da Bertie
Grazie alle conoscenze che ho sulla saga cinematografica di Star Wars ho voluto raccontare la storia dell’iconico personaggio di Anakin Skywalker, protagonista assoluto di Guerre Stellari, in prima persona.
I miei primi ricordi risalgono a quando da bambino ero schiavo con mia madre sul mio pianeta natale, Tatooine, era un pianeta desertico. Ho sempre odiato la sabbia: è granulosa, si infila dappertutto ed irrita la pelle. Il deserto è spietato, ti toglie ogni cosa. Ricordo che sognavo di diventare un Jedi, di tornare su Tatooine e liberare tutti gli schiavi. Fu allora che incontrai il maestro Jedi Qui Gon Jinn, il suo padawan Obi Wan Kenobi, e poi lei, Padmé Amidala. Me ne innamorai dal primo momento, appena la vidi credetti fosse un angelo. In quel momento però il mio sogno comimciò a realizzarsi: i due Jedi mi portarono con loro e Obi Wan divenne il mio mentore per l’apprendimento da Jedi. Secondo il Consiglio non ero abbastanza giovane. Inoltre avevo paura di perdere mia madre, e questo poteva condurre la mia devozione al lato oscuro. Nonostante questo il mio percorso da Padawan cominciò, e stavo diventando il piú potente Jedi esistente. Le mie convinzioni però furono scosse quando rividi Padmè anni dopo. Mi resi conto che la amavo piú di ogni altra persona al mondo, ma non potevo affezionarmi: non è da Jedi. Mi fu affidato un incarico: proteggere Padmé da un complotto ai suoi danni. Obi Wan non mi riteneva all’altezza del compito. Mi tarpava le ali, non mi permetteva di dimostrare ció che ero. So che aveva paura che diventassi un Jedi migliore di lui. Rimanendo da solo con Padmé mi resi conto di quanto la amassi, e di quanto lei amasse me, ma ai Jedi non è permesso affezionarsi. In quel periodo mi tormentavano incubi su mia madre. Erano più che altro visioni di dolore, sofferenza, morte. Ritornai su Tatooine e mi misi in cerca di mia madre. Quando la trovai era schiava dei Sabbipodi e moribonda. Le si stampò un sorriso in volto quando mi vide. Morì fra le mie braccia, e io non potei far nulla per salvarla. Per la prima volta dubitai dei miei poteri. Volevo vendetta. Loro avevano ucciso mia madre. Così sguainai la mia spada laser, e uccisi tutti i Sabbipodi. Non risparmiai nessuno: uccisi uomini, donne, bambini, anziani. Con la pietà non sconfiggi i tuoi nemici. Quando tornai da Padmé me ne ero già pentito. Quell’atto non era da Jedi. Alla fine però si era realizzato il mio sogno: io e Padmé ci sposammo in segreto. Ero la persona più felice di tutta la galassia. In quel periodo però iniziò la guerra dei cloni. Il cancelliere Palpatine fu preso in ostaggio dal Generale Grievous. Io e il mio mentore Obi Wan prendemmo l’incarico di liberarlo. Quando arrivammo dal cancelliere però incontrammo il signore dei Sith, il conte Dooku. Iniziammo un duello. Riuscii a disarmarlo. Il cancelliere mi ordinò di ucciderlo, ma non potevo farlo, era disarmato. Non era da Jedi. Lo scopo di un Jedi é difendere la vita, non toglierla. Palpatine mi ricordò ciò che successe con i Sabbipodi, quindi con la mia spada celeste e la spada scarlatta che presi al Conte Dooku lo decapitai. Lui in un precedente scontro mi portò via il braccio, e io gli ho tolto la vita. Al mio ritorno dalla missione c’era una notizia stupenda ad attendermi: Padmé era in attesa di un bambino. In quel momento il mio cuore scoppiava di gioia, fino a quando non cominciarono a tormentarmi gli stessi incubi che mi tormentavano su mia madre. In questi Padmé moriva durante il parto. Dovevo salvarla, non potevo vivere