il 56% degli edifici pubblici italiani è energeticamente inefficiente

 

 

 

da Remo Ferrara (giornalista – portavoce Federcepicostruzioni)

 

Il settore edilizio italiano è responsabile del 42% dei consumi energetici e del 18% delle emissioni di gas serra: questo rappresenta sicuramente un punto chiave per la transizione ecologica del nostro Paese. Tuttavia, la situazione degli edifici pubblici in Italia desta ancor più preoccupazioni: il 56% infatti risulta inefficiente dal punto di vista energetico e addirittura uno su quattro è in classe energetica G, la più “energivora” ed inefficiente delle categorie di classificazione.
Una situazione che determina una spesa media annuale di 50 miliardi di euro per consumi termici ed elettrici. Risorse che potrebbero essere convogliate su piano di recupero ed efficientamento, con le conseguenze facilmente immaginabili sull’economia del paese oltre che sulla salubrità degli uffici.
I dati emergono dall’analisi della Community Smart Building di The European House-Ambrosetti, che ha coinvolto istituzioni e operatori del settore. La Community, che punta a supportare i decisori politici nella definizione del nuovo Piano Nazionale per la Riqualificazione Energetica degli Edifici, ha evidenziato la pesantissima incidenza sulla bolletta energetica stigmatizzando l’urgenza di solleciti interventi per l’efficientamento.
La Direttiva UE e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) fissano obiettivi ambiziosi, ma allo stato difficilmente raggiungibili per il nostro Paese, in forte ritardo nella definizione di programmi di intervento: un tasso di riqualificazione del 3% annuo degli edifici pubblici dal 2025 al 2030, nove volte superiore alla media realizzata tra il 2014 e il 2022.
Nonostante i progressi degli ultimi anni (legati quasi esclusivamente agli incentivi fiscali di Superbonus), il tasso di riqualificazione nel 2022 è stato solo dello 0,7%, a causa proprio della mancanza di programmazione, della carenza di competenze tecniche ma anche del sottoutilizzo delle risorse disponibili, con una percentuale di spesa effettiva compresa tra il 4% e il 50% dei fondi stanziati nel periodo 2019-2022.
“Occorre un piano d’interventi organico e strutturato – commenta il presidente di Federcepicostruzioni, Antonio Lombardi – con una tempistica rigorosa ed un adeguato appostamento di risorse, che punti con decisione alla decarbonizzazione degli edifici al fine di raggiungere gli obiettivi imposti dall’UE. Ma occorre anche un programma di sensibilizzazione rivolto ai cittadini sui benefici della riqualificazione smart degli edifici, continuando a sostenere economicamente gli interventi di efficientamento”.
“L’intera gestione del Superbonus – conclude il presidente di Federcepicostruzioni – con una normativa continuamente rivisitata, le pesantissime conseguenze legate alla caotica regolamentazione della cessione dei crediti, l’improvvisa cancellazione delle misure, sono la riprova evidente della mancanza di una programmazione seria e strutturata, che pure, mai come oggi, è sostenuta anche economicamente all’Unione Europea. Occorre una inversione di tendenza che riproponga forme di incentivazione per i privati ma che punti anche alla riqualificazione energetica di uffici pubblici, scuole, ospedali e case circondariali.
I tempi sono maturi anche per una disamina obiettiva sull’impatto economico del Superbonus: si continua a parlare di un “buco in bilancio”, provocato da questa misura, per oltre 115 miliardi che, distribuiti nel quadriennio, dovrebbero equivalere ad un buco solo per il corrente anno di quasi 29 miliardi di euro: eppure di questo dato non vi è straccia nell’ultima legge di bilancio. Anzi nei primi sette mesi di quest’anno, stando ai dati del Ministero per l’Economia e le Finanze, si è registrato un super gettito di 19,2 miliardi, dov’è questo fantomatico buco nelle entrate tributarie provocato dal Superbonus?”.

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