Diamo una mission alla parola cultura!

 

dal prof. Nicola Femminella (scrittore – giornalista)

Ritengo che anche le parole vivano una stagione per poi sparire nel buio oppure ritornare, dopo una breve intermittenza, per compiere un’altra comparsa e poi un’altra ancora, senza produrre boccioli e fiori profumati. Una di queste è “cultura”.  L’ho citata già qualche anno addietro a significare che è diventata una sorta di moda ricorrente. Anche nei nostri territori, a sud di Salerno, da alcuni anni essa torna per reiterare un rito gradito e vezzoso. E la si ripete specie nei convegni organizzati dalle agenzie, in qualche modo abilitate a indicare mezzi e percorsi, per introdurre iniziative e progetti atti a smuovere verso l’alto il livello socio-economico delle comunità. La cultura è traino per promuovere ricchezza e occupazione specie nel sud!  E noi dobbiamo saperla proporre per incentivare la vocazione turistica dei nostri luoghi! Si afferma a voce alta. È difficile citare altre parole che nel passato erano frequenti: sviluppo economico, incremento dell’occupazione, opere pubbliche, cambiamento, programmi, impegni, ecc. La crisi economica e la mancanza di risorse finanziarie le ha spazzate via. Si erano aperti gli animi ai fondi del PNRR che si dovevano mettere in circolo e portare ossigeno ai bisogni esanimi,  giacenti sulla sabbia. Anch’essi smarriti in aree lontane e poco inclini a dirigersi verso le zone interne più bisognose e in perenne attese di Godot o quelle immerse nel torpore della povertà persistente. Si afferma sempre più l’immobilismo narcotizzato, nelle circostanze peggiori, dalle promesse impudenti e dalla demagogia irriverente. E la questione meridionale continua a dettare il suo dominio anche nelle nostre zone con il torpore consolidato.

È utile oggi, nei nostri quattro comprensori a sud della foce del fiume Sele, proporre la cultura intesa come azione virtuosa, per promuovere sul territorio realtà più avanzate sul piano sociale ed economico? E la si rende indispensabile per metterla al servizio dello sviluppo del territorio, soprattutto nel settore turistico?

La mia risposta è positiva se la si incarna in una politica di progettualità articolata e concreta, fatta di iniziative e moduli perseguibili. Se la si riesce a innestare in una assunzione di responsabilità da parte degli amministratori locali che in primis sono chiamati a trasmetterla nelle comunità. Urgono strategie fondate sullo studio e utilizzo della risorse possedute, la costruzione di obiettivi possibili, la partecipazione e la condivisione tra persone interessate, affinché il tutto diventi azione comune e unitaria.

Si può provare, senza la certezza che gli obiettivi ipotizzati possano essere assicurati o raggiunti del tutto. Possono diventare, però, doveri imprescindibili alla luce di un voto ricevuto o di un impegno assunto pubblicamente con la comunità da altri soggetti sociali o da individui singoli.

Cominciamo col dire che i nostri comprensori hanno tutti un trascorso storico e uno spessore culturale in grado di illuminare e ispirare le attività nei vari settori produttivi. Non c’è dubbio. È noto e può negarlo, solamente chi non ne conosce i percorsi tracciati da coloro che, a partire dalle epoche della preistoria, li hanno abitati. Senza alcuna interruzione finanche quando le condizioni climatiche delle glaciazioni non erano idonee per garantire l’insediamento umano. Nei nostri borghi il faro della cultura storica si è acceso luminoso nel passato e ha lasciato terreni fertili. Ne danno testimonianza Paestum con la sua colossale architettura greca, nota al mondo; Velia per la ricerca scientifica e filosofica; la Certosa di Padula con la sua magnificenza e opulenza, città fatta di imprenditorie molteplici e produzione di beni tra le sue mura. E ancora: l’epoca lucana con l’organizzazione politica del territorio interregionale sul quale aveva creato il suo dominio, non senza un riguardo per l’arte, come si nota nei suoi due antiquarium di Roccagloriosa e nel museo di Buccino.  I monaci italo-greci che qui si fermarono e incrementarono le arti e i mestieri, le colture agricole e gli allevamenti, insieme alla cura dello spirito. Le propaggini feudali della casata dei Sanseverini che scrissero pagine luminose di storia e si prodigarono per edificare, dalle zone costiere a quelle interne, chiese, conventi, castelli, strade e luoghi di accoglienza per i bisognosi, provando finanche a istituire a sud di Salerno una signoria autonoma dalla Corona di Napoli. E non è cultura l’integrazione di milioni di nostri emigranti nei paesi delle due Americhe e in quelli europei, il loro coraggio, lo spirito imprenditoriale, la capacità di tessere interazioni e integrarsi con altri popoli in modo esemplare? Beh, di cultura ne abbiamo da vendere e alla sua… abbondanza certamente ha pensato il quotidiano The Guardian che nei giorni scorsi ha citato il Cilento come meta da visitare.

E allora ricordare il passato per adagiarsi su di esso? Vivere nel suo alone come spesso si fa per la dieta mediterranea che tanto ricorre? Ribadire talune pratiche del passato a cui ho fatto cenno, come  l’emigrazione? Rassegnarsi a partire come fanno molti nostri ragazzi laureati e diplomati? Oppure sui lasciti e impronte della cultura, sulle risorse di una natura generosa, di un paesaggio stupendo fondare il presente e il futuro delle giovani generazioni?

Ritengo che non dimenticare il passato sia intento virtuoso, a patto però che si distingua e si faccia uno scarto delle vicende e dei comportamenti negativi che non hanno alcun impatto con i tempi che viviamo.  Né sono da ripetere gli errori che nel passato hanno pesato sulla nostra esistenza, tutti confluiti nel vasto campus di un mezzogiorno piegato su se stesso e incapace di cambiare passo. Le opere incomplete, lo spreco di danaro pubblico, le cattedrali nel deserto, i ritardi ingiustificati, la celebrazione dell’effimero, le negligenze colpevoli non sono più proponibili.   È tempo di cambiare: individuare e ritrovare le azioni vigorose e proficue del passato, lo splendore delle giacenze storiche e culturali sedimentate sui nostri comprensori, sottoporre le risorse a studi ed analisi approfonditi per individuare quelle ispirazioni che richiedono i tempi attuali. Scelte rigorose e impegni da mantenere sono condizioni primarie da porre in campo e da cui partire. Ecco potrebbe essere questa l’azione precipua di coloro che si propongono per il governo istituzionale della res publica.

 

 

 

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