Se tutti i preti facessero così, molti neonati non verrebbero più battezzati contro il loro volere futuro. In provincia di Ferrara don Piergiorgio Zaghi, parroco di Porto Garibaldi, ha negato la comunione a un bambino disabile psichico «perché non è in grado di intendere e volere». Questa la spiegazione con la quale il parroco ha negato l’eucarestia ad un bambino con una grave disabilità psichica. É accaduto a Porto Garibaldi nel ferrarese durante la cerimonia propedeutica alla prima comunione celebrata giovedì santo nella Parrocchia dell’Immacolata Concezione. Il piccolo è stato l’unico tra i suoi coetanei a non ricevere l’ostia consacrata. Una scelta che il parroco ha difeso in un omelia successiva spiegando che il piccolo non era in grado di capire la portata del sacramento. Il papà del piccolo, ricevuto insieme alla madre, in arcivescovado – ha spiegato monsignor Antonio Grandini, vicario, della diocesi di Ferrara- Comacchio – “ ha riconosciuto che il figlio non è in grado di distinguere tra un pezzo di pane e un’ostia”. Che valore avrebbe allora somministrare il sacramento? Si domanda il monsignore. Alcuni tra i fedeli hanno chiesto al sacerdote di tornare sui suoi passi e la speranza di tanti è che il bambino possa ricevere la prima comunione a maggio insieme ai suoi compagni. In realtà le preoccupazioni del parroco- secondo quanto riporta la stampa locale erano emerse tempo prima, quando i genitori avevano chiesto di far intraprendere al figlio il percorso per ricevere il sacramento. I genitori, inoltre, non sono sposati con rito religioso e questo renderebbe ancora più complicate le cose. Fatto sta che la vicenda sembra dividere i fedeli tra coloro che reputano corretta la scelta del parroco e coloro che citano le parole contenute nell’esortazione apostolica “Sacramentum Caritatis” in cui al termine di un passaggio dedicato agli infermi Benedetto XVI esorta affinché “venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l’Eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna.”