Aldo Bianchini
SALERNO – Quando si scrive o si parla del “canile dinamico comprensoriale” (sito in Sala Consilina e realizzato, si fa per dire !!, dagli undici comuni del Vallo di Diano) è meglio e conveniente metterla sul faceto, altrimenti si rischia davvero di farsi male in quanto, ad andarci a fondo con un’inchiesta giornalistica seria, potrebbero venire a galla intrecci di potere che rasentano non solo il codice penale ma, addirittura, violentano la morale, l’etica comportamentale e le tanto decantate “motivazioni di opportunità”.
Insomma, come dire, il canile dinamico rappresenta la più plastica delle dimostrazioni di come il potere politico-amministrativo nel Vallo di Diano viene gestito, anche in maniera arrogante e spudorata, dai soliti noti che da anni riescono a dividere tra loro e in parti uguali la gestione degli Enti locali e di tutte le possibili ramificazioni, con favorevoli ricadute economiche anche abbastanza vistose.
L’altra sera, tornando in macchina con due amici dalla presentazione di un libro, ho espresso queste mie perplessità; entrambi con strabiliante sicurezza mi hanno risposto che non c’è niente di nuovo e che nel Vallo funziona tristemente così fin dai tempi dei mitici Quaranta, Pica, Ritorto, Brandi ed altri di caratura minore. Un vero peccato.
Sto raccogliendo tutto il materiale possibile sulla vicenda del canile dinamico, anche alcuni certificati di iscrizione alla CCIAAA; stanno venendo fuori cose allucinanti, almeno dal punto di vista dell’etica comportamentale e dei motivi di opportunità: politici e loro familiari come “gruppi di famiglia in un interno” intenti a studiare la notte per il giorno come andare in barba alla corretta gestione del bene comune per il quale sono stati votati, e per come dividersi gli incarichi, gli appalti, la titolarità di società e/o di campi azionari; e tutto sempre in piena legalità pur rimanendo in eterno sul filo del rasoio del codice penale.
Ma sicuramente non mi arrendo e, documentandomi, andrò avanti; per il momento, però, meglio rifugiarsi nel faceto; e vengo al titolo di questo articolo.
Il Comune di Monte San Giacomo sembra aver scelto, al momento, la via più semplice ma anche più umano-animalista per avviare a risoluzione il problema dei “cani randagi” che ormai presidiano tutto il comprensorio valdianese con un’autorevolezza da fare impressione; i cani randagi, per legge, sono intestati ai singoli sindaci dei vari paesi e, quindi, meglio adottarli che respingerli, e semmai fare anche delle statue per ricordarli quando passeranno a miglior vita.
Tutto questo accade nel silenzio rumoroso delle istituzioni e dei dirigenti veterinari della ASL che, essendo residenti nel Vallo, ben conoscono le problematiche legate al caso dei cani randagi. Ed ecco la storia: il cane che vedete nella foto sosta per molte ore al giorno sul marciapiede davanti al Bar Ristorante Il Rezzo di Monte Sn Giacomo; è docile e benvoluto da tutti (mi ha detto un amico di MSG) pur rimanendo sempre un cane.
L’immagine riprodotta nella foto richiama subito alla mente il bel film del 2009 “Hachicò – il tuo migliore amico” con Richard Gere e il mitico cane Hachikò che per circa dieci anni anni sostò, notte e giorno, davanti alla stazione ferroviaria di Shibuya in Giappone nell’attesa del suo padrone Parker Wilson che non tornò mai più. In quel posto la gente del luogo ha fatto installare una statua a dimensione reale a perenne ricordo del cane più fedele al mondo.
Insomma un po’ come potrebbe capitare anche a Monte San Giacomo.