Aldo Bianchini
SALERNO – La domanda che ho posto nel titolo non consente, ovviamente, una facile risposta; però mettendo insieme l’eclatante azione della “Procura new age” del dr. Giuseppe Borrelli con i clamorosi arresti dell’11 ottobre 2021 e il titolo apparso su “IL MATTINO” nell’edizione del 19 novembre 2024 si ha un quadro leggermente più chiaro per poter affermare che l’inchiesta sulle “Cooperative Sociali” salernitane può essere catalogata tra quelle altre, tantissime, finite con una sorta di aggiustamento quasi surreale per non ammettere di avere sbagliato tutto, ma proprio tutto.
PROCESSO ALLA CITTA’: Difatti sta emergendo, anche se lentamente perché le accuse erano tante e tutte devastanti, che Salerno non è quella pensata dagli inquirenti come sovrapponibile a quella descritta magistralmente dal gip Mariano De Luca nel contesto di un ordinanza (21 settembre 1992) di rigetto della richiesta di scarcerazione per motivi di Salute dell’ing. Raffaele Galdi: <<Non può dunque sottacersi che i fatti di causa costituiscono una delle non frequenti occasioni offerte alla giustizia per far luce sulla oscura e desolante realtà che sovente si annida nelle pieghe delle istituzioni troppo facilmente permeabili ad interessi personalistici ed a sfruttamenti parassitari; lo squallido sottobosco che rigoglia ai margini del sistema istituzionale è nella vicenda processuale esemplarmente rappresentato e mostra, con la forza della protervia dei fatti, come l’abbandono di ogni principio morale, il disprezzo verso i valori fondamentali della vita associata, il miope egoismo che tutto subordina al tornaconto personale siano ampiamente diffusi, sovente elevati a sistema di vita e tendenzialmente suscettibili di attentare alla stessa sopravvivenza dello stato di diritto, non meno di fenomeni delinquenziali assai più appariscenti ed eclatanti. Gli elementi probatori sin qui acquisiti, confermando puntualmente l’ipotesi accusatoria, hanno evidenziato non soltanto come protervia e scadimento morale possano indurre a ritenere fatto normale e fisiologico l’appropriazione privatistica di apparati e sistemi predisposti a tutela di interessi generali e collettivi, ma anche come ad una concezione così distorta non siano estranei professionisti stimati e di prestigio, esponenti di categorie cui certo non difettano gli strumenti per una corretta valutazione di simile forma di devianza … La prognosi comportamentale non può, dunque, che essere infausta>>. In quella occasione, parlo del processo Fondovalle Calore, l’ordinanza di De Luca non ebbe molta influenza nel dibattito giudiziario, tanto da venire presto dimenticata dai più. Riproporre oggi la stessa immagine della città rispetto al ’93 mi sembra azzardato se non addirittura avventato. Salerno non è quella di De Luca e neppure quella di Borrelli; sicuramente è una città in cui i politici e gli uomini dell’apparato non vanno in giro con i gigli in mano, ma tutte le accuse scaraventate sulle spalle di Nino Savastano (consigliere regionale PD) e di Vittorio Zoccola (già presidente delle Cooperative sociali) mi sono fin dal primo momento apparse molto esagerate rispetto alla realtà e soltanto finalizzate a creare quel clima da ultima spiaggia in cui era possibile ipotizzare tutto e il contrario di tutto, anche per giustificare arresti in carcere che non avevano né capo e né coda.
IL PROCESSO ALLE COOP: Tanto è vero che anche un noto ex magistrato, Michelangelo Russo, in due suoi famosi editoriali (pubblicati da leCronache.it nei giorni 13 ottobre e 1° novembre 2021), ebbe modo di prefigurare la “caduta dello zar” e l’immediato inserimento di Claudio Tringali (anch’egli ex magistrato, sempre in contrasto con Michelangelo) nella posizione di “sindaco di Salerno” per limitare i danni, e per svelare infine la famigerata “cena con delitto” che avrebbe consentito agli inquirenti di entrare nella segrete stanze del potere deluchiano. Non è accaduto niente di tutto ciò e l’inchiesta, passo dopo passo, ha subito notevoli contraccolpi da parte delle attente difese che nel corso di questi tre anni sono riuscite ad evitare che i loro assistiti cadessero nella brace e, soprattutto, nella rete del cosiddetto “fuoco amico” che non è mancato neppure in questa inchiesta. Fino ad avere la necessità di un titolone, fuori dalla grazia di Dio, con cui Il Mattino ha annunciato all’alba del 19 novembre scorso che per le “Gare assegnate alle coop la Procura chiede 9 anni per Zoccola e Savastano” che pur nella sua ambiguità, se l’italiano vale ancora a qualcosa, può anche essere letto come la richiesta di condanna da parte della Procura a 9 anni di carcere per entrambi gli imputati. Capisco l’esigenza di fare notizia ma la storia è molto diversa. Difatti il giorno 18 novembre la Pubblica Accusa, a seguito di un attento cencelliniano conteggio, ha richiesto la con danna di 4nni e 1 mese per Savastano e di 4 anni e 8 mesi per Zoccola. Vale a dire, in parole povere, che già così nessuno dei due ritornerà mai in carcere e che se il collegio li manda assolti gli investigatori di Borrelli dovranno prepararsi a chiedere scusa a tutta la città.
RIFLESSIONI: Scusate l’ardire ma io un’operazione del genere la giudico come una “concordata ricucitura” del do ut des come una sorta di “contratto innominato” tra i danni dell’11 ottobre 2021 e le attese di assoluzione del prossimo gennaio 2025. Decisamente ridicole le accuse di “voto di scambio” di cui sarebbero stati capaci i due; e allora osa dovremmo dire dei pentastellati per l’operazione del “combinato-disposto” tra reddito di cittadinanza e voto.
Ha pienamente ragione, quindi, l’avv. Salvatore Memoli quando riferendosi ai due personaggi a processo sostiene e scrive: “”Del primo abbiamo potuto renderci conto in lungo ed in largo che il suo ruolo nei fatti imputati lo ha reso agli occhi di chi ha seguito gli appuntamenti processuali un personaggio chiave della cooperazione salernitana, a cui ha garantito la sua esperienza ed il suo sostegno che, come provato, si sono concretizzati in due eccellenti obiettivi: inserimento nel mondo del lavoro di fasce fragili di lavoratori alle quali é stato garantito il diritto sociale al lavoro e l’ottimizzazione della spesa pubblica nei servizi di manutenzione e di gestione della pulizia di tutte le aree del Comune affidate, assolti con professionalità ed efficienza. Di Nino Savastano se l’espressione non é forte abbiamo capito che sta al processo come il cavolo a merenda. Savastano aveva ripreso da pochi mesi i rapporti di amicizia con Zoccola, i due parlavano poco tra loro ed in ogni caso il Savastano non si occupava dei settori di cui potevano avere bisogno di un qualsiasi aiuto i responsabili delle Cooperative””.