In Australia sono stati appena vietati i social ai minori di 16 anni. Si dice che difficile sarebbe l’applicazione della norma, ma nella legge australiana è valso il principio secondo cui la responsabilità del mancato rispetto della norma è in capo alle aziende; che, in caso di violazione, andrebbero incontro a pesantissime sanzioni, soprattutto economiche.
Nel contempo, negli USA, i magnati proprietari dei social stanno cercando di accreditarsi e d’ingraziarsi Trump e la nuova amministrazione di governo statunitense che verrà. Ovunque, anche in Europa, i social sono sotto accusa e soggetti a nuove e maggiori restrizioni che ne limitano l’operatività.
Perché, per dirla breve, i vantaggi dell’uso non compenserebbero affatto gli svantaggi, derivati e quindi dimostrati, sia a livello di condizione individuale che sociale.
Tutto sommato, si scopre ora che il mondo digitale ha almeno in parte fallito. E il danno è avvertito anche da parte di tutti coloro che finora hanno tratto enormi benefici economici dalla gestazione dell’intera rete artificiale.
Infatti, oltre al fatto che ancora oggi più della metà della popolazione mondiale non ha la possibilità di accedere a internet, perché l’accesso alla rete è impedito o non supportato, sono ancora i governi e quindi la politica a dettare le regole per l’operatività o meno dei sistemi di avanguardia tecnologica.
In un interessante saggio dal titolo “Il crollo di Babele”, padre Paolo Benanti dice che il potere delle piattaforme digitali – concentrato in pochissime mani, si pensi soprattutto al potere oggi del cittadino Elon Musk – si scontra oggi, dopo due decenni e oltre di operatività, con “la comunione delle coscienze”, abituata viceversa da millenni a governare i processi dell’umanità.
Così che il messaggio finale del libro, che qui condividiamo, è: “restiamo umani” (n.d.r.: costi pure quel che costa)!
f.to: Angelo Giubileo (avvocato – filosofo)