Come c’era da aspettarsi la rinegoziazione del debito greco, lo swap in gergo tecnico finanziario, è andata a buon fine con una percentuale di adesioni che ha sfiorato l’86%, numeri sufficienti a permettere al governo di Atene di rimodulare il suo debito, che era arrivato al 160% in rapporto al Pil, e di ottenere una nuova tranche di aiuti da parte della Troika (Ue, Fmi e Bce) pari a 130 miliardi di euro.
L’accordo nello specifico prevedeva che, nel caso di adesioni tra il 75% ed il 90% Atene si riservava la possibilità di procedere unilateralmente alla conversione tra vecchi e nuovi titoli del debito greco con una scadenza più lunga.
Soddisfatti del successo ottenuto l’Unione Europea, il Ministro delle Finanze ellenico Venizelos, che potrà in tal modo ridare una boccata d’ossigeno alle asfittiche casse pubbliche elleniche, e la comunità finanziaria, che ha visto ridimensionarsi drasticamente la probabilità d’insolvenza dello stato greco (il default tecnico previsto da Fitch con l’attribuzione del rating C non cambia in maniera sostanziale la situazione attuale).
Al concretizzarsi dell’accordo, a metà settimana scorsa, i listini che hanno beneficiato maggiormente della rinegoziazione sono stati quello di Francoforte e di Parigi con guadagni superiori al 2,5% grazie alle buone performance dei bancari: erano proprio gli istituti di credito francesi e tedeschi a detenere la gran parte del debito greco, e avrebbero retto con difficoltà lo tsunami finanziario conseguente ad un default di Atene.
La vicenda greca, seppur ancora in maniera non definitiva, può essere archiviata più o meno positivamente a seconda degli attori entrati in gioco.
Senz’altro può dirsi conclusa in maniera positiva per agenzie di rating e banche d’affari, per i politici greci e le banche commerciali.
Le agenzie di rating e le banche d’affari perché hanno certificato in maniera più o meno consapevole i dati di bilancio truccati e gonfiati da parte del governo di Atene e hanno speculato sui loro titoli di stato e bond, sui quali hanno guadagnato senza esporsi in maniera diretta.
I politici greci che, dopo anni di malgoverno e di modifica dei dati di bilancio pubblici per entrare nell’area Euro ed ottenere fiducia sulla scena internazionale, hanno condotto il paese sul lastrico. Con questo piano di conversione del debito hanno il vantaggio di ritrovarsi dimezzato il debito pubblico a dispetto delle altre nazioni dell’eurozona più virtuose che sono alle prese con delle manovre finanziarie per la riduzione del loro stock di debito, in primis il Portogallo
Le banche commerciali che, seppur hanno perso parte del controvalore delle obbligazioni greche detenute in portafoglio a seguito dello swap, hanno potuto attingere alla liquidità loro concessa dalla Bce all’1% che gli ha permesso di reperire la liquidità necessaria ad un costo molto bassa scongiurando la minaccia della stretta del credito.
Non può dirsi lo stesso, purtroppo, per altri attori che si ritrovano a subire le conseguenze del ripianamento del debito greco.
I risparmiatori privati, che si sono trovati dall’oggi al domani dei titoli in portafoglio drasticamente ridotti nel loro controvalore (oltre il 50%), con scadenze allungate e riduzione del flusso cedolare
I cittadini greci alle prese con continui tagli alla spesa sociale ed un livello di tassazione tra i più elevati dell’Unione Europea. Un paese allo stremo dove, in una sola parola, è stata quasi del tutto annientata la classe media in poco meno di cinque anni e lo stato sociale è stato fortemente compromesso.
I cittadini europei che, loro malgrado, dovranno pagare più tasse per contribuire, attraverso i loro Stati, ad un ulteriore potenziamento del Fondo Salva Stati Europeo, necessario a fornire uno stock di liquidità e di garanzie maggiori in caso di una prossima crisi del debito sovrano dei paesi membri Ue.