Eletto con una maggioranza schiacciante lo scorso 4 luglio ed autore di grandi riforme nei primi due mesi di governo, Sir Keir Starmer, primo ministro della Gran Bretagna, ha dato, nel silenzio dei media continentali, uno straordinario esempio di modestia ed onestà. Tra le sue tante azioni già intraprese, il leader laburista ha abbassato i costi della politica di circa il 19%, senza dare nell’occhio, senza clamore; ma il suo esempio è ancora più rilevante per i politici nostrani e non solo.
L’ex direttore del Crown Prosecution Service e paladino dei diritti umani ha infatti sorpreso la stampa con una mossa senza precedenti: si è infatti ridotto il compenso da Primo Ministro di quasi un terzo rispetto al suo predecessore. Così accade che il Premier britannico guadagni meno di molti dei suoi sottoposti, inclusi molti dei suoi ministri e collaboratori, nonché meno di quasi tutti i maggiori premier esteri. In un’era di spese sempre maggiori per l’impalcatura dello Stato in tutta Europa, l’esempio dell’ex procuratore inglese segna una traccia indelebile, ignorarla potrà solo essere una scelta.
La stampa britannica, ormai piagata dall’anglofobia dominante imposta da oltremare anche a casa loro, si sforza senza successo di trovare aspetti negativi in questa vicenda. Il resto del mondo finge di non sapere o si limita a riportare le timide e strampalate critiche dei pochi giornali in dissenso con Starmer; d’altra parte non si può pretendere che dopo decenni di ostracismo anglofobo ad ogni livello la situazione cambi repentinamente. Mentre l’economia britannica continua a contraddire le previsioni e a reggere l’urto dei tempi moderni, la politica del Regno Unito si dimostra sempre più solida e segna un nuovo punto di partenza: non può esserci riavvicinamento al popolo senza azioni concrete, come tra l’altro l’impegno del governo laburista nel supportare le rinnovabili o nell’aiutare i popoli minacciati. Se la sinistra europea aspettava davvero un esemplare paladino, questo può essere soltanto Sir Keir Starmer, vero figlio della working class.
Dott. Vincenzo Mele