da Giuseppe Amorelli
(avvocato – scrittore)
Teste Mozze è un romanzo storico in quanto racconta, rivisita, ricostruisce vicende ed uomini significativi del Cilento, in un periodo storico quale quello risorgimentale. E’ una opera che si muove per amore di verità e conoscenza e ridà dignità a una “storia” dimenticata, poco conosciuta, e sottovalutata , si realizza altresì il riscatto sociale, culturale e politico di un popolo , quello cilentano, che è insorto ribellandosi e combattendo la monarchia borbonica dispotica, feroce e oppressiva per raggiungere la tanta agognata libertà. Racconta di uomini che hanno dato eroicamente la propria vita. La storia nazionale ed europea è passata per il cilento tra le fatiche e i tormenti dei nostri padri. Le insurrezioni risorgimentali quella del 1828 ,ovvero i moti cilentani culminati con la distruzione del Comune di Bosco, bruciato e raso al suolo da un fedelissimo di Re Borbone, Francesco Saverio Del Carretto, fino a che “non lasci delle perfide sue mura vestigia alcuna” cosi recitava l’editto e quella del 1848, si collocano in un contesto globale che risalta la centralità della terra cilentana. ed era la dimostrazione che la rivoluzione italiana e la rivoluzione europea , almeno dal punto di vista insurrezionale , erano incominciate nel Cilento. Il protagonista è il capo politico della rivoluzione, carbonaro e patriota, antiborbonico, Costabile Carducci. Costui si renderà disposto a sacrificare gli affetti della famiglia, l’esistenza stessa della propria vita per conquistare la libertà dall’oppressore Borbonico, Trucidato in Acquafredda di Maratea dalle forze reazionarie fomentate da un prete di Vibonati, Don Vincenzo Peluso, sanfedista, amico del Re Ferdinando.
La storia narrata nel romanzo ha inizio nel mese di luglio dell’anno 1851, quando alla Camera dei Comuni di Londra , un deputato di parte conservatrice Evans aveva chiesto di sapere quale iniziativa il governo intendesse adottare in ordine ai fatti denunciati da William Eward Gladstone, rappresentante della Camera del distretto di Oxford relativamente a i fatti che aveva veduto e udito in quattro mesi di permanenza a Napoli frequentando le aule del processo alla Società dell’Unità d’Italia. Il Parlamentare Inglese scriveva nei suoi libelli che nel regno di Napoli l’amministrazione della giustizia era connotata dalla sistematica corruzione dei giudici e che gli abusi dei funzionari pubblici non erano una semplice imperfezione bensì la violazione organizzata di ogni norma orale e scritta compiuta con il proposito di violare le leggi eterne, tanto umane quanto divine e collo scopo di distruggere la pace , la libertà e la vita degli uomini più virtuosi, più intelligenti e più colti del Paese. L’interpellanza riguardava anche la scomparsa di un deputato del Regno delle Due Sicilie, Costabile Carducci. Le vicende raccontate con minuzia di particolari, si snodano dunque tra due capitali europee, Londra e Napoli. E anche così è la struttura del libro si inizia con le vicende londinesi che si interessano dei fatti di Napoli e poi la capitale del Regno delle due Sicilie che vive le insurrezioni risorgimentali.
Il sacrificio di Costabile Carducci non è stato vano, lui che ha messo da parte la sua dimensione individuale per donarsi completamente alla causa collettiva. Il messaggio più immediato che si ravvisa dal romanzo è che il vero senso della vita non consiste nel conseguimento della nostra felicità individuale ma sicuramente nella conquista di un benessere per tutti gli esseri umani .La felicità collettiva non fine a se stessa ma come strumento per il miglioramento dell’umanità .L’autore sceglie la forma del romanzo per poter meglio “veicolare” l’animo dei protagonisti, i loro sentimenti, i loro affetti ed emozioni che hanno ispirato e sorretto la loro condotta rivoluzionaria. Di particolare pregio il dialogo immaginario e verosimile tra Totò Gallotti e Costabile Carducci: ” <<… Ma come ti chiami?>>
<< Gallotti Salvatore, ma tutti mi chiamano Totò>>
<< E quanti anni hai?>>
<<Venti>>
<< E chi ti ha insegnato ad usare il fucile?>>
<< Mio padre>>
<< Ma perchè hai sposato la causa della rivoluzione, invece di continuare a studiare?>>
<< ho imbracciato il fucile senza smettere di studiare. Nel mio zaino c’è sempre posto per gli scritti del Maestro>>. E, dopo aver riposto il fucile, scrollò dalla spalla il sacco che portava cavandone un libriccino del quale prese a leggere:
<<Bisogna che tutti gli uomini si convincano che essi hanno da essere qui in terra esecutori di una sola legge: che ognuno di essi deve vivere non per sè ma per gli altri e che lo scopo della loro vita non è quello d’essere più o meno felici, ma di rendere se stessi e gli altri migliori>>.
E, prima che Costabile potesse interromperlo, continuò:<< La patria non è un territorio: il territorio non è che la base. La patria è l’idea che sorge su quello; è il pensiero d’amore, la comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio>>.
