Aldo Bianchini
SALERNO – monte di ogni dibattito ci sono sempre almeno due linee di pensiero ed un retropensiero, figurarsi come su ogni dibattito possa essere raggiunta in breve tempo un’assoluta concordanza; giammai.
Sull’opera faraonica della Porta Ovest si può e si deve concordare soltanto sul fatto che l’opera in se è faraonica. Punto.
Quando però si scende sul terreno insidioso dell’utilità della predetta opera nel contesto assai carente della viabilità cittadine e provinciale c’è un grosso problema che diventa sempre più insidioso sul terreno assai scivoloso della mancanza di infrastrutture che in parte ho citato nel precedente articolo, nel contesto del quale ho parlato del “porto morto”.
Mi ricordava la dott.ssa L. S. M. esperta di problemi logistici legati alla gestione dei porti che il nostro porto commerciale, se non trova la giusta espansione in un retroporto, (che per ragioni logistiche non può essere creato dove naturalmente dovrebbe sorgere, cioè nella zona adiacente il porto e sappiamo tutti che lì non è possibile) è destinato se non a morire a perdere gran parte della sua capacità commerciale nel giro di pochi anni.
Prima di passare alla pubblicazione del lungo approfondimento dell’ammiraglio ingegnere Gaetano Perillo è giusto ricordare a tutti negli anni ’60 a causa di una politica scellerata e più impegnata nella colata di cemento che a creare le infrastrutture per il futuro della città. Per ampliare un pochino il portò riuscì a smantellare tutti i lidi per la balneazione (molto diversi e più caratteristici di quelli creati ad est della città) pur di non delocalizzare un porto che poteva, invece, essere destinato soltanto a “porto turistico” opera farlo diventare presto il più grande del Mediterraneo.
Oggi, sempre la politica, se non segue i consigli dell’amm. Perillo e non dà vita ad un allargato dibattito rischia seriamente di fare gli stessi errori/orrori del passato.
Amm. Ing. Gaetano Perillo
Oggetto: Posta Ovest: è ancora utile per un porto morto?
Il titolo dell’Editoriale del 19.02.2025 del direttore Bianchini fa sorgere un interrogativo incentrato su due linee di pensiero purtroppo molto allarmanti. Sembra cioè che:
- si insinui un preoccupante dubbio sull’utilità della Porta Ovest;
- prenda piede il sospetto che il porto commerciale sia avviato su un binario morto (fra l’altro, non ne avrebbe neanche la … possibilità, visto che nei tanti anni trascorsi dal suo potenziamento nessun responsabile del settore ha avvertito la necessità di attrezzare il rinnovato scalo portuale con un sistema ferroviario di diretto collegamento con le grandi linee nazionali ed europee, come invece si stava o si sta programmando, con maggiore lungimiranza, in altre sedi, vedasi Taranto, Gioia Tauro, Trieste, Civitavecchia, Ravenna, Livorno, Napoli, Genova, Savona, Marsiglia, Valencia, eccetera. (fonte: ETrasporti Europa).
Ovviamente c’è da augurarsi che nessuna delle due suddette evenienze, decisamente infauste. possa o debba verificarsi.
Tuttavia, non occorre il senno di poi per affermare che, fin da quando venne ideata e programmata la realizzazione delle infrastrutture in oggetto, sia sempre mancata una vera capacità di intravedere se le stesse, nel loro assetto finale, sarebbero state realisticamente in grado di fornire una efficace, efficiente e funzionale operatività.
Ha inciso la mancanza di un valido “brainstorming” per far fronte alle oggettive difficoltà date dalla posizione non proprio ottimale dello scalo. Non c’è stata una reale capacità di individuare le opzioni idonee per le infrastrutture al contorno, (soprattutto aree retroportuali e sistemi di collegamenti viari e su rotaie), quando invece le richieste del mercato esigevano il più rapido smaltimento possibile delle merci in transito. Queste infatti andavano assumendo volumi sempre crescenti man mano che venivano potenziate le strutture ricettive a mare (banchine, moli, fondali, gru e mezzi di sollevamento, ecc.).
