Aldo Bianchini
SALERNO – Il DNA è una cosa, le Luci d’Artista un’altra, e la cultura un’altra ancora; tre cose difficili da mettere insieme e miscelarle, anzi shakerare il tutto per offrire all’opinione pubblica un favoloso cocktail buono per passato – presente e futuro ma anche futuro a metà strada tra giovani – anziani e sicuramente riformista.
E’ riuscito proprio a fare questo il notissimo Giuseppe Cacciatore (detto Peppino), capostipite della famosa schiatta dei “Cacciatore” che in questa città hanno rappresentato e rappresentano sicuramente più di qualcosa, e non soltanto sul piano storico e politico.
Tendenzialmente mi sono sempre espresso, anche l’altro giorno, contro gli uomini di cultura o presunti tali (e Peppino Cacciatore è un grande uomo di cultura), ma quando si tratta del “nostro” il ragionamento è sostanzialmente diverso sia sotto il profilo della credibilità politica che sotto quello della trasparenza e genuinità del personaggio che è, da sempre, legato tutto d’un pezzo con la storia e il destino della nostra città. E aggiungo che verso la città e la sua storia ha sempre mantenuto un comportamento lineare e non ondivago; insomma non ha fatto come altri intellettuali che a turno si sono piegati al deluchismo imperante, per poi condannarlo e semmai riprenderlo ancora.
Peppino Cacciatore non si spreca molto con le sue esternazioni che sono sempre rare ma efficaci come frustate severe contro il malcostume della politica locale, e non solo.
E quando viene chiamato a raccontare quello che siamo stati e che, probabilmente, saremo in un futuro non lontano, lo fa con l’innato acume che lo contraddistingue rispetto alla platea fin troppo affollata di sedicenti pensatori e/o uomini di cultura.
Ed ora è sceso in campo per sdoganare una delle manifestazioni che da una quindicina di anni ha letteralmente contribuito a sollevare le secche economico-turistiche della città, pur tra incertezze e particolari certamente da rivedere.
Lo ha fatto da uomo assolutamente indipendente rispetto alla politica ed agli uomini che la dirigono a livello locale:
“Credo che Luci d’artista sia diventata una manifestazione consolidata. Se fossi un amministratore la prima domanda che mi porrei è che cosa vuole la gente. E io credo che salernitani e visitatori le gradiscano eccome. Ecco perché non solo non vedo il motivo di saltare questa edizione, ma non mi convince neppure troppo l’idea di farle durare per un lasso temporale così breve. E questo lo dico non solo perché sono una tradizione che è entrata a fare parte del tessuto sociale della nostra città, ma anche e soprattutto perché l’effetto Luci si riverbera su due segmenti importanti: da un lato quello dell’aggregazione e della gioia per le famiglie, penso in particolare ai bambini e agli anziani. Dall’altro, perché, piacciano o meno, sono comunque capaci di attrarre un certo numero di turisti anche da fuori regione e di questo ne beneficiano indiscutibilmente titolari di alberghi e bed and breakfast, bar, ristoranti, negozi. Insomma, movimentano un indotto che, viceversa, in quei mesi non esisterebbe” (fonte Il Mattino).
Questi sono gli interventi che contribuiscono a sollevare un sano e costruttivo dibattito nell’interesse di tutti.