero L. Curto di Polla - ex USL 57

La seduta fu lunga e articolata; verso le ore 3.00 del mattino del 19 maggio 1991 si arrivò al voto segreto e quando il presidente dell’assemblea, il socialista Antonio Di Donato diede il via allo spoglio delle schede ecco che all’improvviso calò il buio nella sala; secondo la Procura qualcuno aveva abbassato la levetta dell’interruttore centrale dell’edificio ed aveva fatto mancare l’energia elettrica mandando tutti i presenti al buio assoluto.

Fu il finimondo; nell’oscurità il maresciallo dei Carabinieri “Gerardo Caggianese” (della stazione di Polla), prevedendo facili brogli, si lanciò verso il tavolo elettorale e posò le sue mani sulle schede già spogliate e ancora da spogliare. Avvertì sotto le sue la presenza di altre mani a diretto contatto con le schede; l’inchiesta giudiziaria identificherà quelle mani come appartenenti all’avv. Giuseppe Ippolito (già sindaco democristiano di Sala Consilina, successivamente indagato per via dei COP regionali e di quel pranzo consumato sui monti di Monte San Giacomo in compagnia del gip Pasquale Ianulardo e del segretario generale del Comune di Sala C. Michele Rossini, fotografati dal capitano dei carabinieri Domenico Martucci su ordine del procuratore Domenico Santacroce – come scritto nei capitoli precedenti).

L’accusa preliminarmente ipotizzò diversi profili con risvolti penali; lo scorrere dell’inchiesta, però, sancì che il maresciallo aveva fatto soltanto il suo dovere e che l’ex sindaco con il suo gesto aveva soltanto cercato di tutelare la legalità delle operazioni di spoglio delle schede già votate. Schede che furono raccolte, tutte, dal maresciallo Caggianese e consegnate all’Autorità Giudiziaria con relativo e conseguente annullamento della seduta del 18 maggio.

Dott.ssa Liliana Ferzola, dirigente scolastica - prima donna manager della sanità pubblica salernitana

E qui scattò un nuovo blitz politico; i delegati socialisti si riunirono di nuovo la sera del successivo 20 maggio 1991 (si disse che si erano riuniti all’insaputa dei democristiani, cosa poco credibile) e, sempre sotto la presidenza di Di Donato, approfittando dell’assenza dei delegati DC elessero i “nove garanti” che subito dopo indicarono alla Regione la terna di nomi tra cui scegliere l’amministratore straordinario della Usl/57: Liliana Ferzola (professoressa e dirigente scolastica), Edmondo Iannicelli (figlio del notissimo compianto avv. Iannicelli, socialista di Sala C. e futuro manager dell’USL/54) e Carmelo Bruno (funzionario pubblico e futuro direttore provinciale dell’Inail di Salerno). La Regione scelse la dirigente scolastica Liliana Ferzola (ovviamente vicinissima alle posizioni politiche di Salvatore Aversano e Carmelo Conte) che diventò, così, la prima donna manager della sanità pubblica provinciale. Anche se, successivamente, il Consiglio di Stato annullò la sentenza del TAR che aveva convalidato l’assemblea del 20 maggio, la Ferzola rimase in sella.

Alla fine tutti assolti, tranne una condanna iniziale (poi cancellata in appello) a carico del presidente delle due assemblee Antonio Di Donato.

Dr. Domenico Santacroce (detto "don Mimì") - capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sala Consilina - il magistrato che ispirò tutta la tangentopoli salernitana anche attraverso i nuovi sistemi elettronici utili per le intercettazioni telefoniche ed ambientali e le registrazioni a istanza dei colloqui.

Per la cronaca va ricordato che i nove garanti e l’amministratore straordinario andarono a sostituire il commissario prefettizio Vittorio Salemme (coadiuvato da sei sub commissari: Fernando De Angelis (DC cognato di Aniello Salzano già sindaco di Salerno), Albino D’Ascoli (uomo del sen. Michele Pinto), Remo Chiappa (vicino a Carmelo Conte), Pietro Donniacuo (vice prefetto, arrestato nel 95 e poi prosciolto per una strana storia di mazzette a Nocera Inferiore), Maria Ventura (dirigente prefettura, moglie del pm Luigi D’Alessio) e Ada Ferrara (funzionaria prefettura).

