Aldo Bianchini
(la foto pubblicata è stata tratta da Ondnews.it)
SALERNO – Nei due precedenti editoriali sulla pubblica sanità, pubblicati il 7 e l’8 ottobre scorsi, ho cecato di mettere in risalto (attraverso le lettere di due lettrici e utenti della sanità pubblica) i due aspetti più noti e contrari, la buona e la cattiva sanità, utili per dipingere lo stato dell’arte del servizio sanitario nazionale che spesso manifesta buone eccellenze e pericolose decadenze.
Questo in generale; nel particolare dobbiamo tutti tenere presente un terzo elemento che è radicato nella nostra percezione collettiva di osservatori di parte di un fenomeno che spesso vogliamo ridurre a problema anche quando dovremmo superarlo pensando che nel mondo è difficile trovare un sanità pubblica efficiente come quella italiana.
Oggi intendo trattare, attraverso la storia di Giovanna, la terza faccia della sanità in genere, la faccia della prevenzione che nel nostro Pese, questa sì, è quasi del tutto sconosciuta rispetto a tante altre realtà planetarie.
La storia l’ho tratta da uno splendido articolo-intervista realizzato dalla giornalista Chiara Di Miele per conto della testata giornalistica Ondanews.it, una delle più note e più seguite a livello provinciale.
Giovanna è una giovane donna di Sassano, nel Vallo di Diano, ottima professionista e figlia di Gianfranco che è un mio diretto conoscente da lunghissima data; solo per caso un paio di anni fa Giovanna si sottopone ad un accertamento ecografico al seno e scopre di avere un tumore, affrontato a testa alta e superato. Il resto della storia è giusto leggerla su Ondanews.it; anche perché il merito della giornalista è stato quello di entrare in punta di piedi nell’animo della giovane Giovanna per indurla ad aprirsi ed a raccontare senza veli la sua storia che ha tenuto nello sconforto tutti i suoi familiari (Giovanna è figlia, mamma e moglie) ed in ansia anche tutti quelli che la conoscono (e sono tanti) per molti mesi prima di tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo.
Ecco, la storia di Giovanna rappresenta a mio modo di vedere la terza faccia del problema sanità che è “la prevenzione” obbligatoria e soprattutto volontaria; in definitiva l’antico detto “non c’è miglior medico di se stesso” vale tuttora e non solo in Italia ma in tutto il mondo.
A volte un momento di lucidità può salvarti la vita; e quella lucidità è soltanto il frutto di una intuizione personale che non è mai accompagnata da un substrato culturale che dovrebbe essere avviato già dalle scuole con lezioni di prevenzione generali e specifiche (e quindi anche di carattere sanitario); una cultura della prevenzione che oggi manca in assoluto.
Il messaggio lanciato da Giovanna, attraverso la penna di Chiara, è illuminante perché indica a tutte le donne (per mantenerci nello specifico) che è necessario parlare e condividere con altri il proprio male e le proprie ansietà; soltanto così si darà un corposo contributo alla medicina per il superamento della diagnosticata difficoltà. Superare i pregiudizi vuol dire che si è già sulla buona strada.
Giovanna lo ha fatto e invece di chiudersi in se stessa si è aperta innanzitutto per sua volontà e poi per la bravura della giornalista nel cogliere quei piccoli spazi in cui infilarsi nella psiche della sua intervistata.
L’ottobre rosa è anche questo.