Aldo Bianchini
SCAFATI – “ALIBERTI: il sopravvissuto … personaggio dell’anno 2024 e le sconcertanti rivelazioni di Falanga”, questo il titolo dell’editoriale a mia firma del 17 gennaio scorso che, come spesso accade, ha dato la stura ad una serie di commenti e supposizioni che vanno molto al di là della semplice affermazione de “… le sconcertanti rivelazioni di Falanga”. Un’affermazione che va letta soltanto sotto un profilo letterale e non sensazionalistico (come qualcuno ha voluto far intendere) nei confronti dello stimato giornalista Adriano Falanga che credo di non conoscere, ragion per cui mai e poi mai mi sarei permesso di dare un giudizio sul suo articolo nel contesto del quale svela che il segreto istruttorio (tanto declamato dalle Procure) non è altro che un segreto di Pulcinella.
E’ questo il modo di leggere, correttamente, il titolo citato in quanto (senza tanti fronzoli e orpelli giornalistici e sensazionalistici di cui le cronache sono pienissime) la rivelazione giornalistica di Falanga (caso rarissimo nel mondo della stampa ed al cui confronto mi inchino) ha sputtanato l’arrogante atteggiamento di taluni magistrati (PM) che, tenendo i piedi su qualche altro pianeta, negano l’evidenza del fatto che quel segreto istruttorio non è altro che il “segreto di Pulcinella”.
Non godo di entrature speciali nelle Procure di Salerno, Nocera Inferiore e Vallo della Lucania, non ne ho mai avute ma neanche le ho cercate, perché non ho mai rincorso la notizia e non ho mai sostato, quindi, per interminabili ore davanti gli uffici giudiziari; non ho mai avuto neppure entrature con il PM del processo Sarastra (dr. Vincenzo Montemurro) del quale comunque apprezzavo alcune sue intuizioni investigative. La notizia la prendo dalla cronaca e la commento. Punto.
Meno male, dunque, che ci sono giornalisti che pur avendo entrature dimostrano il coraggio di dire la verità, anche se in palese ritardo (sempre che l’articolo di Falanga dal titolo “Sarastra e bolle di sapone” risalga come sembra al novembre 2024, quindi nove anni dopo i fatti svelati), rispetto ad un problema gravissimo come quello della “violazione del segreto istruttorio” che, è bene ribadire, parte sempre e soltanto dalle stanze dei bottoni delle Procura in cui aleggiano gli spiriti invisibili di PM, Avvocati, CTU, Segretari e semplici investigatori; tutti pronti, poi, a schernirsi addebitando ad altri le violazioni continue e quotidiane.
Scrive nel suo articolo del 14 novembre 2024 il giornalista Adriano Falanga: “Era settembre 2015, tra noi cronisti già dalla sera prima era arrivata l’informazione di “tenersi pronti” per la mattina dopo. I fotografi erano già sul posto, sia al Comune che presso alcune residenze eccellenti. Il dispiego di Carabinieri fu massiccio, alla casa comunale varcarono la soglia gli uomini della Dia, accompagnati dall’allora sostituto procuratore della Repubblica. Ricordo bene quel giorno, visto il contesto a dir poco plateale, eravamo tutti convinti fossero in esecuzione degli ordini di custodia cautelare verso politici eccellenti. Era invece la notifica di un avviso di garanzia a cinque protagonisti della vita politica cittadina. Al sindaco, soprattutto, e all’allora consigliere regionale. Iniziava così l’inchiesta Sarastra”.
Se riesco ancora a leggere bene l’italiano devo soltanto prendere atto che quel giorno del lontano settembre del 2015 ci fu una tracimazione della violazione del segreto istruttorio da parte di chi aveva organizzato e doveva mettere in atto il blitz in favore non solo di Falanga ma anche di altri giornalisti e vari fotografi. Dunque siamo di fronte ad una violazione che ha interessato più di due persone complessivamente e, quindi, meritevole di una bella querela collettiva a carico di quelli che hanno violato il segreto istruttorio. Sarà, quindi, sufficiente interrogare tutti i giornalisti ed i fotografi di quel giorno per avere, belle e pronte, le generalità di chi ha commesso un crimine così orrendo (questo dicono sempre i PM) come la violazione del segreto istruttorio.
Il capo della Procura della Repubblica di Salerno, dr. Giuseppe Borrelli, che è anche il capo della DDA, nonché fondatore della “procura new age”, tenga conto di questa rivelazione sconcertante e proceda di conseguenza, almeno per accertare la veridicità dei fatti giornalisticamente denunciati con coraggio.
Non solo, gli consiglierei con umiltà e modestia di creare una figurina ad hoc per lo svelato misfatto e di appenderla con determinazione all’albero di Natale che campeggia in Procura fin dal 7 dicembre 2024.
Anche, se non soprattutto, per non fare come istituzione la figurella di cric, croc e manicangino.