Aldo Bianchini
SALERNO – Dopo il mio editoriale del 16 dicembre scorso dal titolo “OCCUPAZIONE: le inutili ricette politiche !!” ci sono state alcune reazioni al suo contenuto in cui esprimevo il mio pensiero in merito alla procedura dei licenziamenti che, forse, è troppo restrittiva rispetto alla procedura dell’assunzione. E nello stesso articolo esprimevo le mie perplessità sull’azione dell’attuale ministro del lavoro che non riesce a dare una svolta decisiva e innovativa, ben sapendo che da ciò dipende un maggiore libertà sul mercato del lavoro.
Tra le diverse reazioni ho scelto quella che mi è sembrata la più aderente alla tematica trattata ed anche perché è stata espressa da un dirigente medico dell’Ospedale di Pagani, dr. Mario Salucci, che a differenza di tantissimi altri medici non vive su un altro pianeta ma ha ben radicati i piedi per terra e cerca di interessarsi dei problemi di carattere generale che attengono la complessa sfera dello stato sociale.
Dunque il dr. Salucci mi ha scritto: “”Gentile Direttore, per la prima volta non sono riuscito a cogliere l’essenza del suo intervento …… licenzio perché questa persona non mi è più gradita …… che significa? Bisogna tornare ai padroni dei vapori. E le donne? Quelle non gradite, che devono fare? Forse ho capito male. È un tema che meriterebbe qualche spiegazione, almeno per quelli come me. Grazie””.
Sicuramente non si può tornare indietro ai tempi della Fiat di Valletta ma neppure si può rimanere bloccati ai tempi dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 20 maggio 1970) elaborato del mitico Gino Giugni e firmato da Giuseppe Saragat (Presidente della Repubblica).
Lo Statuto, pur se modificato in tante sue parti, rimane di fatto ancora molto vincolato allo scontro politico-sindacale (leggasi art.18) che infiammò tutti gli anni ’60 a causa proprio della conoscenza degli orrori della Fiat/Valletta; ma quel tempo è passato, non c’è più e lo Statuto ha ormai 54 anni di età.
La difficoltà principale di questo Paese la si vede anche per la Carta Costituzionale, fondata essenzialmente sulle negative esperienze del ventennio fascista, che stenta darsi un mossa per una sua doverosa ristrutturazione alla luce dei tempi moderni; la nostra Carta è l’unica al mondo che, per esempio, non contiene mai la parola “sport”; tanto che un senatore della repubblica (Antonio Iannone) è stato indotto a chiedere una modifica strutturale.
Cosa fare ? Bisognerebbe ispirarsi al principio della reciprocità che determina, in pratica, l’assunzione con un patto privato tra datore di lavoro e dipendente dove non esiste alcun tipo di controllo (tranne per grandi imprese con più di 15 dipendenti); non può quindi esistere un profondo solco tra assunzione e licenziamento dove non esiste alcuna marcata tutela del datore di lavoro che ha assunto il dipendente con un patto libero e volontario tra i due.
Tutto questo blocca il mercato del lavoro dal punto di vista della “mobilità” che in questo Paese non è ancora chiara nella sua concezione e passa, nella sua quasi totalità, attraverso l’istituto della disoccupazione (molto costosa sul piano sociale) pur di non modificare visibilmente la pratica della disoccupazione.
E’ assolutamente vero che in questi ultimi tempi, come mi suggerisce la dott.ssa Assunta Pasini di Sapri, la materia del lavoro è stata innovata, a macchia d’olio, tenendo conto delle esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro; ma l’intera impalcatura della legislazione del lavoro è ancora troppo sbilanciata in un solo verso, quello che alla fine consente alla magistratura di fare il bello e il cattivo tempo.