Aldo Bianchini
SALERNO – Io sono un garantista per definizione, ed è con questa veste che mi avvicino, in punta di piedi, per la prima volta al filosofo rosso prof. Roberto Racinaro (a lungo Rettore dell’Unisa) al fine di cercare di esprimere la mia opinione su uno dei personaggi che ha segnato, nel bene ma anche nel male, la fine della prima repubblica stritolata dalla tempesta di tangentopoli.
Da garantista provato devo, però, dire che la figura pubblica del filosofo rosso non mi ha mai convinto, e non soltanto perché era rosso; sicuramente era un uomo di grande cultura ma la sua figura, almeno per me, non ispirava tutta la fiducia che un personaggio osannato come lui forse meritava. Difatti la cultura, anche se immensa, non ha nulla a che fare con la buona amministrazione della cosa pubblica; come dire che quasi mai un ottimo calciatore diventa un buon allentore.
Nel corso della tempesta giudiziaria che investì Racinaro, io (all’epoca direttore di Tv Oggi) e il collega Tommaso D’Angelo (oggi direttore di leCronache) fummo oggetto di un provvedimento giudiziario straordinario con la perquisizione a tappeto delle rispettive redazioni giornalistiche in quanto il PM inquirente Filippo Spiezia (poi trasferito al Tribunale Europeo di Bruxelles) riteneva che noi due avessimo documenti importanti per rafforzare le accuse a carico di Racinaro che in quel momento era il Magnifico Rettore dell’Unisa. Ci vennero sequestrati dei dossier (firmati e non anonimi) nei quali c’era scritto di tutto e di più sulla credibilità giudiziaria del rettore e dei suoi più stretti collaboratori.
Ma questo, alla luce delle assoluzioni collezionate dall’ex rettore, non ha mai inciso sul mio giudizio complessivo nei confronti di un personaggio che, dalla stragrande maggioranza degli osservatori (forse di parte !!) è stato sempre difeso a spada tratta e in alcuni casi addirittura idolatrato; rimangono intatti i miei dubbi sul personaggio (mai sull’uomo) che aveva sempre atteggiamenti poco concilianti con la controparte.
Ma la storia cammina e da quei fatti sono passati circa trent’anni così come sono trascorsi alcuni anni dalla sua morte; sicuramente nella sua esistenza post inchiesta saranno pesati, e tantissimo, i sedici anni di processi prima dell’assoluzione piena.
I suoi 70 anni di vita (1948 – 2018) rappresentano ancora oggi una lettura controversa della sua parabola molto ascendente e per alcuni anni altrettanto discendente.
Bene ha fatto l’UNISA ad organizzare “Racinaro interprete del tempo”: un titolo evocativo per la giornata di studi promossa dal dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Unisa per celebrare Roberto Racinaro, a quattro anni dalla sua scomparsa, che in vita era stato un intellettuale sofisticato, tra i massimi studiosi di Hegel e dell’idealismo tedesco, ordinario di Storia della Filosofia e rettore dell’ateneo dal 1987 al 1995 … è ricordato per il coraggio del pensiero e per quella passione per la battaglia delle idee che lo ha contraddistinto anche nei momenti più critici (fonte Il Mattino).
Racinaro vittima della giustizia ingiusta ? Sinceramente non lo so; la mia onestà intellettuale mi fa rispondere di sì; ma in effetti ci sono tante risposte e nessuna certezza.
Mi piace riportare qui, per chiudere, una rivelazione storico-giudiziaria dell’avv. Cecchino Cacciatore che racconta il momento in cui l’allora rettore in carica varcò la soglia del carcere:
Il carceriere: “Da dove proviene? Da altro carcere?”.
Il Rettore: “No, dalla libertà”.
Il carabiniere: “Proviene dalla libertà”, aveva risposto il giovane carabiniere alla domanda della guardia carceraria che ci aveva accolto all’ingresso del penitenziario.