CAVA de’ TIRRENI: il verminaio cresciuto all’ombra di “mi manda zi ‘ndantuccio”

 

Aldo Bianchini

CAVA de’ TIRRENI – Purtroppo è proprio così, su quel fetido verminaio di Cava de’ Tirreni aleggia ancora il famigerato detto “mi manda zi ‘ndantuccio” (drammatica allusione allo storico e malavitoso “clan Zullo” che a Cava per decenni e da decenni la fa da padrone, senza dimenticare quello denominato “Bisogno”.

Non tanto e non solo perché nelle ultime ore all’attuale sindaco dr. Vincenzo Servalli (PD, Socialista o altro ?, non si è ancora ben capito !!) sarebbe stato notificato (insieme ad alcuni altri dirigenti del Comune) il fatidico avviso di garanzia che altro non è se non l’avvertimento alla persona che su di lui sta indagando la Procura della Repubblica (notizia eclatata dal quotidiano online “ulisseonline.it” ed in parte riciclata anche da altri quotidiani, ivi compreso “Il Mattino” pur se con sfumature diverse); una notizia ovviamente seccamente smentita da non meglio identificati suggeritori del Comune con spifferi nauseabondi provenienti comunque dal verminaio.

Il problema, però, non è l’eventuale avviso di garanzia per il sindaco di oggi ed altri, non è neppure soltanto il CIF (Consorzio Intercomunale Farmaceutico) da quale sarebbe partita l’inchiesta giudiziaria che sta travolgendo l’amministrazione comunale cavese (e non è la prima volta !!) o addirittura le trame devastanti seminate dai clan-Zullo-Bisogno e resistenti ad ogni tipo di terapia intensiva; il problema è innanzitutto di natura politica e nasce, partendo da molto lontano, fin dai tempi della famosa “epoca d’oro” del prof. Eugenio Abbro (D.C. sui generis !!) e passando lungo tutta “l’epoca di decadenza” degli anni del sindacato del dr. Raffaele Fiorillo (P.D. radicale) in cui nacquero e proliferarono i diversi orticelli di potere, in armi tra loro per la conquista di tutti gli affari che transitano sotto le “forche caudine” metelliane all’ombra di quella mitica e/o malefica “pergamena bianca” (concessa dal re di Napoli Ferdinando 1° alla “citta della Cava nel 1460) della quale, ancora oggi, se ne favoleggia l’esistenza.

Il cosiddetto “verminaio” di Cava de’ Tirreni nasce, come svelato tempo fa dal dr. Pasquale Petrillo (editore, politico e giornalista, e capo staff del sindaco Messina) attraverso il giornale “Ulisseonline.it” che dirige da sempre, tra i crepuscoli dell’era Fiorillo e le lotte di cui prima e l’avvento della “new age messiniana” in quel 2001 carico di promesse da nuova frontiera con il passaggio del potere dalla sinistra al centro destra che in parte raccoglieva l’eredità del prof Abbro del quale Alfredo Messina era stato uno dei principali e influenti collaboratori.

PER QUELLA FIRMA IN PIU’ – Con l’avv. Alfredo Messina, almeno inizialmente, sembrò che le guerre intestine per la conquista del potere si fossero fermate, quantomeno normalizzate, e che l’epoca d’oro di Abbro (o almeno una parte di essa) potesse ritornare per far rifiorire la splendida città metelliana. Non andò così e il verminaio, grazie alla “talpa”, ancora oggi ben infossata sotto il terreno del verminaio, tracimò dal liquame ed inondò la pubblica amministrazione metelliana in una escalation senza precedenti con morti e feriti. Tutto cominciò, però, da      quella firma in più per far decadere Messina; quella firma di Giovanni Baldi (medico e politico stimato) che forse mai avrebbe dovuto metterla in calce a quel documento dannato e dannoso dinanzi al solito notaio per la benedizione finale dell’avvocato del Comune. Una firma che a conti fatti costò carissimo anche a lui.

MORTI e FERITI – L’elenco dei caduti a causa di questa lunghissima guerra, con sicure infiltrazioni malavitose dei clan Zullo e Bisogno, è abbastanza corposo; ricordarli tutti sarebbe un esercizio difficoltoso: Antonio Di Donato, Alfredo Messina, Giovanni Baldi, Mario Pannullo, Enrico Polichetti e Luigi Gravagnuolo, tra i tanti. Ma tutti questi con le loro cadute hanno dato ad altri la possibilità di emergere; soltanto la recentissima caduta di Francesco Sorrentino potrà probabilmente danneggiare tutti quelli che oggi sono ancora in auge e, forse, anche qualcuno del recente passato.

Ma avremo tempo e modo di analizzare tutte le singole posizioni con i prossimi editoriali, nonostante il quadro sia decisamente complesso.

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