Senza freno gli omicidi che vedono coinvolti giovani minorenni

 

da Nicola Femminella (docente – storico – giornalista)

 

Gli articoli di giornale, i mezzi televisivi e gli ampi spazi dei social nel corso della giornata pervadono il vissuto quotidiano con notizie affannose e per nulla confortanti. Per le guerre sparse nei continenti c’è l’imbarazzo della scelta, la sanità ci assilla con le liste di attesa improponibili, l’inflazione morde le famiglie più fragili, con i morti sui luoghi di lavoro e sulle strade che mutilano le comunità, facendole precipitare in una solidarietà sentita e affranta dal dolore. Ne abbiamo parlato da tempo, ma le inversioni delle tendenze in atto non compaiono, rimanendo nella zona oscura.

Di recente sono aumentate le uccisioni di ragazzi minorenni da parte di coetanei, quasi sempre per motivi irrilevanti. Il che angustia maggiormente, essendo il crimine privo di una motivazione di qualsiasi tipo.

Ho trascorso moltissimi anni a contatto di studenti di ogni ordine di scuola, spesso con scolaresche difficili in alcune zone a rischio. Non ho toccato con mano manifestazioni eclatanti del fenomeno, pur avendo seguito i ragazzi dopo il diploma di terza media o quello degli istituti superiori, perché esso non aveva assunto una dimensione dirompente nei luoghi da me visitati, come nei tempi attuali. Di certo nell’ultimo decennio avevo intravisto segnali preoccupanti e chiari segni nei ragazzi sempre più volti a manifestare reazioni rabbiose e aggressive. E per tale motivo suggerivo ai colleghi e ai dirigenti scolastici di sollevare le antenne attentive, ma soprattutto di prestare la dovuta attenzione agli avvisi e alle analisi che educatori e psicologi esperti di tali problemi cominciavano a formulare. Non bastava seguire le argomentazioni superficiali e talvolta inutili di alcuni giornalisti tuttologi che farebbero bene a rimanere nell’ambito della cronaca, senza suggerire ricette banali e generiche, talvolta anche per difendere posizioni e interessi di bottega, con l’intento di mitigare o amplificare la pericolosità del sintomo in divenire.  Ma suggerivo anche di accelerare i processi di formazione dei docenti, per fornire loro una competenza nella didattica applicata e nell’interazione con gli allievi. Si intravedeva l’ipotesi di dover sostenere l’urto di una società che, sempre più mostrava una tecnologia imperante, che avrebbe potuto   portare nelle comunità scolastiche una utenza indotta a imitare modelli valoriali diversi e comportamenti non più contenuti in un alveo di sicurezza sociale, protetto da argini incedibili. Inoltre, la dispersione scolastica, in alcune regioni con indici a doppia cifra, avrebbe portato molti giovani a frequentare ambienti e compagni di strada dispensatori di valori non del tutto positivi. Anche i dati OCSE-Pisa sulle competenze nella lettura, matematica e scienze degli studenti quindicenni in Campania, relegati all’ultimo posto in Italia, a iniziare dal 2000, potevano essere un indicatore utile da prendere in considerazione per valutare lo spessore culturale dei ragazzi nelle periferie e nelle zone della malavita.

Intanto un elenco di dati utili. Tra il 2022 e 2023 sono aumentate le segnalazioni di minori per reati da parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza-Direzione Centrale della Polizia Criminale, per rapina, violenza sessuale, lesioni dolose, rispettivamente del 7,69 %, dell’8,25%, dell’1,96. Per il 2024 si prevede un ulteriore rialzo, visti i casi sin qui registrati. Preoccupa, come già detto, la violenza senza alcun motivo grave e per nulla spiegabile con la condotta umana, se non per la totale assenza di empatia verso gli altri ed evidente allontanamento da un vissuto normale fatto di rispetto per i propri simili. Sembra che non si abbia percezione del limite invalicabile, che pure un minorenne dovrebbe avvertire, senza che la mente abbia patologie psichiche offuscanti e convulse.   Prevale il genere maschile tra gli autori dei crimini efferati, anche se l’uso del coltello da parte di una ragazzina di dodici anni, per colpire il compagno di classe, di cui in questi giorni siamo venuti a conoscenza, è un campanello di allarme, a cui prestare attenzione.