senza di lei. Chiesi consiglio al maestro Yoda, ma questi mi disse che dovevo distaccarmi dalla persona che temevo di perdere. A quel punto tentai di far parte del Consiglio dei Jedi. Mi avrebbero riconosciuto il rango di maestro e avrei potuto accedere ai testi dei Jedi. Questi mi avrebbero insegnato il segreto per salvare Padmé dalla morte. Mi fecero sedere nel Consiglio, ma non ero un maestro. Per me è stato umiliante, ma fui arrogante e rabbioso. Non avevo apprezzato abbastanza gli insegnamenti di Obi Wan. Il cancelliere mi raccontò la storia di Darth Plagueis. Questi era un signore dei Sith, talmente potente da riuscire ad ingannare la morte. Ad un certo punto il suo potere era talmente grande che la sua unica paura era di perderlo. Infatti, per errore, insegnò ad un suo apprendista tutto ciò che sapeva, e quest’ultimo lo uccise nel sonno… salvava gli altri dalla morte ma non salvò se stesso. Capii così che Palpatine era un Lord dei Sith. Dissi al maestro Windu ciò che avevo scoperto. Questi si recò dal cancelliere, con l’intento di ucciderlo. Secondo lui era troppo pericoloso per lasciarlo in vita. Io arrivai in tempo per assistere al momento precedente l’omicidio. Palpatine doveva vivere, meritava di essere processato. Windu non volle ascoltarmi. Io sguainai la mia spada e tagliai la mano del Jedi con cui impugnava la sua arma, permettendo a Palpatine di ucciderlo. In quel momento tradii i Jedi, il senato galattico e tutta la repubblica. Votai la mia fedeltà al lato oscuro della forza. Pregai Palpatine di aiutarmi a salvare Padmé dalla morte. In quel momento tutto il bene che era in me venne distrutto. Uccisi i giovani Padawan del tempio: erano solo dei bambini. Palpatine fece eseguire l’ordine 66 e così l’ordine dei Jedi era quasi del tutto estinto. Mi recai su Mustafar e posi fine alle guerre dei cloni. Vidi la nave di Padmé. Le andai in contro. Seppi da lei che Obi Wan sapeva tutto su noi due. Disse a Padmé che ero passato al lato oscuro, che avevo ucciso dei bambini. L’amore non poteva salvarla, solo i poteri che avevo acquisito con il lato oscuro potevano farlo. Ero passato al lato oscuro per salvarla, ma disse che non poteva seguire la mia strada. Obi Wan la mise contro di me. Io portai pace, libertà, giustizia e sicurezza nel mio nuovo impero galattico. Se lui non era con me allora era mio nemico. Confidavo nei miei poteri quando iniziammo lo scontro. Mio malgrado lui vinse. Mi mutilò braccia e gambe. Io presi fuoco a causa della lava limitrofa. La mia anima però bruciava più della mia carne. La mia sconfitta fu la vittoria di Obi Wan e la sconfitta di Obi Wan fu la mia vittoria. Lui non mi uccise, mi lasciò al volere della forza. Non mancò molto tempo che Palpatine mi trovò. Mi trasportò in una capsula medica fino all’ospedale. Lì mi curarono e mi fornirono l’armatura che mi ha permesso di vivere per altri vent’anni. Chiesi a Palpatine se Padmé stesse bene, ma disse che la uccisi nella mia ira. Io non potevo averla uccisa, lei era viva, lo sentivo. Palpatine mi promise che poteva salvarla dalla morte. L’unico motivo che mi avvicinò al lato oscuro ora non esisteva più e io non potevo che rimanere fedele al mio cristallo Kyber scarlatto. Per molti anni odiai con tutto me stesso l’armatura. Era sì il mio unico supporto vitale, mi forniva ossigeno, medicinali, nutrienti e degli arti cibernetici, ma era anche la mia prigione. Mi provocava dei dolori lancinanti nei movimenti. Persi il senso del tatto, dell’olfatto, del gusto, la mia voce era ridotta ad un