da Alfonso Malangone
(Ali per la Città)
La vita non ha qualità, dalle nostre parti. E, anche più in là. Perché, nella rituale statistica annuale del Sole24Ore, la Provincia di Salerno arretra al 97° posto, su 107, perdendo ben otto posizioni, e perché risultati disgraziati sono stati conseguiti da tutti gli analoghi Enti della Campania: Caserta è al 99°, Napoli al 98°, Avellino all’84° e Benevento all’82°. Non solo. Altre rituali rilevazioni condannano la Regione alla generale vergogna. Di recente, infatti, le è stato assegnato il terz’ultimo posto per i livelli di assistenza sanitaria (fonte: MinSalute), l’ultimo per povertà (fonte: Caritas) e tra gli ultimi, addirittura in ambito Europeo, per l’occupazione (fonte: Eurostat). Con questi dati, si può ben sostenere che in qualche Paese in via di sviluppo si stia meglio che da noi, nonostante il beneficio di vivere in un territorio meridionale e mediterraneo, con le migliori tipicità per ambiente, colori, odori e sapori, ricco di storia, arte, cultura e umanità. E’ un vero disastro, che dimostra tutta l’inconsistenza di tante narrazioni e di tanti fantasiosi confronti con realtà evolute nelle quali, diversamente, sono presenti ben altre qualità, anche morali. E, purtroppo, proprio in campo morale, abbiamo ben pochi rivali a causa della forte presenza di organizzazioni devianti.
Tutto questo è davvero inaccettabile, quantomeno per la nostra Provincia. Qualcosa va fatto, e subito, contro una tendenza che cancella ogni dignità, nega il futuro e ha già costretto negli ultimi sei anni ben 42.013 residenti ad abbandonare il territorio come ‘migranti economici’ (fonte: Istat). Così, se pure il degrado è diffuso ovunque, visti i livelli uniformi degli indicatori statistici, chi, da noi, ricopre ruoli di responsabilità, ha l’obbligo di intervenire senza indugio almeno nell’area contraddistinta da palese immobilismo intriso di profonda rassegnazione. E’ fin troppo evidente che il riferimento è al Cilento, territorio fortemente in ritardo, il cui definitivo sviluppo economico e sociale, dopo anni di vuote parole, è essenziale ai fini di una più complessiva crescita dell’intera Provincia.
C’è chi dice, ancora oggi, che il suo punto di forza sia la fascia costiera e, con questa convinzione, sostiene la necessità di far crescere ancor più i corposi flussi di vacanzieri di ‘varia umanità’ che ogni anno la invadono, per una manciata di giorni tra i mesi di Luglio e Agosto, e che già ne provocano l’asfissia con l’ostruzione delle poche strade di accesso, da nord e da est. In realtà, se fosse questa la medicina, il vero obiettivo dovrebbe essere quello di allargare la ‘stagione’ almeno da Febbraio a Ottobre, come già fatto altrove pur con non maggiori richiami. Però, replicare non è facile, qui, perché il passaggio da una offerta statica, ‘mono-prodotto’, ad una dinamica, ‘multi-prodotto’, non richiede la semplice condivisione del progetto, ma impone la concreta volontà della preliminare acquisizione di una adeguata professionalità nell’accoglienza dei visitatori. In sostanza, è necessario realizzare una diversa ‘offerta turistica’ nella quale storia e tradizioni, oggi colpevolmente dimenticate, diventino attrattori integrativi, in estate, e sostitutivi delle spiagge e del mare, nelle altre stagioni. E, questo, non è davvero agevole a causa delle condizioni che hanno modellato la ‘cultura’ dell’ospitalità in buona parte del territorio.
Esclusi i centri di Agropoli, Castellabate e Sapri, cittadine dotate di una economia più complessa, con presenze produttive, artigianali e commerciali, in tutta questa fascia marina il turismo integra o, meglio, interferisce con le occupazioni tradizionali costituite dalla pesca, pure in declino, e dall’agricoltura di autoconsumo, con qualche presenza imprenditoriale. Qui, tutti sono proprietari di almeno un orto e, chi non l’ha, dà una mano agli altri. Così, la balneazione costituisce un interesse del tutto temporaneo che si esprime con l’apertura degli esercizi commerciali intorno alla metà di Giugno e la chiusura nei primi giorni di Settembre, quando si ripristina la prevalente cura delle attività tradizionali. Restano aperti solo i negozietti “bazar” e qualche ristorante, con intorno il silenzio di luoghi in desolante abbandono. In sostanza, a fine Agosto, sembra che i residenti dicano: “la vacanza è finita, abbiamo altro da fare”.
Ma, sono anche i villeggianti a dire: “la vacanza è finita, abbiamo altro da fare”. Per i nuclei familiari ‘stanziali’, in massima parte di provenienza Provinciale e Regionale, l’inizio della scuola e/o la ripresa del lavoro sono motivi di abbandono di massa. In alcune località più rinomate, presenze nazionali e anche internazionali, ma sono poche davvero, consentono di allungare di qualche settimana, non di più. Anche perché, ci resta solo il mare a fare compagnia. E, tra gli altri, vanno via anche i tanti giovani professionalizzati che ritornano alle loro occupazioni fuori territorio. In sostanza, il Cilento costiero funziona a tempo. C’è il tempo per i bagni di mare e ci sono i tempi per la cura degli orti, la raccolta dei fichi, delle olive e dell’uva.
Con queste impostazioni economiche e sociali, aggravate dalla diminuzione e dall’invecchiamento della popolazione, sembra davvero difficile condividere l’opinione di chi intende affidare il riscatto di tutto il Cilento ad una possibile azione trainante dell’area “a mare” mirando, magari, a incentivare la svendita delle aree residue per l’edilizia ‘sterile’ di rapina. All’opposto, c’è il rischio concreto di annullare quello che è stato fatto a causa dell’ulteriore inquinamento e degrado apportati da uno sfruttamento intensivo di ogni angolo di un territorio fragile, talora colpito da frane e smottamenti proprio per manomissioni inopportune.
In verità, il Cilento intero potrà crescere solo a condizione che si riesca a far crescere tutta la sua Comunità, di mare, di terra e di montagna, grazie a progetti unitari volti a sfruttare le diversità e le complementarietà delle specificità ambientali, culturali, economiche, artistiche, gastronomiche e della tradizione, oltre ad una smisurata umanità. E, per questa finalità, sono necessari preliminari investimenti infrastrutturali per ammodernare un sistema viario da anteguerra, per realizzare aree di interscambio, per riqualificare i centri abitati, i siti storici, le Chiese antiche, a cominciare dalle basiliane, i luoghi della cultura, del saper fare e del folklore, affinché possano divenire veri attrattori per visitatori ‘stanziali’ da accogliere con servizi di adeguata qualità e con la necessaria professionalità. Nel Cilento c’è tutto, ma poco si offre, e anche disordinatamente. Fino a quando l’intero territorio sarà privo di una forte, condivisa, identità, nessuno chiederà di più e nessuno avrà la forza di offrire di più. E’ una rivoluzione non facile né veloce, ma non impossibile.
Alfonso Malangone – Ali per la Città – 09/01/2023 (segue)