da Pietro Cusati (Giurista-Giornalista)

Articolo uno della legge 20 maggio 1970, n. 300, conosciuta come lo statuto dei diritti dei lavoratori, una legge longeva : ‘’I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nei rispetto dei principi della costituzione e delle norme della presente legge”.Mezzo secolo di storia del lavoro di questo paese tra indubbie conquiste e polemiche sull’adeguatezza o meno ai ritmi veloci del cambiamento. Lo Statuto dei lavoratori, 41 articoli, divisi in sei titoli, fu messo a punto da una commissione di esperti presieduta da quello che è considerato il padre della riforma, il Prof. Gino Giugni. La legge 20 maggio 1970 è intitolata:”norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Lo statuto dei lavoratori, una Carta dei diritti, legge voluta con determinazione dal Ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, socialista riformista, insieme al giuslavorista Prof. Gino Giugni, gambizzato dalle brigate rosse, capo del suo ufficio legislativo che progettò l’impianto. Lo spirito di questa legge, ispirata ai principi della Costituzione repubblicana, è di natura dignitaria, poiché lo scopo principale che persegue è di garantire la libertà e la dignità del lavoratore in termini individuali e, con il riconoscimento della attività sindacale nei luoghi di lavoro, collettivi. Il Prof. Gino Giugni   fu anche il primo di un cambio di strategia da parte dell’organizzazione delle brigate rosse , nella fase della cosiddetta “ritirata strategica”. Tale nuova strategia, infatti, consisteva non più nel colpire il “cuore” dello Stato attraverso i suoi poliziotti, magistrati o alti dirigenti politici bensì nel prendere di mira i cosiddetti “cervelli” dello Stato ,come Gino Giugni,  Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona e Marco Biagi, ovvero l’anello di congiunzione tra le istituzioni e il mondo economico. Lo Statuto dei lavoratori nacque nel periodo dell’autunno caldo sindacale, la stagione del rinnovo dei contratti collettivi dei metalmeccanici. Si  aprì una nuova stagione del diritto del lavoro, apportando cambiamenti profondi nella disciplina dei rapporti di lavoro subordinato, la tutela dei diritti fondamentali di libertà, dignità e professionalità del lavoratore. I diritti “di cittadinanza” diventavano diritti contrattuali imponendo con norme inderogabili limiti all’esercizio dei poteri del datore di lavoro che risultavano compressi e assicurando le condizioni per rendere effettivo il rispetto dei diritti fondamentali. Lo Statuto dei lavoratori ha resistito comunque negli anni soprattutto nella parte sulla libertà sindacale e sulla reintegrazione nel posto di lavoro.