flebile bisbiglio amplificato meccanicamente dal mio elmo. La mia vista e il mio udito vennero distorti, fino a non essere più umani. Vidi andar via la possibilità di avere una prole e mio figlio era morto per causa mia. Un giorno avvertii una grossa interferenza nella forza: un giovane ribelle, che in seguito ha distrutto la Morte Nera. Il suo nome era Luke Skywalker. Era sensibile alla forza. Aveva pressapoco l’età di mio figlio se fosse stato vivo. I miei sospetti però divennero più forti quando vidi che possedeva la spada laser celeste che persi durante lo scontro con Obi Wan. In seguito l’imperatore mi disse che il ragazzo che distrusse la morte nera era figlio di Anakin Skywalker. Non potevo crederci, come era possibile? Per oltre vent’anni vissi nella menzogna. Tentai di portarlo al lato oscuro. Lui avvertì il conflitto che era in me tra il lato chiaro e il lato oscuro della forza. Da lui avvertii che aveva una sorella gemella. Obi Wan fu saggio a nasconderla a me. Il suo fallimento a quel punto era completo. L’imperatore voleva un nuovo apprendista e vedendo che mio figlio non voleva convertirsi al lato oscuro della forza tentò di ucciderlo davanti ai miei occhi. Lui e sua sorella erano gli unici eredi del nome Skywalker. Non potevo far uccidere Luke. Finalmente potevo fare per mio figlio ciò che non avevo potuto fare per mia madre e mia moglie: il motivo per cui ero passato al lato oscuro. Finalmente Anakin Skywalker era pronto a riemergere. Così presi l’imperatore e lo scaraventai nel reattore della seconda Morte Nera. I fulmini della forza di Palpatine crearono cortocircuito con la mia armatura, danneggiandola irreversibilmente, ma in quel momento il lord oscuro dei Sith, Darth Veder, morì. Finalmente avverai la profezia del prescelto che avrebbe portato equilibrio nella forza. Mi sacrificai per l’alleanza. Chiesi a Luke un unico desiderio, quello di togliermi la maschera per vederlo finalmente con i miei veri occhi. Mentre Luke toglieva quello che era il mio unico supporto vitale provai paura. Avevo paura di permettere a mio foglio di vedermi, vedere com’ero davvero, vedere chi potesse essere diventato tanto oscuro, contorto, malvagio; paura di essere privo maschera corazzata che per tanto tempo si era interposta fra me e lui, e che per oltre vent’anni era stata il mio solo mezzo di sopravvivenza: fu la mia voce, il mio respiro e la mia invisibilità, il mio solo scudo contro ogni contatto umano. Però Luke la stava rimuovendo, stavo per vedere parte di me e parte di Padmè. In quel momento mi stavano pervadendo molti ricordi. Pensai anche all’amicizia con Obi Wan e come si era trasformata. Dopo anni il mio volto pallido, anziano e benevolo sfiorò la luce del sole. Negli occhi di mio figlio si leggeva la paura, ma anche la benevolenza di chi sapeva da tempo che in Darth Veder esisteva ancora Anakin Skywalker, suo padre, che in me ci fosse ancora del buono. Ero pieno di rammarico, vergogna e tanti ricordi, ricordi di tempi fecondi, di amore, ma anche di orrori, paura e odio. Con voce flebile, con le lacrime agli occhi e un sorriso in volto, prima di morire, dissi a Luke che noi eravamo fatti di luce, di pace, di speranza, di benevolenza, non di questa materia grezza, dissi che aveva ragione nei miei riguardi, e lo rassicurai dicendo che mi aveva appena salvato, salvato dall’oscurità che per anni mi aveva divorato, prima di unirmi ai fantasmi della forza di Yoda ed Obi Wan. Posso dire di essere morto per una giusta causa, per la ribellione. Lunga vita all’alleanza.