Alfredo Messina: il sindaco galantuomo … fin troppo !!

 

Aldo Bianchini

Avv. Alfredo Messina

CAVA de’ TIRRENI – E’ di ieri la funzione religiosa che ha segnato il distacco definitivo di Alfredo Messina, avvocato e già sindaco di Cava de’ Tirreni, dalla sua famiglia, dagli amici e dalla politica che in effetti non ha mai amato, o quanto meno non ha mai amato tantissimo.

Da galantuomo quale era, per dirla in gergo calcistico molto comprensibile, non amava il ruolo di allenatore, piuttosto quello del D.T. (direttore tecnico) forte della lunghissima esperienza vissuta accanto al prof. Eugenio Abbro (il sindaco di Cava per antonomasia) con il quale la sua presenza, col passare del tempo, era divenuta assolutamente indispensabile, e non solo per le questioni legali dell’amministrazione metelliana.

La sera di lunedì 18 maggio 2001 salì le scale di palazzo di città da sindaco (per avviare la nuova era della durata del sindacato passato d 4 a 5 anni) più per un’esigenza storico-politica che per una sua pressante ambizione di carattere personale; e rimase vittima di una vera e propria congiura originata da un “fuoco amico” senza precedenti nel settembre 2005, pochi mesi prima della scadenza naturale del suo mandato.

Un fuoco amico che, probabilmente, ha prodotto quel famigerato “verminaio politico” (denunciato da Pasquale Petrillo molti anni dopo) che è in piedi ancora oggi e che soltanto la proverbiale pazienza di Enzo Servalli ha circoscritto e limitato;  i danni non solo politici ma anche personali hanno lastricato la strada della gestione della cosa pubblica cavese.

Ho conosciuto molto bene il sindaco avvocato Alfredo Messina, per alcuni anni (ogni venerdì pomeriggio) venne negli studi televisivi di Quarta Rete a Capezzano, accompagnato dal suo fedelissimo Pasquale Petrillo, per andare in onda con un programma in diretta al fine di dialogare con i suoi concittadini.

Ebbene in tutti quegli anni non l’ho mai visto frettoloso, impaziente o pretenzioso; era  dotato di una innata ed educata umiltà, ma anche di una specifica fermezza nell’esecuzione delle decisioni prese dopo ampia discussione con i suoi collaboratori ed assessori, ma anche semplici consiglieri e cittadini.

Ricordo con molto piacere un aneddoto legato al suo mandato sindacale; verso la fine del 2002 aveva organizzato una manifestazione pubblica per la riapertura di Villa Rende dopo alcuni lavori di riqualificazione. Era stato invitato, come ospite d’onore, il generale dei carabinieri in pensione Domenico Gasparri (papà del senatore Maurizio Gasparri che all’epoca era ministro delle comunicazioni con il governo Berlusconi) che, già ottantatreenne ed ancora in convalescenza per una brutta caduta con frattura al femore, all’ultimo minuto telefonò per avvertire che nessuno poteva accompagnarlo. Il indaco Messina, senza indugio, comunicò ai presenti che era necessario attendere l’arrivo del generale con l’auto della Polizia Municipale che lui aveva autorizzato per il trasporto.

Apriti cielo; alcuni esponenti della sinistra cavese di quel periodo diedero inizio ad una sorta di contromanifestazione per contestare la decisione del sindaco che fu, invece, irremovibile nel confermare quanto deciso non mancando di evidenziare la pochezza di una sinistra sempre disposta alla squallida polemica. “Il generale Gasparri non è soltanto il padre del ministro ma è, soprattutto, un personaggio che ha dato lustro alla città e che per questo va rispettato ed accolto” disse ai microfoni il sindaco Messina. Forse in quel momento prese corpo il famigerato “verminaio”, ma non ci sono prove per affermarlo.

Qualche anno fa l’ho sentito per l’ultima volta; lo chiamai per qualche notizia sulla situazione processuale di Enrico Polichetti (forse una delle ultime vittime del verminaio) che lui, Messina, riteneva innocente e non solo perché era uno dei suoi difensori. Ci lasciammo con la promessa di vederci di persona, almeno per un caffè; purtroppo non sarà più possibile.

 

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