da Pietro Cusati (Giurista-Giornalista)
Giuseppe Petrosino, detto “Joe” , ha lasciato una traccia indelebile nella lotta alla mafia, mettendo a punto delle tecniche investigative che, ad oltre cento anni dalla sua morte, sono tuttora in atto nella polizia moderna. E’ stato il primo poliziotto italiano ad aver immaginato l’idea di un pool antimafia, ossia un nucleo ristretto di detective ,senza l’obbligo della divisa, che potesse decodificare le logiche della criminalità organizzata, adottando le tecniche del travestimento e dell’infiltrazione. E’ stato il primo poliziotto italiano ad avere ottenuto il grado di ufficiale nella Polizia di New York all’età di 23 anni. In seguito raggiunse il grado di “luogotenente “ grazie alle imprese leggendarie e alle sue intuizioni supportate sempre da una ferrea dirittura morale e da doti di incorruttibilità assoluta. Divenne amico personale del Presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt che lo definì “l’uomo nato detective che riscattò l’Italia conquistando l’America”.
Nel 1909 Joe Petrosino venne in Italia dagli Stati Uniti per indagare sul passato di alcuni mafiosi espatriati illegalmente dalla Sicilia. Il viaggio doveva rimanere segreto, ma le cose andarono diversamente e Petrosino venne ucciso dalla mafia a Palermo il 12 marzo del 1909. Fu il primo poliziotto vittima della mafia. Il cadavere di Joe Petrosino sfilò sulla Quinta Strada per i più imponenti funerali che New York abbia mai visto. 250 mila persone, interi reparti di polizia a passo di marcia funebre dietro la bara del primo italiano ad avere il distintivo della polizia della città. Le sue imprese hanno ispirato film di registi e attori famosi,nonché una ricca letteratura americana, italiana e non solo. Il libro, intitolato “Joe Petrosino, l’incorruttibile” è stato scritto dal pronipote del grande Joe, Nino Melito Petrosino, figlio di Gilda Petrosino, nipote diretta del celebre detective. La narrazione che ne fa il pronipote trae origine dalla storia orale della famiglia nella quale Nino è nato e cresciuto.