NOCERA I.: – Di fronte al caso del mafioso Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi di reclusione ed inviato ai domiciliari per una presunta allergia alla fava (favismo!!), viene veramente da chiedersi “ma a che giustizia giochiamo in questo Paese?”. Ed ancora, “ma la giustizia è veramente uguale per tutti?”. Sempre da cittadino mi chiedo come sia mai possibile che la giustizia venga amministrata, bistrattata e mistificata fino a questo punto ed a seconda gli intendimenti di chi la dovrebbe applicare in maniera univoca e sempre in nome del popolo. La vicenda di Aiello è stata drammaticamente proposta nel settimanale televisivo “L’Arena” (su Rai/1) di Massimo Giletti. <<La scorsa settimana Michele Aiello, condannato a 15 anni per associazione mafiosa nel processo denominato Talpe alla Dda -in cui fu coinvolto anche l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro– è stato scarcerato dal tribunale di sorveglianza per gravi motivi di salute. Aiello, titolare di un centro diagnostico all’avanguardia a Bagheria, è ritenuto l’alter ego della sanità del capomafia Bernardo Provenzano che avrebbe investito parte del suo denaro nelle attività del manager. Già in fase di custodia cautelare le precarie condizioni di salute gli consentirono la scarcerazione, ora che sta scontando la pena ormai definitiva i medici, accogliendo l’istanza dei suoi avvocati, hanno stabilito l’incompatibilità col carcere e le condizioni di salute di Aiello. L’imprenditore della sanità, che era detenuto a Sulmona, è ora in detenzione domiciliare nella sua casa di Bagheria. Nella motivazione del tribunale di sorveglianza dell’Aquila si legge: “Il vitto carcerario non ha consentito un’alimentazione adeguata del detenuto”. Pasta o riso con i piselli, seppie e piselli, minestrone e fave. Un menù a base di legumi “dannoso” per Aiello che soffre di favismo>>. Ho pescato questa vicenda sul web dopo averla ascoltata in tv e ne ho ricavato la sensazione di trovarmi di fronte ad un caso, a dir poco, allucinante di come viene amministrata malissimo la giustizia in questo Paese. Dovete, però, avere la pazienza di seguirmi per qualche minuto. Aiello è un soggetto che è già stato condannato in maniera definitiva alla pena di 15anni e 6mesi di reclusione per “reati di mafia” ed è stato mandato a casa per una semplice allergia alle fave. Di contro ci troviamo al cospetto di un imputato, Giuseppe Santilli, non ancora condannato neppure in primo grado, che versa in condizioni gravi di salute per la sua conclamata insufficienza renale ed al quale non viene fornita neppure la “pasta aproteica” ma che “il giudice” si accanisce a non voler mandare ai domiciliari in forza non si sa bene di quale principio e di quale equità di giustizia. Le ultime notizie danno Santilli finalmente ricoverato presso il centro clinico del carcere di Secondigliano. Non basta, non è sufficiente, le condizioni fisiche generali di Santilli sono allarmanti e non è possibile che un semplice imputato debba rimanere, per forza, in una struttura carceraria che, comunque sia, non può garantire la giusta e affettuosa assistenza che potrebbe avere soltanto in casa nel contesto del rassicurante ceppo familiare. Bisogna aspettare per credere, continuo a ripetere a tutti quelli che mi avvicinano, anche dinnanzi all’aula del tribunale di Nocera Inferiore. Bisogna aspettare per credere o, meglio, per capire fin dove si vuole arrivare nel caso di Giuseppe Santilli. Che tutti facessero un sereno esame di coscienza prima che accada qualcosa di irreparabile. Non vorrei che, dopo, tutti debbano correre ai ripari. Meglio agire prima e subito. Certo che a mettere a confronto i due casi vengono i brividi. Aiello con condanna definitiva sta a casa per l’allergia alla fava, Santilli ancora soltanto rinviato a giudizio sta dentro nonostante lo Stato non riesca neppure a fornirgli in carcere la pasta aproteica. Davvero una bella giustizia!! In un Paese civile basterebbe soltanto per questo per mandare tutti a casa. Intanto noi continuiamo a seguire le fasi dibattimentali del processo sempre più interessante, ricordando a tutti gli addetti ai lavori il drammatico caso di Giuseppe Santilli. Alla prossima.