da Dr. Alberto Di Muria
Padula-Il methotrexate rientra in una categoria di farmaci definiti neoplastici, in particolare appartiene alla classe degli antimetaboliti, molecole che interferiscono con la sintesi di DNA, inibendo così la formazione delle unità che lo compongono, i nucleotidi. Con neoplasia o tumore definiamo una massa di tessuto costituito dalla crescita anomala di cellule del nostro organismo, che cresce in maniera scoordinata rispetto ai tessuti normali, per via di un ciclo cellulare che non si arresta come dovrebbe. Il methotrexate viene impiegato in questi casi perché, per la sua analogia strutturale, penetra nelle cellule legando i recettori dei folati sostituendoli, per impedire così l’azione fisiologica dell’acido folico, elemento essenziale nella sintesi degli acidi nuclei e di conseguenza importante per la divisione e maturazione cellulare. Si chiarisce così il suo impiego, a dosi elevate, nel contrasto di crescita e proliferazione delle cellule per il trattamento di alcuni tumori, in particolare nella leucemia acuta dell’infanzia.
Per via del suo meccanismo di azione strettamente legato al ciclo cellulare, trova impiego anche nel trattamento di tutte quelle patologie caratterizzate da tessuti in rapida moltiplicazione cellulare, oltre le cellule neoplastiche quindi anche il midollo osseo e le cellule del feto, che sono tutte cellule con alta frazione di crescita. Si evidenzia così il razionale dell’impiego di Methotrexate nella psoriasi, dove la velocità di produzione delle cellule cutanee è maggiore rispetto a quanto osservato nella cute normale, e nell’artrite reumatoide, malattia cronica sistemica autoimmune che coinvolge principalmente le articolazioni , verso cui il midollo osseo contribuisce a produrre anticorpi nei confronti di cartilagine e ossa stesse.
Se il suo impiego come chemioterapico resta sostanzialmente sicuro, perché somministrato in ambienti ospedalieri sotto stretto controllo degli operatori sanitari, quello per il trattamento di malattie infiammatorie lo è meno. Si è osservato nel corso degli anni gravi incidenti verificatesi a causa di un errore nella somministrazione. Nei pazienti affetti da artrite reumatoide o psoriasi la normale assunzione settimanale è pari a 10-15 mg, una somministrazione a basso dosaggio una sola volta a settimana. L’assunzione di questi dosaggi con frequenza giornaliera causa un sovradosaggio con talvolta un esito fatale per intossicazione da Metotrexato. Il sovradosaggio induce la soppressione del midollo osseo, che di conseguenza provoca una riduzione nella produzione di cellule del sangue, che possono portare ad anemia, con aumento del senso di spossatezza fisica, ma anche leucopenia che rende il paziente soggetto a contrarre infezioni più facilmente e piastrinopenia che aumenta il rischio di emorragie. Eccessive dosi di Methotrexato possono risultare fatali a seguito dell’insorgenza di sintomi neurologici quali cefalea, nausea, vomito, crisi convulsive e encefalopatia. A seguito della somministrazione in donne in età fertile, al suo impiego è associata embriotossicità e comparsa di malformazioni nel feto.
Nel sovradosaggio, che resta dose-dipendente, è efficace la somministrazione di acido folinico per contrastare la tossicità indotta dal methotrexate sull’apparato ematopoietico, ed il mantenimento di urine alcaline e del giusto livello di idratazione per evitare la precipitazione nei tubuli renali del farmaco dei suoi metaboliti.