ANNUNZIATA: le dimissioni di Lucia, neanche Berlusconi …

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Il caso delle dimissioni della giornalista Lucia Annunziata da “mamma Rai” potremmo sbrigativamente risolverlo così: se la Rai è un ente pubblico e fa servizio pubblico, tutti i suoi dipendenti dovrebbero essere dipendenti pubblici e, quindi, soggetti alle norme che regolano tra età e durata del servizio la messa in stato di quiescenza.

Dunque se è così, in un Paese corretto Lucia Annunziata (nata l’8 agosto 1950 e, quindi, ormai ultrasettantenne), con laurea in filosofia conseguita presso l’Unisa, dovrebbe già essere in pensione. Punto.

Mi dicono, però, che nel nostro Paese non funziona proprio così e, unico caso al mondo, soprattutto per il mondo giornalistico applicato alla Rai in pratica, pur essendo dipendenti, si potrebbe rimanere in servizio attivo a vita, con una serie infinita di escamotage (tra incarichi, convenzioni, collaborazioni esterne, contratti con agenzie di servizio, ecc.) anche se nel caso dell’Annunziata tutto questo sembrerebbe non esserci.

Il nostro, continuo a dire, è un Paese strano, un Paese in cui è stato possibile “cacciare” dalla magistratura un gigante come Pier Camillo Davigo (vittima del fuoco amico di quella sinistra più crudele che lui aveva tanto amato), ma guai a toccare una giornalista di parte come l’Annunziata; tutti sulle barricate a difendere quasi il nulla perché in questo caso c’è il dubbio che sia stata la destra a farla fuori. Assurdo.

Comunque il caso specifico dell’Annunziata non è paragonabile a quello di Fabio Fazio (59 anni) ed a quello possibile di Serena Bortone (53 anni); il primo è andato via per soldi e la seconda si avvia sulla stessa strada. Il caso dell’Annunziata è e rimane unico, da prendere ad esempio di come ci si deve comportare quando cambia “il regista”; le dimissioni volontarie non sono da tutti ed in questo l’Annunziata ha dimostrato di vere gli attributi, e quando ha capito che non c’era più trippa per gatti è andata via (ancora però non è certo !!) senza tanti starnazzamenti facendone, da par suo, un caso politico. Addirittura mettendo in grande rilievo l’esigenza di cambiamento delle posizioni quando, appunto, cambia il regista per passare a fare opposizione da poltrone meno comode e sicure, e senza laute prebende pubbliche.

Ma il caso dell’Annunziata (ammesso che le sue dimissioni non vengano respinte per trovare un pasticcio all’italiana) è diverso anche per un altro aspetto non meno importante: Giorgia Meloni, con la sua strategia delle poche parole e dei toni moderati, riesce a fare cose che all’onnipotente Berlusconi delle troppe chiacchiere erano assolutamente impedite; e Giorgia lo fa dovunque, sia a sinistr che nella sua stessa destra. Ed anche perché la magistratura, proprio per i prolungati silenzi, non ha ancora trovato la strada giusta per aggredire la neo presidente del Consiglio dei Ministri.

La Meloni e l’Annunziata sono il nuovo ?, non lo so, bisognerà forzatamente aspettare per poter giudicare, per il momento dagli starting-block sono partiti due missili del calibro di Marcel Jacobs e Fred Kerley che, ancor prima di tagliare il nastro dei 100 metri, hanno già fatto ingoiare a tutti bocconi amari,  a cominciare dal nuovo “stile dimissioni” per finire all’inceneritore di Roma e il Ponte sullo stretto. Per non parlare della risposta pacata e riflessiva offerta dall’intero staff governativo in risposta alla squallida azione giornalistica ordita da Il Fatto Quotidiano contro la sorella della Meloni.

 

 

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