Aldo Bianchini
SALERNO – Per questo editoriale prendo spunto dall’ottimo articolo scritto dal giornalista Antonio Cortese e pubblicato su questo giornale sotto il titolo di “Lezioni di voto americano” in cui il giornalista mette benissimo a fuoco il “sistema di voto americano” che potrebbe dare insegnamenti molto precisi ai sistemi di voto delle cosiddette altre democrazie del mondo.
Cortese, tra le altre cose, descrive così il semplice sistema di voto americano: “… Senza richiedere se l’elettore abbia dispositivi, armi o telefonini, l’operazione avviene nella maniera più serena possibile. Simile prassi o altrettante come il voto elettronico o addirittura a pagamento con cabine automatiche come distributori automatici o bancomat sarebbero possibili in futuro come suggerito in qualche articolo da me stesso su il Quotidiano di Salerno un paio di anni fa. Ma almeno eliminare dalle sezioni di voto quegli “stiponi” come li chiamerebbero a Napoli che assomigliano alle camere delle torture dell’inquisizione o a delle toilette per malati terminali sarebbe quasi ora …”.
Non so quanti hanno avuto modo di vedere il film “Swing Vote – Un uomo da 300 milioni di voti”; è un film del 2008 diretto da Joshua Michael Stern e riguardante delle ipotetiche elezioni presidenziali statunitensi nelle quali la designazione del candidato vincitore viene determinata dal voto di un solo uomo. Il protagonista è interpretato da Kevin Costner.
Ebbene in quel film viene riprodotto, pari pari, il sistema di voto americano che per l’elezione del Presidente rischia, di incepparsi, ed è successo, per una sola scheda votata in modo errato attraverso un calcolatore elettronico che per colpa di un brevissimo black-out elettrico si blocca per una frazione di secondo. Una sola scheda sulle oltre trecento milioni di quelle votate destabilizza il sistema e i due candidati presidenti (uno uscente e l’altro nuovo) sono costretti a presidiare il piccolo paese di provincia dove risiede l’incauto elettore; con l’effetto che tutto il sistema mediatico americano si trasferisce in quel paesino per seguire la campagna elettorale dei due candidati nel tentativo di convincere l’elettore che, per la legge americana, ha diritto a quindici giorni di tempo per ripetere correttamente il suo voto. Perché quel suo singolo voto farà scattare la soglia dei famosi 270 delegati che voteranno il futuro presidente. Il protagonista è un uomo sostanzialmente solo e sorretto solo da sua figlia, una ragazzina estremamente competente che farà tremare tutta l’America per due settimane.
Ovviamente da noi una cosa del genere è impensabile e praticamente improponibile, visto e considerato che qui i sistemi di voto si accavallano ad altri sistemi di voto che finiscono per creare una confusione totale, nel segno di una pretestata ma assolutamente finta democrazia.
Sicuramente in America per le elezioni del primo martedì del prossimo mese di novembre non si ricreeranno le condizioni del “Swing vote”, ma altrettanto sicuramente per la prima volta dopo tanti anni l’America si ritroverà davanti ad un bivio perché sarà chiamata a decidere con il voto quale America scegliere: quella di Trump o quella della Harris. Due Americhe profondamente diverse tra loro e parecchio distanti anche da quelle che descrivono i “grandi inviati speciali” che, probabilmente, degli Stati Uniti d’America conoscono bene soltanto l’immagine sfavillante delle grandi metropoli.
La cosiddetta pancia dell’America è un’altra cosa.
La storia continua.