Hebron, un’etimo semplice per una diaspora complicata.

 

 

da Antonio Cortese (giornalista)

 

L’antica capitale biblica é tornata alle cronache israeliane e palestinesi causa rivendicazioni non più dei tradizionali fazzoletti di terra bistrattati, ma per questioni di mura ed esercizi commerciali.

 

Definiti  i perimetri di confini politici e militari, seppur anch’essi con linee discontinue al travalico degli uni e degli altri, ebrei e musulmani sgomitano come in un attorcigliata lotta greco-romana, dove le ragioni nel  vincere e persistere sono quotidie sindacabili, per la permanenza di un diritto che si ingarbuglia tra quello religioso e quello internazionale, tra le forze politiche pertanto estreme, in paradossi di coesistenza litigiosa protratta.

 

In settimana l’ambito palestinese di Hebron é stato evacuato in alcune zone da forze militari, per una decisione politica israeliana che non tollerava oltre un centinaio di esercizi a gestione palestinese.

 

Le tivù nazionali a diffusione internazionale hanno dibattuto intervistando giovani lavoratori; ma a differenza dei soliti raid e perquisizioni nelle dimore islamiche, lo scandalo ennesimo é sembrato un lock down economico focalizzato su un’area, quella del vecchio mercato che tra turismo e vivacità commerciale non avrebbe meritato tale trattamento.

 

Commentare da parte mia un fatto simile sarebbe improvvisa arroganza poiché leggendo la storia delle comunità ivi presenti almeno da gli ultimi due secoli ad oggi, entrambe hanno le proprie ragioni di insediamento.

 

A valere però almeno nelle strade, sembra che le posizioni della stella di Davide siano preponderanti perché munite di una polizia che somiglia sempre più ad un esercito urbano, che si basa su stelle e strisce economiche.

 

La resistenza non è fatta più da trincee e sacchi di sabbia o coprifuoco, ma da normali cittadini con tanto di telefoni smart, che lavorano e fanno shopping come tutte le persone dello stesso territorio.

 

Quindi volendo desumere almeno dall’etere il quadro della situazione, oggi in quelle terre si combatte su piani monetari, politici e di classe; e le divise coi mitra diventano sempre più presenze istituzionalizzate, i cui proiettili valgono meno di un film camorristico sulla gestione del contrabbando negli anni di piombo a Napoli.

 

 

 

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