Il fenomeno si manifesta soprattutto nelle città dove la movida raduna numerosi ragazzi fino a tarda notte a fare uso di alcolici e droghe e dove interi quartieri sono ormai dominati da bande malavitose. Molti ragazzi vi giungono con la voglia di emulare modelli negativi ricorrenti sui social, negli spettacoli di ogni tipo, nei video game. Anni fa mi sono sorbito le serie di Gomorra, per studiare e verificarne l’eventuale impatto negativo sulla mente dei giovani. Sinceramente non ho ritenuto gli episodi raccontati, le immagini e le atmosfere del film, la musica, i personaggi elementi educativi per la formazione culturale ed emotiva dei ragazzi. Per l’occasione non ho notato una significativa discesa in campo degli istituti istituzionali e comparti educativi a dire la propria opinione a proposito e ad esprimere giudizi responsabili.  Ed ora la comunità di San Sebastiano al Vesuvio, in provincia di Napoli, piange per l’uccisione del diciannovenne Santo Romano, che amava il gioco del calcio e da tutti ritenuto un bravo ragazzo. Il delitto è stato compiuto da un diciassettenne, al culmine di una lite nella quale la vittima si era interposto per sedare l’episodio. Il minorenne è accusato di omicidio, porto e detenzione di armi e detenzione di droga. Eppure si tratta di un giovane diciassettenne! È facile, ma non basta, puntare il dito contro la famiglia, la scuola, l’ambiente, la società e sedersi comodamente in sala di attesa per conoscere a breve lo stesso episodio. Né è utile seguire le trasmissioni che ogni pomeriggio ci angustiano, con i dibattiti e gli “inviati sul posto”. Mi limito a dire che nella maggioranza dei casi è del tutto assente una interazione, una collaborazione tra gli attori istituzionali, appena citati e deputati a limitare, se non a sconfiggere il triste fenomeno. Una unità che è condizione prima per intervenire, allorquando uno di loro avverte sentore della presenza di disagio nel comportamento del ragazzo. I segnali si manifestano, ne sono sicuro, ci sono degli avvertimenti inequivocabili che lo rivelano e non basta qualche mese di carcere minorile, se all’uscita l’interessato non trova mani pietose che lo prenderanno in cura per risanare le piaghe impresse sul suo corpo e nella sua mente, affinché possa emergere la parte sana che è in lui. Questa dev’essere ripristinata con un’azione mirata, attenta, curativa. Le agenzie educative, quindi, insieme, per formare una alleanza forte, un soccorso mirato, efficace, per tutti quei ragazzi sui quali sta per abbattersi la tempesta devastante sulle strade anguste e tortuose, lungo le quali si è avviato.

Da parte delle forze governative può costituire non la solita commissione, ma un poderoso gruppo di lavoro con i migliori e più qualificati studiosi della questione, che sappiano individuare l’area su cui intervenire, che sicuramente richiede analisi e approfondimenti multidisciplinari. Una volta individuati i nuclei negativi nei quali si creano le possibili devianze, intervenire, adottare senza alcun ritardo, i provvedimenti previsti e organizzare una presenza efficace nelle zone a rischio, che ponga in atto prevenzione e recupero. Sono consapevole che non si possano individuare ricette miracolose e risolutive, ma rimanere inermi a fronte di una emergenza sempre più incalzante è da condannare con accenti chiari e assordanti. Sto chiudendo questo articolo, ma di sicuro apprenderemo a breve, tramite la TV, di una sparatoria in qualche angolo del nostro Paese. E un cronista ripeterà “si è in attesa della ricostruzione del fatto ad opera delle Forze dell’Ordine.” Parole e frasi che si reiterano, mentre genitori e parenti piangono disperati. Pronti, alcuni giornalisti a dire che la colpa è della Famiglia collassata e della Scuola incapace.

 

 

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