Allo stato dei fatti, sono ora più che pertinenti le domande che si pone il Direttore, su cui peraltro anche io in passato ho spesso sollevato ripetuti warnings, e cioè: a) dove sorgerà la vera area retroportuale, b) come saranno collegati gli sbocchi delle due gallerie con l’area Cernicchiara, c) come dagli stessi si potrà accedere agli svincoli autostradali, d) quale sarà l’impatto e come verrà regolata la disciplina del traffico cittadino in una zona già ora
di difficile gestione.
Esistono quindi dubbi e perplessità su quale sarà la configurazione definitiva delle infrastrutture di servizio per il porto commerciale, specie nell’ottica del ricordato piano di “riammagliamento stradale provinciale”, componente fondamentale di quel famoso “sogno urbanistico” ideato tanti anni fa da politici e tecnici illuminati, ma non concretizzato per i motivi e per le determinanti responsabilità giustamente ricordate dal Direttore.
Invero, si trattava di un insieme di opere di alto valore aggiunto e di notevole impegno economico e finanziario. Ignoro se all’epoca esistesse uno strumento assimilabile all’attuale PNRR che ne consentisse la necessaria copertura!!
Sta di fatto che, fra gli interventi rimasti al palo, ancora permane l’imbuto che collega la CE-SA con la SA-RC. Occorre bypassare la strettoia di Fratte, ma non si è realizzato il traforo da Mercato San Severino ad Eboli, e neppure si avviano azioni concrete per allargare a tre corsie il tratto di superstrada SA-AV che fa da raccordo fra le suddette due autostrade.
Un discorso a parte merita la tanto dibattuta delocalizzazione del porto commerciale di cui tuttora esistono convinti assertori. Si può immaginare che all’epoca, pur con le prevedibili difficoltà e opposizioni (si andava ad operare in casa altrui!!), si sarebbe comunque potuto trovare un assetto consono con le vocazioni di sviluppo economico/sociale dell’epoca, proprie di quei territori situati nelle aree immediatamente a sud di Salerno.
Ora invece, dopo vari decenni, molti orientamenti programmatici sono cambiati e in particolare le fasce litoranee vengono prevalentemente adibite ad uso turistico-alberghiero, con destinazioni d’uso quindi incompatibili con l’insediamento di uno scalo portuale, invasivo con moli e banchine sul mare e penalizzante in terraferma per aree retroportuali e vie di comunicazioni su strada e su ferro. Senza contare inoltre i notevoli oneri economici e l’incidenza dei tempi occorrenti per la realizzazione di un simile progetto.
Il porto è rimasto quindi nel suo sito originario individuato in epoca medievale. Forse allora il costone retrostante non rendeva evidente che col tempo sarebbe diventato condizionante per la futura crescita dei connessi servizi portuali.
Comunque, tornando ora alle opere al contorno, fatte o non fatte man mano che procedeva il potenziamento di moli banchine ed altro, va riconosciuto per onestà intellettuale l’inopportunità di alcune decisioni prese nel corso degli anni, quali ad esempio la costruzione del Viadotto A.Gatto (con tutte le note problematiche che tuttora crea) oppure il prolungato mantenimento in esercizio del collegamento ferroviario su percorso cittadino, con un utilizzo sempre crescente dell’unico binario disponibile, situato però proprio sul lungomare buono della città. Soluzione apparsa alla lunga insostenibile, tanto che ne fu decretata la soppressione, pur in assenza di una linea ferrata sostitutiva.
Le suddette due decisioni, entrambe fuorvianti, distolsero così dalla volontà di esplorare e valutare per tempo soluzioni alternative.
