Il Fenomeno Carsico dà il meglio di sé nel Cilento (2a parte)

 

da Nicola Femminella

(docente – scrittore)

Una quarantina di chilometri separano le Grotte di Pertosa-Auletta da quelle di Castelcivita, poste tra il fiume Calore e i monti Alburni, dove la natura mostra un paesaggio stupendo, offrendosi a coloro che ne sanno cogliere l’avvenenza e l’armonia. Conobbero la prima orma umana nel lontano 1889, quando due fratelli di Controne, Giovanni e Francesco Ferrara, non ancora maggiorenni, si addentrarono nell’oscurità della grotta, facendosi luce con due lucerne ad olio. Lo spirito di avventura che li spinse a varcare la soglia del luogo, costò la vita ad uno dei due, dopo che rimasero prigionieri nell’antro per sei giorni, avendo smarrito la via del ritorno a causa delle lucerne spente dalle esalazioni. Per oltre trenta anni nessuno osò addentrarsi nel luogo che ricordava la disgrazia capitata ai due giovani, fino a quando non furono organizzate delle visite da parte degli speleologi, che utilizzarono le indicazioni del farmacista del paese, un tale Nicola Zonzi, che con prudenza aveva fatto visita a un breve tratto della grotta nel 1920. La grotta nel corso degli anni ha destato l’interesse di archeologi e paleontologi, tra i quali si ricorda il prof. Paolo Gambassini dell’Università di Siena che dal 1975 al 1988, in collaborazione con la Soprintendenza di Archeologia di Salerno, ha condotto approfonditi studi e ricerche sul sito, scoprendo dati ed informazioni riportati in pubblicazioni che hanno destato un’eco internazionale tra gli studiosi della materia.  Al suo interno sono stati trovati manufatti riconducibili all’uomo de Neanderthal scomparso nella regione circa 40.000 anni fa. Ho avuto la fortuna di incontrare la dott.ssa Adriana Moroni, archeologa preistorica palentropologa dell’Università di Siena e allieva del prof. Paolo Gambassini. Dal 2015 lei, spinta anche dall’amore profondo che nutre per i siti archeologici del Cilento, tra mille difficoltà, ha ripreso i lavori nella Grotta di Castelcivita, che ritiene “un sito chiave per la comprensione delle dinamiche legate all’estinzione dei neanderthaliani e all’arrivo dell’ Homo sapiens (uomo moderno) in Italia e in Europa”. Le Grotte si estendono per 4800 metri e per i visitatori sono stati composti percorsi differenziati. Sono situate nei tre percorsi organizzati dai responsabili del sito. ll percorso principale, denominato turistico, è di 1200 metri, dall’ingresso alla Caverna Bertarelli. Esso contiene anche diverse diramazioni che vanno a formare un livello superiore e uno inferiore rispetto al ramo maggiore. Si offrono in tutta la loro straordinaria appariscenza le sale del Castello, del Coccodrillo, del Trono, degli Ortaggi, dei Funghetti, la Cascata di Colori, tutte espositori preziosi di formazioni calcaree stupende, dalle forme inimmaginabili e dai colori miscelati dai minerali in esse disciolti. Il tutto diventa stupefacente, sostando nella caverna Bertarelli, a pianta sub circolare con un diametro di circa 40 metri. Al centro una colonna che dal pavimento giunge fino alla volta dalla quale pendono piccole stalagmiti messe lì da un artista dell’epoca barocca di inestimabile talento. Non mancano, sulla destra, il presepe e, sulla sinistra, il tempio orientale denominato “La Pagoda”. Da qui si snoda il secondo percorso fuori sentiero che termina presso un laghetto chiamato “Lago Sifone” da cui si diparte il terzo destinato ai soli speleologi, che termina con un altro lago “Lago Terminale”. Sua Eccellenza il Carsismo con la sua illimitata fantasia ha creato i nomi per altre rappresentazioni che si stenta a credere: la Zona dei Pipistrelli, il Salto, il Deserto, la Caverna Boegan, la Caverna Principale di Piemonte, la Grande Cascata, il Tempio, le Cortine Sonore, l’Orrido.

A una decina di chilometri dalla costa campana del basso Tirreno è situato il borgo di Caselle in Pittari, noto per le eccellenze gastronomiche. Un sentiero immerso nel verde conduce nei pressi del fiume Bussento, dove si apre una grotta. L’ingresso è alto circa 25 metri, alla base di una parete che si eleva per circa 100 metri, chiamata “la Rupe”. A monte è stata costruita la Diga Sabetta che regola il versamento dell’acqua del fiume nella grotta dove in migliaia di anni ha scavato la cavità, formando l’inghiottitoio. Questo nel 1950 procurò un grande interesse che attrasse sul luogo gli speleologi del Circolo Speleologico Romano (CSR) e del Centro Speleologico Meridionale (CSM), che iniziarono una serie di presenze lungo tutto il tratto, scoprendo e rilevando i tesori nascosti, che solamente l’azione magica del fenomeno carsico riesce a creare in un lasso di tempo senza data. Per illustrare le emozioni che provano coloro che decidono di compiere il tragitto  nascosto nelle viscere calcaree, ritengo bastevole riportare la recensione scritta da un visitatore e pubblicata su Tripadvisor, il 14 giugno 2021. “Unico, Immenso, Maestoso e Spettacolare come solo la vera Natura sa essere. Affascinante, bello ed inquietante allo stesso tempo, talmente particolare che sembra di fare un viaggio a ritroso nel tempo, nel passato remoto del pianeta Terra. Più si arriva in fondo e più ci si sente catapultati in un altro Continente (Africa-Congo o Sudamerica) o in un’altra era Geologica (l’ingresso dell’Inghiottitoio sembra un paesaggio del Giurassico – Triassico tanto da aspettarsi l’improvvisa comparsa di qualche Dinosauro sopravvissuto alla notte dei Tempi, set perfetto per qualche Film stile Giurassic Park. Luogo assolutamente selvaggio, poco conosciuto e visitato e per questo molto più affascinante di tanti altri posti più pubblicizzati. Il lungo e faticoso percorso premia alla fine con una visione d’altri tempi. Qui la Natura Domina e l’uomo può solo inchinarsi di fronte ad essa.)”

IL Bussento risorge nell’Oasi, vanto del grazioso borgo di Morigerati, dopo un percorso di circa 5 chilometri, nascosto sotto le rocce. Si distende verso il basso in un condotto formato dall’acqua del fiume, adorno di una vegetazione verdeggiante, anch’esso certificato da una  piacevolezza condivisa da tutti i visitatori, dove l’ambiente e gli animali presenti fanno a gara per incantare lo sguardo dei visitatori. La grotta, da cui esce l’acqua del fiume, preannuncia piccole sorgenti e cascate graziose, ai piedi di un antico mulino. L’Oasi si trova nel Parco del Cilento Vallo di Diano Alburni ed è inserita nella lista mondiale dei Geoparchi.  (2° parte fine)

 

 

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