Aldo Bianchini
SALERNO – Si infiamma il dibattito pubblico sulla futura e definitiva destinazione d’uso del palazzo in cui per molti decenni ha avuto sede il Tribunale di Salerno che questo giornale ha lanciato e che su questo giornale molti personaggi della vita pubblica e politica della Città hanno espresso liberamente il loro pensiero.
Giovanni Falci da ottimo avvocato penalista qual è e dall’alto della sua intensa frequentazione del palazzo di cui conosce a menadito ogni suo anfratto, ma anche sulla scorta delle sue conoscenze urbanistiche (Falci è anche architetto), ritorna sulla scena del dibattito per ribadire la sua posizione e rilanciare la sua idea:
Mi scrive:
Caro Aldo è molto interessante la “discussione” intorno all’utilizzo del “vecchio” palazzo di giustizia che ospiti sulla tua testata giornalistica.
In realtà devo registrare che si tratta, in molti casi, di un esercizio di fantasia.
Non che la fantasia non sia importante, per carità, guai se mancasse questo sale della vita, ma per un ragionamento sull’utilizzo della struttura serve uno studio serio e approfondito.
Io non so se tutti coloro che hanno dato una loro idea siano mai stati nel “palazzo”.
Io ci ho vissuto quasi 40 anni di vita professionale e, quindi lo conosco piano per piano, corridoio per corridoio; conosco perfino un ufficio piccolo ubicato su una delle rampe di scale tra il secondo e il terzo piano nel quale vi era un cancelliere nascosto in una vetrata che aveva il contatto telefonico con la cassazione e ci diceva subito, il giorno dopo l’udienza, l’esito dei ricorsi. Una sorte di “portale” ante litteram dove si accedeva senza password e senza “connessione”; il contatto era diretto e la password era “per favore mi fate sapere come è andato il ricorso?”.
E allora, tornando all’utilizzo, il palazzo è enorme e sarebbe assolutamente sproporzionato a tutte quelle soluzioni prospettate anche se insieme.
Proprio così il punto di partenza non può che essere la misura degli spazi per poi prendere la decisione più appropriata. Non a caso quello dell’utilizzo e della destinazione dell’immobile rientra in ambito urbanistico.
L’urbanistica è una branca dell’architettura, è una disciplina che studia lo spazio urbano e ne progetta gli interventi. La progettazione dello spazio urbano è indirizzata sia a migliorare e ripensare il tessuto urbano consolidato già esistente, sia a pianificare nuovi aggregati. L’urbanistica si occupa anche degli spazi aperti inclusi nella città o collegati con essa.
I musei, il rettorato, la scuola medica, la biblioteca, sono sicuramente sottodimensionati rispetto ai metri quadrati del palazzo.
Inoltre il flusso di persone che interesserebbe quella struttura con l’utilizzo cd a “polo culturale” sarebbe molto basso.
La proposta da me avanzata di un “polo giudiziario” (TAR, Tribunale per i minorenni, Commissioni tributarie, Giudice di Pace, Unep, UEPE, Centri di mediazione penale, sedi di organismi di mediazione civile) sarebbe adeguata sia da un punto di vista dimensionale, sia da un punto di vista di flussi di persone.
Al posto di assistere e vedere spazi deserti, occupati da strutture che raramente si riempiono di persone; spazi che richiamerebbero le piazze metafisiche dei quadri di De Chirico, e che quindi trasmetterebbero l’angoscia che quell’artista voleva rappresentare, sarebbe logico riempire l’edificio di personale che lavora e di utenti che quotidianamente lo frequentano per ricevere servizi.
Ecco il vero concetto di flusso in armonia con gli spazi e, perché no, con la tradizione del luogo.
Sarei curioso di sapere quante persone ogni giorno si recano al “rettorato” sia per prestarvi servizio che per motivi di lavoro; personalmente non penso che possano paragonarsi ai cancellieri, giudici, pubblici ministero, avvocati, imputati, vittime, creditori, debitori, periti, consulenti, etc che ogni giorno hanno cause dal Giudice di Pace, che ogni giorno discutono i loro ricorsi innanzi le Commissioni Tributarie e che, ogni giorno lavorano nel TAR.
E ancora, sono una massa enorme le persone che lavorano nei nuovi uffici creati dalla Riforma Cartabia (mediazione penale) e che sono in cerca di “casa”.
Con i piedi a terra e con criteri urbanistici collaudati, l’unica soluzione non può che essere il “polo giudiziario” in senso ampio che non andrebbe a incidere sul carico urbanistico che, lo si ricorda, è un concetto legato alla necessità di infrastrutture e servizi collettivi per supportare il numero di abitanti o attività economiche insediate in un territorio.
In termini semplici, il carico urbanistico rappresenta il fabbisogno di dotazioni territoriali (come parcheggi e servizi pubblici) di un immobile o di un insediamento in relazione alla sua entità e destinazione d’uso. La storia ci dice che in quella zona, per circa un secolo, ci sono stati uffici e, quindi, rispettiamo la tradizione e non alteriamo il carico urbanistico, alterazione che non sussiste solo quando si incrementa, ma anche quando si diminuisce.
f.to: Giovanni Falci