Aldo Bianchini
SALERNO – La data del 14 aprile 2025 passerà alla storia come quella dedicata al perenne ricordo del compianto procuratore della repubblica di Salerno barbaramente, e senza ragione alcuna, ucciso da un manipolo di “furiosi e benestanti idioti”, classificati come componenti della “colonna Fabrizio Pelli” delle brigate rosse, figli deviati di quella Salerno bene che li ha, poi, occultati e protetti nel suo ventre diabolico capace di resistere anche alle inchieste giudiziarie più temerarie. Anche se, ad onor del vero quella sull’uccisione di Giacumbi non fu neppure un’inchiesta temeraria.
Quello era il momento giusto per incidere con un bisturi nella carne viva e profonda di un città profondamente corrotta sia nella morale che nella sua immagine pubblica mostrava altezzosamente la sua vera faccia: “… con la forza della protervia dei fatti come l’abbandono di ogni principio morale il disprezzo verso i valori fondamentali della vita associativa, il miope egoismo che tutto subordina al tornaconto personale siano ampiamente diffusi, sovente elevati a sistema di vita e tendenzialmente suscettibili di attentare alla stessa sopravvivenza dello stato di diritto, non meno di fenomeni delinquenziali assai più appariscenti ed eclatanti …” (fonte ordinanza giudiziaria del 21.09.1992 firmata dl gip Mariano De Luca).
Pochi furono colpiti da provvedimenti giudiziari, altri ben più coperti dalle spire velenose della città sopra descritta riuscirono a cavarsela; quelli colpiti erano soltanto fanatici convinti di poter arrivare fino ad uccidere; gli altri, sciacalli e figli di alcune grandi famiglie, erano i veri rivoluzionari dei quali la stessa magistratura si servì negli anni ’90 per rivoltare la città come un calzino.
Una sorta di inversione di paradigma che partendo proprio dall’uccisione di Nicola Giacumbi cercò di dare un volto nuovo alla città cambiando soltanto alcuni nomi del potere politico, ma che nella sostanza mantenne le veri grandi famiglie ai vertici del potere economico ed assoluto.
Ecco perché scrivo spesso che la storia dell’uccisione di Giacumbi è ancora tutta da scrivere; sono già passati oltre 45 anni dal quel fatale 16 marzo 1980 ma la verità non riesce ancora a decollare.
Grazie, però, alla tenace e persistente azione dell’ex magistrato Carlo Correra (ora avvocato di vaglia) abbiamo avuto non l’installazione di un “cartellone pubblicitario”, messo lì in un’aiuola, a metà strada tra l’ingresso dell’ex tribunale e l’abitazione del compianto magistrato; ma un cartellone che nella sua semplice ed umile apparenza è, invece, come un pugno nello stomaco per tutti i viandanti che non sanno o che fanno finta di non sapere.
Poteva essere eretto un busto o una statuina, ma sarebbero passati nell’indifferenza generale di noi che da sempre siamo inondati di busti e statuine; lì in quel luogo, in quella aiuola, la nostra curiosità sarà attratta e leggendo ricorderemo, capiremo e rimpiangeremo di non aver fatto tutto quello che all’epoca potevamo fare.