“Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri
Cuori ‘’,in questo nostro tempo segnato dalla disinformazione è importante il messaggio che Papa Francesco ha lasciato ai giornalisti,nella consapevolezza di quanto sia necessario il lavoro di giornalisti e comunicatori,una missione. «Essere giornalista è una vocazione, un po’ come quella del medico, che sceglie di amare l’umanità curandone le malattie. Così, in un certo senso, fa il giornalista, che sceglie di toccare con mano le ferite della società e del mondo». «Necessità di coltivare un amore incondizionato alla verità».“Troppo spesso oggi la comunicazione non genera speranza, ma paura e disperazione,pregiudizio e rancore, fanatismo e addirittura odio”, disse papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale delleComunicazioni Sociali. “Troppe volte essa semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire”. “Ho già ribadito più volte la necessità di ‘disarmare’ la comunicazione, di purificarla dall’aggressività”, “non porta mai buoni frutti ridurre la realtà a slogan”.“Vediamo tutti come dai talk show televisivi alle guerre verbali sui social media , rischi di prevalere il paradigma della competizione, della contrapposizione, della volontà di dominio e di possesso, della manipolazione dell’opinione pubblica”. Inoltre “c’è anche un altro fenomeno preoccupante: quello che potremmo definire della ‘dispersione programmata dell’attenzione’ attraverso i sistemi digitali, che, profilandoci secondo le logiche del mercato,modificano la nostra percezione della realtà”.“Succede così che assistiamo, spesso impotenti, a una sorta di atomizzazione degli interessi, e questo finisce per minare le basi del nostro essere comunità, la capacità di lavorare insieme per un bene comune, di ascoltarci, di comprendere le ragioni dell’altro”. “Sembra allora che individuare un ‘nemico’ contro cui scagliarsi verbalmente sia indispensabile per affermare sé stessi. E quando l’altro diventa ‘nemico’, quando si oscurano il suo volto e la sua dignità per schernirlo e deriderlo, viene meno anche la possibilità di generare speranza”. “Non possiamo arrenderci a questa logica.Sperare, in realtà, non è affatto facile”: “La speranza è una virtù nascosta, tenace e paziente. Tuttavia, per i cristiani sperare non è una scelta opzionale, ma una condizione imprescindibile”. “La comunicazione dei cristiani – ma direi anche la comunicazione in generale – dovrebbe essere intessuta di mitezza, di prossimità: lo stile dei compagni di strada, seguendo il più grande Comunicatore di tutti i tempi, Gesù di Nazaret, che lungo la strada dialogava con i due discepoli di Emmaus facendo ardere il loro cuore per come interpretava gli avvenimenti alla luce delle Scritture”. Sogno per questo una comunicazione che sappia renderci compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato. Una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia; capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza
anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri”.“Una comunicazione” , “che ci aiuti a riconoscere la dignità di ogni essere umano e prenderci cura insieme della nostra casa comune’. Sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure,ma sia in grado di dare ragioni per sperare”. “Per fare ciò dobbiamo guarire dalle ‘malattie’ del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso, il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate.
Il messaggio di Papa Francesco che ha lasciato ai giornalisti:Comunicare aiuta a diventare ‘pellegrini di speranza’, come recita il motto del Giubileo”.
