Ucraina, il tintinnar di sciabole atomiche Ma come stanno le cose sul campo?

 

by Luigi Gravagnuolo 23 Novembre 2024

 

Il lancio recente da parte di Kiev di alcuni missili Atacms e Storm Shadow sul territorio russo e la risposta di Mosca con l’attacco a Dnipro – un missile balistico Kh-47M2 Kinzhal, sette missili da crociera Kh-101 e un missile sperimentale a lungo raggio denominato Oremshik – dicono senza tema di smentite che l’asta del conflitto si sta alzando. Quindi che il rischio per tutta l’Europa è più alto. Ma come stanno le cose sul campo?

La propaganda putiniana, diligentemente e puntualmente ripresa dai fiancheggiatori d’Occidente, racconta di una irrefrenabile avanzata dell’Armata russa in un’Ucraina ormai senza scampo, vittima dell’ostinazione del suo leader Zelenskij. Per mettere fine alla carneficina basterebbe poco, la resa di Zelenskij.

Questa versione trionfalistica è smentita dai fatti. Vero è che l’Ucraina è in gravi difficoltà, lo attestano tutti gli osservatori e lo ammette lo stesso Zelenskij. Truppe stanche e in parte sfiduciate, insufficienza di dotazioni di armi, pezzi di territorio giorno dopo giorno conquistati dagli invasori. Ma non è che dall’altra parte le cose vadano tanto meglio, se è vero, com’è vero, che ormai l’ampia riserva di giovani arruolati si sta esaurendo, al punto che Putin ha mendicato truppe alla Corea del Nord; che lo stesso Zar va questuando droni e dotazioni militari alla Corea del Nord ed all’Iran; che l’avanzata nel Donbass è lentissima e pagata al costo di decine di migliaia di caduti; che addirittura l’Ucraina ha a sua volta conquistato un pezzo di territorio russo, il Kursk.

A proposito di quest’ultimo, preso dagli Ucraini in agosto, Putin colto di sorpresa aveva subito ordinato perentoriamente ai suoi generali di riconquistare l’oblast entro il primo ottobre. Siamo a fine novembre e gli Ucraini stanno ancora lì. Ed ora Kiev ha ricevuto dagli USA una discreta dotazione di mine antiuomo. Le userà per proteggere l’enclave occupata.

Quanto al Donbass vediamo le due mappe qui sotto. Sono riprese dall’ISW.

La prima è dello scorso agosto ’24 (i pallini blu indicano i tentativi allora in corso di controffensiva ucraina):

 

 

 

E questa è del 21 novembre 2024 (l’azzurro indica le aree di controffensiva ucraina; i puntini grigi le attività di sabotaggio in atto nei territori occupati):

 

 

 

Cercate le differenze e troverete le reali dimensioni della ‘trionfale’ avanzata russa. Avanzata che c’è stata ed è in corso, ribadiamolo, ma non è travolgente come la propaganda putiniana vuol far credere.

Il punto debole degli Ucraini fino a tre giorni fa era il veto imposto da USA e GB ad utilizzare i missili a medio raggio, pur forniti loro, per attaccare il territorio russo. Per i Russi era perciò un gioco facile posizionare le rampe di lancio dei propri missili a distanza di sicurezza e bombardare liberamente città, ospedali, postazioni militari e infrastrutture energetiche dell’Ucraina.

Ora, con il via libera al lancio degli Atacms e Storm Shadow sulla Russia questo vantaggio strategico non c’è più. Ed ecco che Putin ha ordinato di lanciare il suo Oremshik, capace potenzialmente di veicolare testate nucleari, e gli altri missili da rampe di lancio molto più arretrate.

L’Oremshik ha una gittata di quasi seimila km. Gli Atacms e gli Storm Shadow ce l’hanno di trecento. Sulla carta non ci sarebbe partita. Ma i missili ipersonici di Putin costano l’iradiddio e la loro disponibilità negli arsenali russi è limitata. Per intenderci, se un Atacms costa 1,5Ml€, un IRBM in dotazione dei Russi, di cui l’Oremshik è uno sviluppo, ne costa circa venti volte di più. La guerra costa!

Vediamo allora le riserve finanziarie di Russia e Occidente. Il Pil della Russia al 2022 era pari a 2.215.294 ml$. Quello del solo Regno Unito nello stesso anno era di 3.070.600ml$. Fatevi quindi un’idea della potenza economica e finanziaria di tutto l’Euroccidente e vi rendete tranquillamente conto di quanto sia difficile per Putin reggere finanziariamente un’eventuale corsa agli armamenti. E quand’anche considerassimo il Pil di Russia, Cina, Corea del Nord e Iran nel loro insieme, saremmo distanti anni luce dalle risorse dell’Euroccidente.

Un’eventuale guerra tradizionale tra l’Occidente e le autocrazie unite sarebbe un suicidio per quest’ultime. Se non altro per l’impossibilità da parte loro di sostenerne i costi.

È evidente che ora lo Zar si trova in un vicolo cieco e che, nel tentativo di uscirne, minaccia di estendere il conflitto su scala planetaria, facendo sentire il tintinnio delle sciabole atomiche. Retorica di un disperato.

A proposito di atomica vale la pena di ricordare che gli isotopi radioattivi non si fermano alle dogane e che Kiev dista da Mosca 760Km. Cosa fa Putin, lancia un’atomica sul suo stesso Paese? Non lo farà né lo lascia intendere. Minaccia piuttosto di lanciarla sugli USA, rei di sostenere Zelenskij. O di utilizzare le armi tattiche nucleari di ultima generazione, che hanno un raggio d’azione più circoscritto. Ma sa bene lo Zar, lui per primo, che l’intelligence dell’Occidente sta con gli occhi ben aperti. Se solo ci provasse sul serio, il minuto prima di premere il bottone nucleare verrebbe disintegrato. Lo sa tanto bene che si è premurato di avvisare il Pentagono prima di lanciare il suo Oremshik su Dnipro.

Dunque non c’è nessuna vittoria alle porte per Putin; il quale, mentre bombarda e minaccia, cerca una via di uscita, provando ad aprire canali diplomatici. E lo fa con la maldestra rozzezza di cui è campione. Per due anni e mezzo ha denunciato la subalternità dell’UE agli USA, invitando i governi europei a liberarsi dalla sudditanza dagli USA. Non ha fatto breccia. E allora oggi ammicca a Trump: mettiamoci d’accordo tra noi, mettiamo fuori gioco l’UE e spartiamoci l’Ucraina…

Vedremo, dopo l’insediamento del tycoon alla Casa Bianca, quale ascolto avrà. Se però la piattaforma del negoziato è quella che ha lasciato trasparire nei giorni scorsi per il tramite di agenzie amiche, siamo al velleitarismo puro.

Lui dice: la Crimea e le quattro oblast da noi occupate – Luhansk, Donetsk, Zaporizhia, Kherson, ivi comprese le parti di Zaporizhia e del Kherson oggi ancora controllate da Kiev – vengono riconosciute ufficialmente come parte integrante della Federazione Russa; una fascia centrale, inclusa la città di Kiev, viene sottoposta a protettorato russo; la fascia occidentale se la contendano Polonia, Lituania, Ungheria e Paesi confinanti. E l’Ucraina scompare dalle cartine geografiche!

Su queste basi, per quanto cinico possa essere Donald Trump, la vedo difficile che neanche si sieda al tavolo.

 

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