Aldo Bianchini
SALERNO – “Avevamo ragione noi”, così ha gridato il PD nazionale, e per esso la segretaria Elly Schlein, alla notizia che l’ex governatore della Liguria Giovanni Toti, d’accordo con il PM, ha chiesto al GUP il patteggiamento della eventuale pena (2 anni + 1 mese di carcere) per la sua trasformazione in 1.500 ore di lavori socialmente utili; se il GUP, come sembra, dirà sì al patteggiamento l’ex governatore eviterà l’onta del processo pubblico.
Questa in sintesi stretta la notizia che come al solito è stata subito distorta anche per effetto di una errata e scarsa conoscenza dell’istituto del patteggiamento introdotto nel 1987 e perfezionato nel 2003 per l conseguente applicazione di quanto previsto dal comma 1 dell’art. 444 del codice di procedura penale:
- L’imputato e il pubblico ministeropossono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
Questa la norma legislativa nuda e cruda che, ovviamente, non può evidenziare il pensiero del legislatore esistente al momento della emanazione della legge.
Non so come i vertici del PD, che sono anch’essi parte di chi legifera, possano aver dimenticato quello spirito dell’epoca nella creazione di un istituto che doveva consentire a chi, bianco come un giglio, fosse precipitato per la prima volta in un tritacarne giudiziario e ne volesse venire fuori nel più breve tempo possibile; insomma una sorta di purgatorio a metà strada tra l’inferno e il paradiso.
Il legislatore, quindi, aveva creato il limbo in cui depositare per qualche tempo tutti coloro i quali non avevano mai violato la legge e si ripromettevano di non violarla mai più per tutta la vita; da qui una speciale condizione di incolpevolezza a garanzia limitata nel tempo. Un’ottima legge precipitata presto nelle più controverse interpretazioni, dalla colpevolezza totale all’assoluzione assoluta per arrivare a decisioni “parallele e divergenti” da utilizzare nelle forme più disparate.
Orbene, nel caso di che trattasi, la richiesta di patteggiamento di Toti è stata avanzata sia dall’indagato che dl PM; e questo potrebbe voler dire che Toti non ha la certezza dell’innocenza e che il PM non ha la certezza della colpevolezza; quindi al fine di evitare un estenuante calvario processuale entrambi (indagato e pm), dopo aver recitato la loro parte, sono entrati nel limbo dal quale tutti e due ne usciranno di nuovo “bianchi come un giglio”; il primo sapendo di non dover più delinquere e il secondo sperando di non dover più sbagliare.
In questi 37 anni dalla legge molte cose sono cambiate e oltre ad esserci stato un dilagare dell’istituto del patteggiamento (concesso anche a delinquenti incalliti) è nato e cresciuto anche il luogo comune secondo cui il patteggiatore è innanzitutto colpevole.
Ma non è così.