La stessa Porta Ovest, concepita su un percorso in galleria con un orientamento non valutato con sufficiente approfondimento (ed ora se ne stanno evidenziando i limiti), a mio parere ha rappresentato una variante non ottimale – ai fini del superamento del costone retroportuale – se confrontata con l’altra mia ipotesi progettuale, di oltre due decenni fà, che prevedeva trafori ad uso multimodale in direzione verso l’agro nocerino-sarnese, mentre la soluzione adottata, in mancanza della servitù di una linea ferrata dedicata, potrà assicurare nella migliore delle ipotesi solo un unico sistema di interconnessione del porto con i territori retrostanti.
A tal proposito trovai sorprendente e lo sono tuttora avendo ascoltato nuovamente l’intervista del 2013 al Presidente Annunziata sotto le volte di una galleria della Porta Ovest. Allora egli giudicò non necessario il collegamento ferroviario a servizio del porto, eccependo che la strategia nazionale dei trasporti marittimi ne prevedeva un impiego minimale e solo per determinate tratte chilometriche dei percorsi da coprire, tenuto conto delle distanze che intercorrono fra i porti italiani. Peccato che altrove, in Italia e all’estero, abbiano seguito un diverso orientamento, creando nuove infrastrutture ferroviarie o potenziando quelle esistenti, e conseguentemente hanno potuto evidenziare crescenti volumi di merci trasportate su ferro, dopo aver attivato o incrementato politiche di interscambio con nuove destinazioni, italiane e su scala internazionale. (fonte: ETrasporti Europa).
In tale quadro di situazione, Salerno rimane purtroppo tagliata fuori – e quindi in una posizione marginale – rispetto al Corridoio 5 del network TEN-T, la Rete di Trasporti Transeuropea che unirà il Sud Italia con le lontane regioni nordiche del continente.
Si comprende quindi perché, nonostante la prossima apertura – ancorché incerta – di Porta Ovest, continui a serpeggiare un senso di sfiducia verso l’intera operazione di potenziamento del porto commerciale avviata da anni. Addirittura si avanzano proposte per riqualificare lo scalo come un avveniristico porto turistico, previo spostamento altrove delle attuali funzioni di infrastruttura ad uso commerciale.
Non credo tuttavia che debba prevalere una visione, per così dire, statica del problema.
Atteso che esistono oggettive difficoltà, tardivamente (??) venute alla luce, di realizzare la prosecuzione di Porta Ovest verso le sovrastanti aree degli accessi alle autostrade dirette a nord e a sud e che un utilizzo intensivo del vallone Cernicchiara, quale piastra logistica retrostante del porto, già desta forti riserve, soprattutto dal punto di vista ambientalistico, si potrebbe avviare uno studio di fattibilità per un progetto di nuova viabilità mirato a:
- creare un agevole raccordo dell’uscita a monte di Porta Ovest in direzione dell’area Cernicchiara che non interferisca con la viabilità dedicata al traffico cittadino;
- evitare di operare ulteriori stravolgimenti di detta area e adibirla solo a funzioni di transito e soste di breve durata;
- individuare un percorso ottimale, ove occorrente anche con tratti in galleria, per costruire una bretella stradale a doppio senso di marcia, che consenta un rapido collegamento con la Caserta-Salerno in prossimità dello svincolo di Mercato San Severino.
Ovviamente, il tutto integrato da una attenta valutazione dei seguenti elementi:
- implicazioni economico-finanziarie e dei costi occorrenti per una siffatta variante;
- tempistica per le autorizzazioni di rito;
- durata stimata per avvio e completamento dell’opera;
- impatto ambientale sul territorio;
- scorrevolezza del tracciato e transit time per coprire in condizioni normali il tragitto porto/accessi autostradali e viceversa.
Il confronto comparativo per singolo item delle due configurazioni nelle loro diverse versioni potrebbe fornire indicazioni concrete per le conseguenti decisioni da assumere.
in ogni caso, è da scongiurare una Porta Ovest che non consenta ai tir di raggiungere agevolmente le autostrade e conseguentemente prolungare l’utilizzo sine die del Viadotto Alfonso Gatto!!
F.to: Amm. ing. Gaetano Perillo