da Pietro Cusati (giurista-giornalista)
5 Gennaio 2023. “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Il 5 gennaio 1932 nasceva ad Alessandria Umberto Eco,un grande intellettuale della cultura italiana che continua a vivere per mezzo delle sue opere e mori a Milano il 19 febbraio 2016,docente universitario, medievalista,critico letterario. Un uomo globale che ha conquistato la stima del mondo, ottenendo ben 40 lauree honoris causa, dalla Brown University alla Sorbona, dall’Università di Mosca a quella di Gerusalemme. Nel 1980 pubblicò il bestseller mondiale Il nome della rosa, vincitore di innumerevoli riconoscimenti tra cui il Premio Strega.” I social network sono un fenomeno positivo ma danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ora questi imbecilli hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”. Il Web non ha inventato gli imbecilli, ma ha dato loro, semplicemente, lo stesso pubblico che hanno i premi Nobel. E non l’ha fatto per caso. Perché da sempre i media lusingano l’uomo della strada, per manipolarlo meglio. Eco è stato Professore di Semiotica presso l’Alma Mater Studiorum, fondatore di Scienze della Comunicazione e della Scuola Superiore di Studi Umanistici, l’Università di Bologna gli conferì tutti i titoli e i riconoscimenti che poteva, grata al famoso semiologo per esser stata arricchita dal suo insegnamento e dai corsi da lui creati e resi celebri. Nipote di un tipografo e figlio di un impiegato delle Ferrovie, venne fin da subito avvicinato al mondo della lettura e al culto del libro. Dopo gli studi classici si iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, dove si laureò nel 1954, con una tesi sull’estetica di Tommaso d’Aquino. Nello stesso anno di laurea entrò a lavorare in Rai assieme ad altri brillanti giovani intellettuali, il cui gruppo eterogeneo e rivoluzionario venne chiamato dei ‘corsari’, grazie al quale il palinsesto televisivo riuscì a svecchiarsi e a nobilitarsi come vero servizio pubblico. Successivamente iniziò un’altra importante collaborazione, quella con il settimanale “L’Espresso”. Nel 1959 arrivò il prestigioso incarico della direzione della casa editrice Bompiani.Nel 1961 Eco iniziò la sua lunga carriera universitaria, prima a Torino, poi a Milano e Firenze, dove seppe trasmettere ai suoi studenti le riflessioni che intanto stava elaborando sui Mass Media e sul loro influsso sulla cultura di massa, come quelle confluite nel 1963 in Diario minimo e nel 1964 in Apocalittici e integrati. Nel 1971 aveva già fondato “Versus, Quaderni di studi semiotici”, di cui rimase direttore responsabile e membro del comitato scientifico fino alla morte, mentre divenne segretario prima e vicepresidente poi della IASS/AIS (“International Association for Semiotic Studies”), di cui sarebbe divenuto presidente onorario dal 1994. Presso l’Alma Mater Studiorum Eco vinse nel 1975 la cattedra di Semiotica, per poi dirigere negli anni 1976-’77 e 1980-’83 l’Istituto di Discipline della Comunicazione e dello Spettacolo.Erano iniziati gli anni della notorietà mondiale, grazie alla pubblicazione e al successo de Il nome della rosa, vincitore nel 1980 del Premio Strega e subito divenuto best seller tradotto in oltre 45 lingue: un appassionante romanzo ibrido, tra il giallo storico e il testo narrativo e filosofico, reso ancor più celebre dall’adattamento cinematografico del 1986. Trasferitosi a Milano negli ultimi anni di vita, Eco trovava spesso il pretesto per tornare a Bologna, per qualche conferenza o qualche ricerca, accolto sempre con ammirazione dai suoi studenti. La conformazione stessa della città emiliana era diventata a lui familiare, quasi una propagazione delle sue speculazioni, un labirinto fluido di portici, dove ci si incontra e si scambiano informazioni. Gli anni 2000 furono caratterizzati da un’infinità di scritti eterogenei tra cui La bustina di Minerva (2000) Sulla letteratura (2002), Bellezza. Storia di un’idea dell’Occidente (2002), Dire quasi la stessa cosa (2003), A passo di gambero (2006), Storia della bruttezza (2007), Dall’albero al labirinto (2007), Non sperate di liberarvi dei libri (2009), Vertigine della lista (2009), Costruire il nemico e altri scritti occasionali (2011), Sulle spalle dei giganti (2017), ma anche dalla pubblicazione degli ultimi quattro romanzi: Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana (2004), Il cimitero di Praga (2010) e Numero zero (1015).Non solo carta stampata, articoli di giornale, saggi e romanzi, ma anche un grande contributo al nascente mondo tecnologico, che Umberto Eco seppe anticipare, prevedendo le future necessità e direzioni della società moderna, sviluppando un senso critico ragionato e distinto sui nuovi orizzonti della cultura di massa che a breve sarebbero stati generati e trasmessi attraverso internet e i social media. Il giudizio che ne ricavò lo portò a vedere e sostenere i lati positivi di quel nuovo mondo che tutt’oggi sta ancora germinando e che d’altra parte è anche predisposto per sua stessa natura a dare ‘’diritto di parola a legioni di imbecilli’’. Ritiratosi dall’insegnamento solo nel 2007, l’Alma Mater volle conferirgli l’anno seguente il titolo di professore emerito e nel 2015 il Sigillum Magnum, a lui grata per le sue lezioni e i suoi innovativi metodi di ricerca e insegnamento.Quando Umberto Eco morì, nel 2016, l’intera città di Bologna con la sua Università lo celebrò come un suo cittadino, dedicandogli la piazza coperta della Sala Borsa, cuore sociale e culturale del centro storico. Nel 2021, la biblioteca moderna (44.000 volumi) e l’archivio di Eco sono stati concessi all’Ateneo bolognese.