Aldo Bianchini
SALERNO – Sembra ieri ma sono già passati cinque anni da quando Carlo Galimberti non c’è più; ci lasciò in una livida ma non fredda giornata di ottobre, era il 3 di ottobre del 2019, e da quel momento anche il suo semplice ricordo sembra essere stato ostracizzato dai tantissimi che l’hanno conosciuto e che da Lui hanno avuto tanto.
Ma così va la vita, lo diceva spesso anche Carlo, e bisogna saper accettare tutto, fino a farsene una ragione.
Il ricordo di Carlo, però, non può essere cancellato come si può fare, con un cassino, di una frase scritta con il gesso sulla lavagna perché la sua immagine è indelebile in quanto scolpito nella coscienza di tutti quelli che lo hanno visto muoversi, con sobria eleganza, nella spocchiosa e traditrice “società bene” di una Salerno che nel suo DNA ha la colpevolezza innata delle due facce.
L’anno scorso per ricordarlo scrissi: “E per certi versi, per tanti versi, Carlo Galimberti è stato un personaggio pubblico centrale nella vita cittadina, e non solo perché veniva considerato, a giusta ragione, il “Re dell’enogastronomia locale e nazionale”; giornalista per tutta la vita, ha messo come si suol dire “la penna in mano” a tanti sbarbatelli/e che come tutti i “bravi delfini” hanno preso il suo posto soffiandogli il ruolo che spettava soltanto a lui, tradendolo e contestandolo quando ancora era in vita, costringendolo ad un ruolo marginale nel suo stesso regno”.
Buono d’animo e istintivamente portato a dare al prossimo tutto se stesso e da lassù, con il suo grande amico e omonimo Carlo, adesso ci guarda con una certa sufficienza pensando ancora, forse, al perché è stato indotto a lasciare cadere nel vuoto quel lungo tratto di vita che ancora gli spettava di diritto.
Ma così va la vita e bisogna farsene una ragione, riposa in pace carissimo Carlo.