Con il consueto apprezzamento ho letto l’articolo pubblicato il 12 novembre scorso su “L’Avvenire”, all’interno del quale il Direttore Generale di Federcasse Sergio Gatti focalizzava l’attenzione su un tema un po’ messo da parte negli ultimi tempi, ma particolarmente attuale e che richiama una serie di miei interventi fatti in passato sull’argomento.
“È ora di cambiare le regole europee che penalizzano il credito cooperativo”, è il titolo dell’intervista che l’autore del richiamato articolo ha voluto definire un racconto pacato di un pezzo di storia recente delle Banche di Credito Cooperativo.
Con questa lettura ho fatto delle riflessioni, sforzandomi di provare ad interpretare nuovamente quanto accaduto in questi ultimi anni, dove la riforma che ha interessato il nostro settore ha resettato un mondo che effettivamente aveva necessità di un modello più solido, con rinnovate regole, come più volte sottolineato, non senza dimenticare, però, in tale valutazione complessiva, il ruolo delle banche di credito cooperativo nell’economia italiana e sui territori d’elezione.
Un ruolo certificato e confermato, più volte, anche dal Governatore della Banca d’Italia Visco, proprio nel suo ultimo intervento durante la recente “Giornata Mondiale del Risparmio”, di cui si riporta un brevissimo estratto, dove un lungo passaggio è stato dedicato proprio alle BCC ed al loro riconosciuto ruolo anticiclico. “Le banche di credito cooperativo (BCC) hanno storicamente svolto un ruolo molto rilevante nell’intermediazione del risparmio, con particolare riguardo al finanziamento delle imprese di minori dimensioni. Tale ruolo non è venuto meno, si è anzi rafforzato a seguito della riforma, nonostante i dubbi più volte manifestati. (…) Grazie al rafforzamento dei profili tecnici delle banche del settore, la riforma ha quindi permesso loro di preservare il ruolo di sostegno alle imprese nei territori di insediamento nel difficile contesto che ha caratterizzato gli ultimi anni”.
È un po’ (mi si passi il concetto) come l’insegnante che apprezza il lavoro dello studente, confermandone l’impegno, le qualità e i risultati conseguiti.
In questo scenario, proprio come in ogni percorso di crescita e miglioramento che si rispetti, c’è un prima, c’è un durante e c’è un poi.
Nelle difficoltà del sistema economico, le nostre realtà, le banche di credito cooperativo, hanno confermato resilienza e capacità di interpretare il momento ed all’interno di una forte crisi di identità del modello, nell’epoca della riforma, hanno chinato il capo, dedicandosi al lavoro, adattandosi al nuovo sistema organizzativo, magari alzando anche la voce, ma sempre con l’obiettivo di non disperdere gli anni di storia, le esperienze e le competenze acquisite. Il buon marinaio è colui che affronta il mare in tempesta con capacità, umiltà e saggezza e tanti buoni marinai hanno saputo dare risposte quando pochi credevano nelle nostre qualità, ma pensavano che, all’indomani della riforma, avremmo ceduto e consegnato le BCC nelle mani di qualche colosso del mercato bancario.
Tutt’altro, anzi, proprio, nel “durante”, abbiamo colto le opportunità dei Gruppi bancari, unendo le forze, migliorando gli attivi di bilancio, potenziando la redditività e garantendo, a soci e clienti, una solidità sempre migliore, risultato di un modello costruito per tutelare i loro risparmi.
Il “poi” ritengo sia ormai alle porte e servirà un atteggiamento diverso per costruire una nuova fase del credito cooperativo a cui è necessario tendere.
In tale contesto entra, come già evidenziato, il pregevole intervento del Direttore Sergio Gatti, oltre all’importante sforzo già messo in campo da Federcasse nei confronti del regolatore europeo. Siamo, infatti, giunti nel momento più opportuno, dopo aver dimostrato con i fatti, al nostro “insegnante” di essere “studenti” seri e maturi, per ricevere un riconoscimento normativo in termini di proporzionalità delle regole rispetto alle “vere” banche sistemiche (significant), alleggerendo oneri e processi, più consoni alle aziende di credito con valori di bilancio totalmente diversi, che fanno del lucro l’elemento cardine e che non considerano la territorialità come fattore esclusivo della loro operatività.
È oggi, ancor di più, indispensabile, soprattutto per le PMI, avere un buon istituto di credito alle spalle, magari una BCC (ovviamente), che abbia la capacità ed i margini operativi per poter contribuire sui territori alla crescita e allo sviluppo.
Voglio sottolineare, per l’appunto, che il nostro formidabile ruolo di creatori di valore sui territori ha necessità di ricevere un’iniezione di fiducia normativa da parte dei regolatori europei per liberare alcuni lacci della nostra operatività, non con presunzione, ma sulla scorta di ciò che abbiamo dimostrato in questi anni di cambiamento.
Vogliamo proseguire la nostra storia perché teniamo ai nostri territori e vorremmo, ogni giorno di più, lasciare il segno, per evitare che un’azienda chiuda per le bollette alte, che una famiglia vada in difficoltà perché la rata del mutuo ha raggiunto livelli inaspettati oppure che i nostri ragazzi lascino i luoghi di nascita, senza ritorno, per andare altrove.
Il Direttore Sergio Gatti ha riaperto un discorso che non abbiamo e non dobbiamo mai dimenticare; ora siamo nella condizione, a mio modesto avviso, per poter affrontare una fase rinnovata delle nostre aziende di credito, ancora di più, a servizio dei territori ed a supporto delle economie locali.
Non vogliamo regole nuove, vorremmo regole più giuste e proporzionali al nostro modello di fare banca, per continuare a navigare con una rotta chiara, tendendo la mano a chi ne ha bisogno con i mezzi e gli strumenti adeguati.
Non saremo mai banche “grandi”, non vogliamo essere banche “grandi”, abbiamo la volontà di continuare ad essere BCC “buone”, come abbiamo dimostrato negli anni.