MOLTI FARMACI POSSONO CAUSARE DISFAGIA NELL’ANZIANO

da Dr Alberto Di Muria
Padula-Ben l’87% degli anziani, quasi 9 su 10, che risiedono in Residenze sanitarie assistite assume da 1 a 4 farmaci al giorno che potenzialmente provocano disfagia, ovvero la difficoltà ad ingerire cibi solidi o liquidi, aumentando così il rischio di malnutrizione. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Irccs INRCA, Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani.
L’INRCA ha condotto un’indagine su 140 anziani all’interno di due Residenze sanitarie assistite (Rsa) nel territorio di Ancona per un periodo di quattro mesi. Nel corso dello studio sono stati valutati lo stato nutrizionale, la dieta seguita, l’eventuale presenza di disfagia, rilevata nel 34% dei casi, e il numero medio di farmaci assunti al giorno, risultato pari a 8, con picchi di 19 nei casi più gravi.
La disfagia comporta l’alterazione delle normali funzioni deglutitorie. Riguarda l’area della cavità orale, oppure faringe o esofago e può essere causata dall’indebolimento dei muscoli dovuto all’invecchiamento o da malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, nonché da farmaci assunti in maniera continuativa dagli anziani, la cosiddetta disfagia iatrogena.
Sono tre i meccanismi con cui i farmaci incidono negativamente sul processo deglutitorio. Il primo è l’effetto collaterale del farmaco, ad esempio di medicine che riducono la produzione di saliva, detta xerostomia, riscontrate nell’11% del campione e che contengono soprattutto cytalopram, metoclopramide, paroxetina e lisinopril, oppure di antipsicotici e neurolettici, assunti dal 25% dei partecipanti allo studio, i cui principi attivi più comuni sono la quietapina, la clozapina, l’olanzapina, il risperidone e l’aloperidolo.
Poi ci sono le complicanze dovute all’azione terapeutica: è il caso dei narcotici e degli antiepilettici che, agendo sul sistema nervoso centrale, riducono vigilanza e attenzione, compromettendo così la sicurezza del processo deglutitorio. Contengono generalmente ossicodone, fenobarbital, prednisone, clonazepam, diazepam, paracetamolo e codeina oppure morfina. Ne fa uso il 32% dei pazienti dello studio.
Alcuni farmaci infine producono danni alla mucosa esofagea, come gli antinfiammatori non steroidei e i bifosfonati o gli integratori di ferro o di potassio, comunemente usati dalle persone in età avanzata per lunghi periodi come nel trattamento dell’osteoporosi o per problemi cardiaci.
Specialmente negli anziani soggetti a polifarmacoterapia è importante quindi valutare periodicamente la funzionalità deglutitoria, in modo da intervenire ai primi sintomi di disfagia ed eventualmente sostituire un farmaco potenzialmente lesivo con un principio attivo meno dannoso, o addirittura sospenderlo se non strettamente necessario.

 

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