da Giovanni Falci (avvocato – cassazionista)
SALERNO – Per prima cosa voglio esprimere tutta la mia solidarietà, sul piano umano e personale, a Franco Alfieri e alla sua famiglia, per quanto sta accadendo dentro e fuori il processo che lo riguarda.
Proprio così, la famiglia sta vivendo per colpa di una bulimia mediatica che caratterizza le vicende giudiziarie di esponenti politici, un danno e una sofferenza che non si può immaginare.
E tutto questo non è giusto perché si parla di un innocente con le sole parole di chi lo accusa; scriviamolo, in modo definitivo, che Franco Alfieri è innocente.
Non ripetiamo l’errore di Gambino descritto dalla stampa all’epoca del suo arresto come il più nefasto camorrista che, poi, si scoprirà non aver commesso quei fatti raccontati alla stampa dall’accusa.
Oggi è di moda chiudere le lunghe e anche dettagliate interviste alla stampa dei PM con una frase di stile: “si fa presente che il richiamato provvedimento cautelare è stato emesso sulla base degli elementi probatori acquisiti in fase di indagini preliminari, peraltro in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza”: pura retorica e vuota formula che appare agli occhi degli interessati come una beffa.
Se è così, allora si taccia completamente sui fatti e sulle circostanze che invece vengono divulgate.
E’ una condanna senza contraddittorio perché tutto quello che l’accusa divulga, non è stato oggetto di contraddittorio con la difesa: sulla stampa la “condanna mediatica” è fatta sulla scorta degli atti del PM senza possibilità di difesa.
Si dirà: “… ma quella sui giornali non è una condanna in senso tecnico”; è vero, è di più di una sentenza del Tribunale di condanna. Per queste sentenze non c’è riabilitazione che tenga neanche dopo l’assoluzione.
Queste sentenze mediatiche hanno un grado di afflittività maggiore delle vere sentenze. Esse riguardano e sono scontate anche da innocenti, i familiari dell’indagato che non hanno commesso niente e, pure, sono messi alla berlina dall’opinione pubblica sulla scorta delle “indiscrezioni” dell’accusa.
Quale sarà il risalto che sarà dato all’eventuale assoluzione di Franco Alfieri e quale sarà il risarcimento per i suoi figli e per la moglie di tutto quello che oggi stanno subendo? Così come perché, anche in caso di condanna, deve subirsi questa “pena accessoria mediatica”?
Il nostro codice prevede la pena accessoria della pubblicazione della sentenza in determinati e tassativi casi, ma non ho mai letto che debba essere pubblicata la misura cautelare, anzi ho sempre saputo il contrario.
Oggi si ci comporta in dispregio di quanto affermato da una norma addirittura superiore alla Costituzione, la CEDU che chiarisce che l’imputato è presunto innocente finché la sua colpevolezza non sia legalmente accertata, si pubblica solo la tesi dell’accusa.
Allora ragioniamo su com’è giunto quel Giudice a emettere quel provvedimento?
Io potrei comunicare all’opinione pubblica che egli ha visto solo gli elementi dell’accusa e non anche gli indizi della difesa; ha invertito l’onere della prova relegando nel congetturale le obiezioni della difesa; non ha sondato ipotesi alternative (praticamente, non cercandole, ha conclude che non esistono); ha fatto un uso accorto di un linguaggio suggestivo e forse non argomentativo.
E allora, quando all’inizio dicevo che Franco Alfieri è innocente io lo affermavo non con retorica vuota o addirittura sentimentale, ma in maniera scientifica.
Io parto, com’è giusto che sia, dall’idea che l’imputato sia innocente. Lo impone la presunzione d’innocenza: partiamo dall’idea che l’imputato sia innocente.
L’innocenza non è l’ipotesi da provare; è l’ipotesi da confutare, perché l’innocenza non ha bisogno di prove, è sorretta da una prova legale, che è, cioè, la legge.
Come si può intuire è un percorso molto complesso in cui viene in gioco la sensibilità oltre che la preparazione del Giudice.
Il risalto mediatico determina un subitaneo affievolimento della sfera di protezione giuridica di chi ne è destinatario e anche un affievolimento della sfera di protezione sociale dei suoi familiari colpiti e coperti dall’onda melmosa dello stigma sociale.
Questo strepito giornalistico per l’afflittività nei confronti dei familiari di Franco Alfieri potrebbe senz’altro essere definito una misura cautelare innominata applicata nei loro confronti che, oltre che pesante, è insidiosa.
Per costoro c’è il particolare non insignificante che non possono neanche impugnare questa misura che subiscono dinanzi a un giudice. La divulgazione dell’arresto è l’unica misura cautelare personale emessa dal solo PM. Contro questa divulgazione non c’è convalida e non c’è possibilità di ricorrere al Giudice. Contro questa situazione di messa alla berlina non c’è rimedio: la famiglia di Franco deve solo sperare che la notte passi presto.
Voglio finire con le parole di un genio della letteratura, premio Nobel, Albert Camus, che meglio di chiunque ha saputo cogliere il dramma di questa situazione: il giudizio dell’opinione pubblica: “Il problema è di scivolar via, e soprattutto, oh! è, soprattutto evitare il giudizio. Non dico evitare il castigo. Il castigo senza giudizio è sopportabile, e d’altronde ha un nome che garantisce la nostra innocenza: sventura. No, si tratta invece di sfuggire al giudizio, di evitare d’esser sempre giudicati senza che mai venga pronunziata la sentenza. Ma non è così facile. Oggi, noi siamo sempre pronti a giudicare, come a fornicare. Con questa differenza, che non c’è il timore di non riuscire”.
Questa riflessione dello scrittore franco-algerino è contenuta non a caso in un’opera che s’intitola “la caduta” tema molto vicino a Franco in questo brutto momento.
In bocca al lupo Franco.
Giovanni Falci