Il grande messaggio che promana dal romanzo è che il futuro si costruisce con la storia del passato .Sono proprio gli ideali le lotte e il sacrificio per la libertà di quegli anni a costituire l’antecedente storico-politico e logico e di conseguenza a dare luogo, cento anni dopo, a tutti i principi fondanti accolti nella prima parte della Costituzione democratica italiana del 1948. L’autore ci invita a meditare e a riflettere come nella Costituzione italiana vi siano i postulati di Mazzini e Garibaldi coloro che combatterono per il riscatto nazionale e per la liberazione d’Italia. Fu uno dei padri della Costituzione Piero Calamandrei a sostenere che la Costituzione Italiana del 1948 affonda le proprie radici in quei ideali che furono alla base delle insurrezioni risorgimentali. Basti pensare all’art.2 della Costituzione Italiana, il principio della “solidarieta” l Il riconoscimento dei diritti “inviolabili” dell’uomo è il rovesciamento della prospettiva dei regimi autoritari nei quali al centro del sistema è lo Stato, valore primario di fronte al quale i diritti non hanno tutela. I diritti dell’uomo da inserire in Costituzione – diceva La Pira in Assemblea Costituente – sono certamente “quelli indicati nella Dichiarazione del 1789”, ma non solo: vi sono anche i “diritti sociali e delle comunità attraverso le quali la persona si integra e si espande”. È una visione nuova, che arricchisce la precedente e pone le basi di una società nella quale la “persona” è considerata nella realtà concreta in cui vive, una realtà che mostra differenze profonde di condizioni di vita e solo teoricamente tutti sono eguali. Accanto ai diritti si parla di “solidarietà politica, economica, sociale”, un principio nuovo che riempie di senso la proclamazione dei diritti. Fin dall’inizio i Costituenti hanno sottolineato il legame fra diritti e solidarietà. Già nella Prima Sottocommissione il testo dei relatori La Pira e Basso indica il duplice fine del riconoscimento dei diritti “inalienabili e sacri”: «assicurare l’autonomia e la dignità della persona» e «promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale». La Corte costituzionale ha chiarito bene quel legame (sent. 75/1992) ribadendo che la solidarietà è un principio posto dalla Costituzione «tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, tanto da essere solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, dall’art. 2 della Carta costituzionale come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» e fissando in modo sicuro il valore vincolante del principio dell’art. 2. La convivenza sociale deve essere costruita sulla base del principio di “solidarietà”, perché la Costituzione «pone come fine ultimo dell’organizzazione sociale lo sviluppo di ogni singola persona umana» Franco Maldonato lancia l’invito a riprendere la “stagione” della tutela dei diritti civili acquisiti che vide negli anni 70 il suo massimo splendore E’, incontroverso sostieene Maldonato che in seguito alla sollevazione cilentana e non a quella siciliana, Re Ferdinando, prima testa coronata d’europa, si dispose a concedere la Costituzione. Teste Mozze è la prova che la “veritas numquam perit” e che “veritas premitur non opprimitur” e se la verità rimane oscura per molto tempo alla fine riesce ad emergere per la propria intrinseca forza. L’invito che proviene da Franco Maldonato , con la sua opera. è che dobbiamo tendere, in ogni momento del nostro cammino alla ricerca del vero, alla difesa del vero, al culto del vero, all’accertamento, quasi sempre arduo del vero, perchè la verità è un valore fondamentale per la democrazia, la verità è illuminante e ci aiuta ad essere coraggiosi. Alle nuove generazioni giunge anche un ulteriore messaggio dal romanzo ovvero che il sacrificio, le “teste mozze” dei nostri padri, non sia stato vano e che per far vivere la democrazia, conquistata, non basta la ragione codificata nella norme della costituzione, ma occorre che dietro di essa vi sia la vigile ed operosa presenza del costume democratico che voglia e sappia tradurla , “la ipertrofia dei diritti distrugge la democrazia senza la stessa non è sorretta dal buon costume e dall’educazione” così si esprimeva Tocqueville nella Democrazia in America .
Il romanzo storico “Teste Mozze” è un valido strumento didattico , di conoscenza ed apprendimento;
Sosteneva Gaetano Filangieri, nella sua Scienza della Legislazione nel libro IV dedicato a ” Dei vantaggi e della necessità di una pubblica ‘Educazione” che :”per formare un popolo occorre una pubblica educazione altrimenti non ci saranno dei cittadini , una educazione improntata sui fatti piuttosto che i detti, l’esempio piuttosto che i precetti. “L’uomo nasce nella ignoranza e non nell’errore. E’ proprio nell’età della curiosità e della imperfezione della ragione è ordinariamente l’epoca di questo fatale acquisto. Se le orecchie del fanciullo si rendono inaccessibili all’errore, la verità troverà lo spazio libero e vi penetrerà senza stento.” Sulla scorta di tale insegnamento il romanzo “Teste Mozze” è stato adottato come libro di testo presso le scuole anche in ossequio all’insegnamento della cultura greca secondo il quale i veri problemi sono sempre gli stessi da generazione a generazione e sarebbe bene “ascoltare” anche altre voci rispetto a quelle a cui siamo ormai assuefatti.