Ho raccontato l’episodio del “giallo di Polla” perché in quel momento rappresentò la faccia più brutale del potere assoluto dei socialisti nel Vallo di Diano che secondo i magistrati Santacroce, Casto, Di Nicola, D’Alessio e Scarpa aveva dato l’avvio a quel “modello di potere politico” che nel Vallo era stato sperimentale e che nel Paese era diventato un modello da copiare ed applicare su larga scala.

Dr. Enrico Zambrotti

Insomma un fatto locale che, a margine di una nuova richiesta di arresto a carico di Enrico Zambrotti (già in carcere) firmata dal procuratore Santacroce il 21 settembre 1993, giusto trenta anni fa, venne giudiziariamente elevato a “mal costume politico nazionale” sulla base di una descrizione dei fatti scritta pressappoco così: “Inserire, sistemare, governare e manovrare l’enorme quantità di personale medico e paramedico oltre alla folta dirigenza amministrativa dell’ospedale di Polla … ha significato per decenni la conquista del vero potere politico con conseguente controllo del territorio da parte dei vari parlamentari nazionali, consiglieri regionali – provinciali – comunali e sindaci di una vasta area della provincia di Salerno … per questa ragione, per oltre trent’anni, il Vallo di Diano è stato una sorta di palestra politica nella quale si sono cimentati, ed a volte con aspre battaglie, le varie correnti della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista con poco spazio riservato a tutti gli altri … per capire meglio il modello di potere politico è sufficiente prendere atto che con i voti del Vallo di Diano sono, comunque, approdati in Parlamento – Regione e Provincia personaggi di spicco come: Enrico Quaranta, Lucio Mariano Brandi, Lino Iannuzzi, Aniello Giuliano, Francesco Tempestini, Enzo Mattina, Antonio Innamorato, Paolo Correale, Gerardo Ritorto, senza dimenticare Nicola Lettieri (commissario del Consorzio di Bonifica, deputato e sottosegretario), Domenico Pica (sindaco di Sant’Arsenio, presidente degli OO.RR. di Vallo della Lucania e deputato) per finire a Chiaro Marino De Luca (sempieterno consigliere provinciale di Teggiano), Angelo Paladino (già sindaco di Sala C. e più volte assessore provinciale), e l’immarcescibile avv. Michele Pinto (DC, fedelissimo di De Mita, senatore, ministro e vice segretario generale del Senato)”.

On. Sen. dr. Enrico Quaranta

Secondo i magistrati, il Vallo di Diano poteva essere stato nel tempo il fulcro epicentrale dell’intero “panorama tangentizio nazionale”, posto com’era e com’è tra la Campania e la Calabria, a mò di cuscinetto tra gli enormi interessi politici – finanziari – imprenditoriali e malavitosi … insomma il Vallo di Diano come una nave scuola, sul filo tagliente di amicizie inossidabili – sospette e pericolose tra i politici ed alcuni magistrati, tra diversi grandi elettori e frange non meglio identificate della malavita organizzata. Con il controllo totale di quasi tutti i Comuni del Vallo, della Comunità Montana e della ex Usl/57 (Ospedale di Polla), vera fucina di posti, favori, facili promozioni, alettanti forniture, grandi elettori e -forse-  facili prebende.

In quella famosa, ma anche fumosa, richiesta del 21 settembre 1993 vennero addirittura citati in maniera superficiale i casi dei due magistrati Alfonso Lamberti (capo della Procura di Sala Consilina) e Francesca Lamberti in Di Iesu (capo della Pretura di Sala Consilina) additati come presunti amici dell’ormai già compianto Enrico Quaranta, colui il quale (secondo una storica fissa di Domenico Santacroce) era stato il vero ideatore e propulsore del “sistema di potere politico” socialista, sistema poi presumibilmente ereditato da Carmelo Conte e, forse, dall’intero Partito Socialista craxiano in sede nazionale.

 

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